Endless Legend
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a cura di Mascalzone
Amplitude Studios è una software house francese sbucata dal nulla che, da un paio d’anni, sta indubbiamente facendo la fortuna del publisher indie olandese Iceberg Interactive. Se nel 2012 con Endless Space ha infatti mostrato a tutti cosa fosse capace di fare, con questa sua trasposizione fantasy è riuscita a plasmare un vero capolavoro.
La storia infinitaPartiamo dall’inizio, ovvero dalla contestualizzazione: perché tutti i titoli di questa casa hanno Endless nel nome? Perché fanno tutti parte, compreso il più recente Dungeon of the Endless, del medesimo universo narrativo, pensato per legare ogni titolo all’altro attraverso un brand piuttosto che una trama comune, viste le epoche diversissime in cui sono ambientati. E se Endless Space è a tutti gli effetti un gioco di colonizzazione galattica pensato per far rivivere i fasti dell’indimenticabile e purtroppo ormai perduta saga Master of Orion, pur potendo consolarci con Galactic Civilizations di Stardock (ed è piuttosto curioso constatare come una delle espansioni di quest’ultimo s’intitoli proprio Endless Universe), Endless Legend alza l’asticella andando a sfidare nientemeno che una delle pietre miliari della storia dei videogiochi, ovvero quel Sid Meier’s Civilization i cui tantissimi capitoli, sin dal lontano 1991, hanno venduto a profusione e fatto conoscere gli strategici a turni praticamente a chiunque.Questo gioco va dunque a infastidire una concorrenza che definire agguerrita è dire poco. Che a farlo sia una softco che è solo alla seconda esperienza può voler dire solo due cose: o siamo di fronte a degli incoscienti oppure siamo di fronte a dei maghi. Fortunatamente per noi vale quest’ultima ipotesi, perché non solo questo titolo offre tutto quello si può chiedere a un prodotto appartenente a questo genere, risultando appetibile per tutti i suoi fan e non solo, ma va persino oltre grazie a tutta una serie di feature che vogliono, assolutamente non per caso, andare a riempire molte di quelle lacune che il rivale ancora non ha saputo colmare nonostante le sue iterazioni siano ormai molteplici, espansioni comprese.
Questione di civiltàEndless Legend è dunque uno strategico a turni in cui si guida una civiltà alla conquista del mondo ma, così come sussistono molte similitudini con quanto realizzato da Firaxis, non mancano nemmeno tantissime differenze, a cominciare dall’ambientazione. Niente civiltà storiche come egizi, greci, romani e compagnia, bensì il mondo prettamente fantasy di Auriga con otto diverse fazioni tra cui si è chiamati a scegliere all’inizio della partita. Se da una parte dunque apparentemente manca la progressione storica anima del titolo di Sid Meier, dall’altra c’è però una differenziazione decisamente marcata tra le singole fazioni: non solo un paio di unità o qualche bonus, ma un intero background e soprattutto un’attitudine completamente diversa in quello che è il loro modus operandi: se per esempio i Necrofagi basano la loro strategia espansiva sull’assimilazione di altre civiltà, i Drakken sono diabolici diplomatici in grado di imporre alleanze, mentre l’anima profondamente dedicata al commercio dei Roving Clans di fatto gli impedisce di muovere guerre offensive.Ma non solo: ogni civiltà offre un gameplay realmente differente. C’è l’impossibilità di fondare più di una città per i Cultists che, vista l’impossibilità di creare coloni, basano tutta la propria economia sulla capitale che può venire ingrandita molto più del normale e quindi divenire centro nevralgico non solo dell’impero ma del mondo intero, tutto l’opposto dei già citati nomadi Roving Clans che invece le città possono addirittura spostarle in blocco.Inoltre, seppur non siano numerosissime (in tutto poco meno di una quarantina), ogni civiltà dispone di unità uniche appartenenti ai classici cinque grandi gruppi fanteria, supporto, aeree, di cavalleria e a distanza. Per ognuna non solo mutano le statistiche di base come difesa, danno, resistenza e velocità, ma anche le abilità, senza contare un notevole livello di personalizzazione, grazie al fatto che ogni unità va equipaggiata con armi, armature e particolari accessori come talismani e insegne che gli conferiscono particolari bonus strategici, da un più rapido rateo di rigenerazione a una maggiore efficacia negli assedi.In definitiva in Endless Legend ogni fazione fa storia a sé più di quanto avvenga in Civilization, cosa che oltre a essere abbastanza paradossale ben fa capire a cosa mi riferisco quando parlo di un titolo concepito per essere migliore del rivale in aspetti nevralgici, tra cui appunto una rigiocabilità decisamente superiore dovuta non solo alla possibilità di cambiare le regole e mutare la geografia del mondo di gioco di partita in partita, ma proprio per la grande varietà offerta da ogni fazione, concepita con il preciso obiettivo di dare alle meccaniche del gioco non solo qualche deviazione rispetto a un’unica strada maestra ma anche a ogni civiltà una caratterizzazione tale da costituire, di fatto, un ulteriore elemento di profondità.
Polvere alla polvereMa non finisce qui. Con il quinto capitolo Civilization è passato dalle caselle ottagonali a quelle esagonali: Endless Legend utilizza quest’ultime con in più la differente altitudine a introdurre un piano strategico del tutto inedito, e la presenza di picchi e burroni non solo da aggirare ma anche da sfruttare a proprio vantaggio. Quel che c’è in comune sono invece i differenti tipi di terreno (e qui la diversificazione è anche maggiore rispetto al rivale) e le risorse contestualmente disseminatevi, sia strategiche sia di lusso, motori del commercio e dell’economia con tanto di possibilità d’istituire rotte commerciali anche marittime, utili non solo per la realizzazione di nuove strutture cittadine ma anche per la realizzazione e il miglioramento delle unità. Ogni città fa infatti affidamento sul territorio limitrofo per il mantenimento e la crescita della popolazione, attraverso la produzione di cibo e la manifattura industriale. Naturalmente serve fondarne di nuove per espandere i confini e la potenza dell’impero, non solo perché ognuna di esse diviene centro di una nuova provincia ma anche perché produce scienza e influenza.La prima serve naturalmente per ricercare nuove tecnologie, che hanno la caratteristica di essere distribuite in modo radiale lungo sei ere (quindi la componente dell’avanzamento storico c’è anche qui!) e non ad albero: ciò sia per ben contestualizzare quelle con finalità comuni (per esempio militari) sia per differenziare le tecnologie in generiche, cioè comuni a tutte le civiltà, e in specialistiche, ossia proprie di ognuna. Se le prime sono di gran lunga la maggior parte del totale, le seconde sono quelle che possono fare la differenza, implicando per esempio lo sviluppo delle unità più devastanti.L’influenza fa invece le veci della cultura di Civilization, e non solo può essere utilizzata per le politiche, qui chiamate piani imperiali e che allo stesso modo servono a incentrare lo sviluppo dell’impero sulla crescita economica, militare, scientifica o l’espansione territoriale, ma gioca inoltre un ruolo fondamentale nella diplomazia: ogni azione diplomatica, come una dichiarazione di guerra o il sigillo di un’alleanza, costa infatti punti influenza che andranno perciò spesi con molta attenzione, introducendo profondità tattica nella relazioni con gli altri imperi dato che la maggior parte delle volte non si avrà abbastanza influenza per seguire contemporaneamente una politica aggressiva e una conservativa.Non manca infine la risorsa più importante, la Polvere, né più né meno equivalente all’oro di Civilization: serve infatti a coprire i costi delle strutture cittadine e delle unità da combattimento nonché ad acquistarle immediatamente o aggiornarle alle loro versioni più recenti. Naturalmente il bilancio tra quanto guadagnato e quanto speso è elemento essenziale della sopravvivenza dell’impero e anche in questo caso non mancano peculiarità tipiche per ogni fazione, con in particolare i Broken Lords che sono in grado di utilizzare questa risorsa per nutrire i cittadini al posto del cibo e quindi far crescere la popolazione delle loro città per aumentarne la produttività indipendentemente dalle risorse a loro disposizione.
Il generale invernoMeritano di essere evidenziati anche quelli che sono i principali punti di stacco dai titoli targati Sid Meier: il canovaccio narrativo e il sistema di combattimento. Il primo è essenzialmente costituito dalle quest, che accompagnano il giocatore nel guidare ogni fazione sia attraverso lunghi obiettivi principali, che hanno lo scopo di incentivare l’utilizzo dei vari elementi del gameplay come assimilare una delle numerose fazioni minori presenti nel mondo (cosa utile specialmente per Necrofagi e Cultists), sia attraverso obiettivi secondari a breve termine. Il completamento di entrambi conferisce ricompense più o meno ghiotte ma comunque sempre importanti, e soprattutto contestualizza ogni fase della partita attraverso l’articolarsi di una trama per la quale fa piacere poter apprezzare la completa e curata traduzione in italiano.Certo non meno importante è il sistema di combattimento: al contrario di quanto avviene in Civilization in cui, tranne rarissime eccezioni, ogni unità si trova ad occupare una casella senza potersi sovrapporre alle altre, in Endless Legend interi eserciti potranno muoversi congiuntamente occupando un singolo spazio utilizzando il metodo della pila (stack) presente in moltissimi altri strategici. Quando due armate nemiche vengono a contatto e inizia la battaglia si apre una schermata dell’interfaccia che mostra le unità in campo e il loro rapporto di forze: a questo punto il giocatore dovrà decidere se ritirarsi o impiegare le proprie unità seguendo i tre differenti atteggiamenti offensivo, difensivo e attendista. Da questo dipenderà la loro disposizione iniziale sul terreno teatro dello scontro, che come detto gioca un ruolo molto importante. Ogni turno si compone delle fasi di schieramento e attacco potendo però sempre andare direttamente alla risoluzione della battaglia, opzione sicuramente utile negli scontri più banali ma altamente sconsigliabile in quelli più complessi che comportano l’uso di unità di supporto e di quelle a distanza, il cui corretto posizionamento turno dopo turno è fondamentale per la vittoria.Contando anche la possibilità di inviare o meno rinforzi e di sfruttare gli eroi, mercenari assoldabili anche da altre fazioni, ne deriva un combattimento estremamente profondo e tattico che senz’altro costituisce un ulteriore punto a favore di Endless Legend rispetto al più blasonato rivale.In termini di feature originali va infine citata la presenza dell’inverno, stagione che limita il rateo produttivo delle città e i movimenti, il raggio visuale e la forza delle unità. Sono in tutto otto quelli che si susseguono, ognuno è più duro del precedente caratterizzando enormemente le partite: proprio come Napoleone in Russia trovarsi nel pieno di una campagna offensiva al loro sopraggiungere può equivalere a un’inevitabile sconfitta!
HARDWARE
Requisiti minimi-consigliati:OS: Windows 7Processore: Intel o AMD dual core – Intel o AMD quad coreRAM: 4 GB – 8GBScheda grafica: Radeon HD 6860, Geforce GT460 – Radeon R9 270, GeForce GTX 660Spazio su HD: 3 GBDirectX: 9.0cMULTIPLAYER
Presente (sino a 8 giocatori)
– Struttura di gioco pressoché esente da difetti
– Grande varietà e tante chicche di assoluto pregio
– Comparto tecnico eccellente
– L’intelligenza artificiale è il punto debole…
– …cui non pone rimedio l’aumento del livello di difficoltà (ma non è certo la prima volta)
– Nonostante l’influenza la diplomazia è ancora un po’ povera
8.5
Endless Legend non è un clone di Civilization. È molto di più: non solo offre ambientazione e spunti originali, ma anche una cura tecnica e artistica che, unite alla completezza d’insieme, lo rendono un titolo assolutamente da avere per gli appassionati, soprattutto quelli che hanno sempre apprezzato i titoli Firaxis ma sentono da tempo l’esigenza di qualcosa di meglio strutturato e in generale più profondo. Perché esattamente questo è Endless Legend: un titolo in grado di coinvolgere per giornate intere, vario e sempre intrigante di partita in partita. A patto però di sopportarne il principale difetto, ovvero la piattezza strategica dell’intelligenza artificiale, unico aspetto da cui era lecito aspettarsi di più e a cui si può comunque porre rimedio affidandosi al multiplayer. Per il resto è il piccolo capolavoro che non t’aspetti da un team praticamente sconosciuto.