Recensione

Etrian Odyssey V Beyond the Myth, il quinto capitolo della saga Atlus

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Simbolo perfetto della fiera cocciutaggine nipponica, il franchise di Etrian Odyssey continua a reiterarsi in maniera quasi pedissequa da diversi anni a questa parte, se è vero che il primo episodio risale all’epoca del Nintendo DS.
Eppure, capitolo dopo capitolo, nonostante la modica quantità di novità apportate nel tempo,  la proprietà intellettuale di Atlus è sempre riuscita ad ottenere il plauso della critica e a scavarsi una nicchia in un mercato dalla regole incerte come quello attuale.
Cosa aspettarci, allora, dal quinto capitolo, che , verosimilmente, segna il commiato della saga da Nintendo 3DS?
Yggdrasil
Differentemente dai due Etrian Odyssey Untold usciti negli ultimi anni sulle console della famiglia 3DS, in cui il team di sviluppo aveva aggiunto una modalità Storia che abbassava (leggermente) il livello di difficoltà ed aggiungeva una trama maggiormente elaborata alla consueta esplorazione dei dungeon, Etrian Odyssey V è un rappresentante duro e puro del franchise, che ricorda molto più la prima trilogia, uscita su DS, rispetto al quarto capitolo.
Non è un caso, d’altronde, se alla regia di questo quinto capitolo, dopo la parentesi targata Kaneda per il quarto episodio, sia tornato Shigeo Komori, già responsabile del secondo e terzo episodio, a nostro avviso due dei migliori dell’intero franchise fin qui.
Nel processo di ritorno alla radici, a perderci, soprattutto rispetto alle suddette uscite, è l’impalcatura narrativa, che ha qui lo spessore di un cartonato da studio cinematografico: un gruppo di avventurieri, che il giocatore sarà chiamato a creare da zero ad inizio partita, sarà attratto dalla sempiterna fama del labirinto di Yggdrasil, un dedalo multistrato infarcito di trappole, tesori incommensurabili, e, soprattutto, mostri dei più feroci.
Secondo la leggenda, non solo l’immane albero è responsabile dell’equilibrio e della pace che regna nel mondo di Arcania, ma coloro i quali saranno sufficientemente coraggiosi (o folli?) da giungere in cima vedranno esaudito un loro desiderio, che sia la vita eterna o la ricchezza smodata. Il folklore delle differenti razze (umani, elfi, una sorta di hobbit e dei semi-umani con delle improbabili orecchie da coniglio) che popolano Arcania sono discordanti sulla natura di Yggdrasil stesso e sulla tipologia di desiderio che è possibile vedere soddisfatto, ma il punto su cui tutte concordano è che l’impresa sia improba e che, quindi, le ricompense dovrebbero essere paradisiache. Musica per le orecchie degli avventurieri di tutto il regno, che si affollano nel villaggio ai piedi di Yggdrasil per fare scorte ed avventurarsi nel labirinto, molti dei quali per non fare mai più ritorno.
Quale destino attende il nostro party?
Dungeon e draghi alla giapponese
A partire dalla fase di creazione del personaggio e passando per gli eventi casuali in cui è possibile imbattersi durante le fasi di esplorazione, Etrian Odyssey V ci ha ricordato, ancor più dei suoi predecessori, le lunghe serate passate a giocare a Dungeons&Dragons in età adolescenziale, quando si era appesi ai capricci del dungeon master e alla scheda del personaggio.
Eh sì, perché, più che in passato, e decisamente più degli ultimi due episodi titolati Untold, la creazione dei cinque personaggi che andranno a comporre il party è di fondamentale importanza: scelte avventate in questa fase finiscono con il ripercuotersi sull’esperienza di gioco già dopo un paio d’ore, a metà dell’esplorazione del primo strato di Yggdrasil.
Inizialmente è possibile barcamenarsi tra quattro razze differenti e dieci classi in totale, con ognuna delle classi impossibilitata ad accedere ad alcune di esse.
Ogni classe ha tratti caratteristici, punti di forza e debolezze, che si sposano eccellentemente alle classi inizialmente selezionabili, ma al giocatore, già al termine della prima missione principale, sarà elargito un oggetto che consente, al prezzo di cinque livelli di penalità, di accedere a tutte le classi con tutte le razze: già qui, a poche decine di minuti dal primo avvio, il giocatore è chiamato ad una scelta dolorosa, che va ben ponderata.
Se, infatti, cinque livelli persi non sono pochi, soprattutto durante le primissime fasi di gioco, la possibilità di avere un personaggio che incorpora le migliori caratteristiche della razza di appartenenza, e, contemporaneamente, i benefici di una classe inizialmente non selezionabile non è affatto da trascurare.

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Il consiglio, utile soprattutto per i neofiti, è di optare per un party robusto, capace di incassare bene e coperto da una prima linea resistente, perché altrimenti la curva di apprendimento del titolo, già ripida di per sé, può diventare insormontabile.
Da veterani della serie, siamo incappati in diversi game over già al primo vero boss, il cui livello si è rivelato insospettabilmente più elevato di quello dei mostri che lo circondavano.
Considerando che gli oggetti curativi sono rari e dispendiosi e che i personaggi morti al termine del combattimento non guadagnano esperienza da esso, è fondamentale dotarsi di curatori (anche più di uno) e di personaggi capaci di rimuovere gli status alterati con tempestività.
Le altre due novità, come anticipato, sono rappresentate da eventi casuali che si verificano randomicamente all’interno dei labirinti e dalle Union Skill.
Le prime offrono il brivido della scelta e del rischio, e ci hanno ricordato i momenti in cui il dungeon master di cui sopra, con un sorriso maligno, ci descriveva una situazione e ci chiedeva come volevamo comportarci dinanzi ad essa: curare un animale ferito o lasciarlo a morire? Raccogliere un oggetto incustodito o passare oltre temendo una trappola?
Nei casi più sfortunati, ci si può ritrovare invischiati in un combattimento contro nemici al di sopra delle proprie possibilità, mentre in altri è possibile guadagnare oggetti di grande pregio, altrimenti inaccessibili: chi non risica non rosica, e il gioco mette tutto nelle mani del giocatore.
Le Union Skill, a fronte di nemici sempre pronti a fare la pelle ai nostri avventurieri, rappresentano una preziosa freccia nell’arco del giocatore: ognuno dei membri della squadra riempie un contatore combattendo, e quando questo è pieno, può avvalersi della collaborazione di un suo compagno (ammesso che anche questi abbia la barra sufficientemente piena) per utilizzare delle skill speciali, che hanno il pregio ulteriore di non consumare il turno.
Ce ne sono alcune che curano tutto il party, altre che rimuovono gli stati alterati, altre ancora che garantiscono un attacco supplementare di particolare potenza: dosarle sapientemente rappresenta spesso la chiave per la vittoria.
Il resto dell’esperienza di gioco è virtualmente immutato rispetto al passato, con la rimozione della mappa del mondo vista nel quarto capitolo e della narrativa tipica dei due remake più recenti: se, quindi, non avete paura di esplorare labirinti in cui la morte è sempre dietro l’angolo, Yggrdasil vi attende.
Rinnovare la tradizione
In linea con il grosso delle meccaniche di gioco, come visto, Etrian Odyssey V si pone in maniera estremamente conservativa anche nei confronti del suo comparto tecnico.
A livello di costruzione poligonale e di modelli dei nemici, infatti, il titolo potrebbe essere tranquillamente scambiato con l’episodio precedente, il che, se da un lato testimonia la bontà del lavoro svolto negli anni dai grafici di Atlus, dall’altra denuncia anche una certa pigrizia, mitigata, in un certo qual modo, dal fatto che il Nintendo 3DS sia arrivato alla fine del suo ciclo vitale, e che, oggettivamente, sia difficile chiedere ad esso di più.
Il design del nutrito bestiario rimane uno dei punti forti della produzione, laddove gli altri sono rappresentati dalla longevità (sessanta ore per arrivare alle battute finali non ve le toglie nessuno) e dalla colonna sonora, sempre a firma di Yuzo Koshiro e sempre capace di sorprendere il giocatore, accentuandone le difficoltà nelle battaglie più complesse ed accompagnandolo quasi per mano durante quelle ordinarie, che possono comunque rivelarsi letali in un titolo di questa difficoltà.
In definitiva, pur non parlando del titolo più sexy da vedere tra quelli della sterminata libreria di 3DS, siamo in presenza di un prodotto solido, privo di bug, la cui leggerezza consente al motore di gioco di non mostrare mai alcun tipo di incertezza.

Passano gli anni ma il gameplay non invecchia

Livello di sfida impervio, ma giusto

Longevità alle stelle

Colonna sonora degna del nome di Yuzo Koshiro

Novità col contagocce

Narrativa non pervenuta

8.0

Era oggettivamente difficile che dopo quattro capitoli molto amati da pubblico e critica e sul finire del ciclo vitale della console ospite Etrian Odyssey V potesse sparigliare le carte e rivoluzionare il franchise.

E, difatti, l’ultima fatica Atlus rimane nel solco tracciato dalla serie fin qui, facendo un passo indietro rispetto al quarto capitolo in quanto a novità e presentandosi in maniera conservativa, pur mantenendo l’alto standard qualitativo cui i fan sono abituati.

Sebbene riteniamo che la saga abbisogni di una ventata di aria fresca per il futuro, le ore che abbiamo passato in compagnia di questo quinto capitolo sono state tutte molto piacevoli e non esitiamo a raccomandarlo a tutti coloro che hanno giocato almeno un episodio e ci si sono divertiti.

I neofiti sappiano che li attendono una sessantina di ore davvero complicate, ma potrebbe valerne la pena.

Voto Recensione di Etrian Odyssey V Beyond the Myth, il quinto capitolo della saga Atlus - Recensione


8

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