Archiviato il sodalizio con Tiger Woods, la celebre serie golfistica di EA Sports è pronta a ripartire con un nuovo eroe. Questa volta è infatti toccato al giovane Rory McIlroy, campione nordirlandese ed erede “spirituale” di Tiger, capace di vincere nel 2012 e all’età di appena ventun’anni un PGA Championship e di riconfermarlo lo scorso anno, dopo avere incassato un BMW PGA Tour nel 2013.
Il compito di EA Sports, questa volta, era tanto chiaro quanto arduo: rilanciare una saga investita – senza colpe – dalla vicenda Tiger Woods e, al contempo, spostarla sulle nuove console. Il risultato, come vedremo, è caratterizzato da alti e bassi.
Sul campo da gioco
EA Sports per questa nuova edizione del suo PGA Tour ha scelto di dare al giocatore piena libertà sul proprio stile di gioco, offrendo tre diversi approcci. In Rory McIlroy PGA Tour vi è la possibilità di giocare con un approccio Arcade, nella quale il giocatore non si deve preoccupare dell’effetto della palla ma solo di premere un tasto al momento opportuno per effettuare uno swing preciso. Questa modalità richiede comunque una certa pianificazione del tiro, ma in generale arrivare sul green o mantenere la palla nel fairway sono una mera questione di tempismo.
Fa il suo ritorno la configurazione Pro, basata sul movimento dello stick sinistro e con piena libertà di imprimere effetto alla palla. In questo caso, la difficoltà sale, e in generale si è costretti a combinare il tempismo con precisione del nostro pollice, con risultati che spesso lasciano a desiderare. Occorre una certa pratica (e molta concentrazione) per padroneggiare questo sistema di controllo, ma si possono ottenere grandi soddisfazioni quando si riesce a portare a termine il tiro che si aveva in mente.
A sorpresa, ritorna il sistema di controllo intermedio, presente in innumerevoli giochi di golf a partire dal mitico Neo Turf Master. In questo caso il giocatore è chiamato a premere tre volte un pulsante: per avviare lo swing, imprimere la potenza e determinare la precisione. Anche in questo caso il gioco è una mera questione di tempismo, ma la difficoltà rispetto alla modalità di controllo Arcade cresce in maniera esponenziale. Si tratta di un’aggiunta che farà certamente piacere ai fan dei vecchi giochi di golf, e siamo francamente felici di ritrovarla in questo titolo datato 2015.
From zero to hero
La modalità Pro Golfer fa il suo ritorno, e ci consente di creare da zero un personaggio per vederlo gareggiare – e, almeno inizialmente, annaspare – in una serie di tornei minori, spesso legati a marchi EA (troverete, ad esempio, la coppa Bioware) per trasformarsi gradualmente in un campione.
Al momento della creazione del personaggio si ha a che fare con un editor dalle possibilità estremamente ridotte, che ci ha costretto a scegliere da una modestissima lista di personalizzazioni fisiche. Un netto passo indietro rispetto ai vecchi capitoli della saga, che indubbiamente infastidisce chi passa il suo tempo esclusivamente in questa modalità improntata sulla creazione di un alter ego. Per contro, è stata concessa al giocatore l’opportunità di scegliere tra diverse configurazioni standard del proprio personaggio, che vanno a modificare sensibilmente il bilanciamento dei vari parametri presenti nel gioco. Vi è, ad esempio, la possibilità di creare un personaggio potente ma impreciso, abile nei tiri lunghi ma incapace nei putt, in grado di recuperare situazioni spinose ma poco efficace nei drive, eccetera. Anche se il giocatore non può intervenire sui singoli parametri per plasmare il personaggio che meglio crede, le varie configurazioni possono essere cambiate in qualsiasi momento, e il giocatore può modificare il proprio stile di gioco nel corso della carriera. Una scelta forse poco realistica, ma efficace per chi non ha idea di come affrontare il campo da gioco e per chi si avvicina per la prima volta al golf virtuale.
Certo, iniziare dalla modalità Pro non è la scelta più indicata per un principiante: il personaggio-pippa che vi troverete a controllare nelle prime fasi di gioco aumenta in maniera vertiginosa la difficoltà, e tra triple bogey, out of bounds e water hazards nelle prime tre o quattro gare non riuscirete a superare il secondo cut, mancando le fasi finali di ciascun torneo. Anche un giocatore con un po’ di pelo sullo stomaco inizialmente faticherà a restare sotto al par, e in generale occorreranno alcune partite per poter migliorare. Alla conclusione di ogni giornata di gioco, infatti, il nostro alter ego ottiene dei punti esperienza che gli consentono di sbloccare migliori attrezzature e, al contempo, di migliorare alcuni parametri sulla base del nostro stile di gioco. Così, già dopo tre o quattro ore ci ritroveremo un personaggio di livello 30, certamente meno efficace delle teste di serie ma in grado di raggiungere l’ultimo cut di ogni gara e di competere per le prime quindici posizioni.
Oltre alla modalità Pro, vero nucleo del gioco, è possibile giocare i campionati al controllo di uno dei campioni del gioco. Trattandosi di un titolo su licenza potrete interpretare il vostro beniamino, sia esso McIlroy o il nostrano Molinari. Rispetto alla modalità pro le cose si fanno più semplici da un punto di vista del controllo del tiro, e vi ritroverete spesso capaci di fare delle vere e proprie magie sul green. Sfortunatamente, nell’edizione di quest’anno manca il Masters, perduto a causa del mancato rinnovo della licenza dell’Augusta National. Una mancanza piuttosto grave per i fan del golf, ma parzialmente colmata da una varietà di percorsi di tutto rispetto (8 percorsi su licenza più tre percorsi di fantasia, tra cui uno ambientato in una mappa di Battlefield, e due percorsi riservati ai preorder). I contenuti saranno comunque aggiornati tramite DLC, che dovrebbero garantire l’arrivo di nuovi percorsi nel giro di alcune settimane.
Completano l’offerta alcune modalità minori, tra cui un divertente gioco a punti utile sia per migliorare le nostre tecniche che per sbloccare qualche achievement, il tutto mentre vestiamo i panni di un vecchietto alle prese con swing impossibili.
Il golf firmato Frostbite
Per Rory McIlroy PGA Tour EA Sports ha scelto di traghettare il gioco verso la next gen abbandonando il motore Ignite per utilizzare il Frostbite 3. Il risultato è altalenante: abbiamo a che fare con un motore fisico rinnovato, che ha permesso una gestione del tiro più realistica e una reale influenza delle condizioni del vento sulla pallina. Ottimi gli effetti di rimbalzo e il comportamento della palla sulle varie tipologie di terreno. Al contempo, però, mancano gli effetti atmosferici e una reale animazione del cielo. I modelli dei giocatori in modalità Pro, come detto, sono ben lontani dalla verosimiglianza e, in generale, il motore Ignite spremuto a dovere offriva una migliore resa. Da un punto di vista dell’ottimizzazione, infine, il Frostbite 3 è un vero disastro, perlomeno su Xbox One: nelle fasi di caricamento assistiamo a costanti pop-in delle texture e dei modelli tridimensionali, che ridimensionano in misura significativa i grandi annunci di EA Sports in merito alla “prima esperienza golfistica next gen” paventata al momento dell’annuncio.
– Motore fisico migliorato
– Buona varietà di contenuti
– Tre differenti stili di controllo
– Manca il Masters Tournament
– Motore grafico poco rifinito
– Non c’è il “salto generazionale” annunciato
Rory McIlroy PGA Tour è il miglior gioco di golf disponibile sul mercato, ma è anche un’occasione sprecata. EA Sports aveva promesso un’esperienza next gen, al limite del rivoluzionario, ma quello che abbiamo trovato è un gioco relativamente tradizionale, con un motore fisico di qualità eccellente ma con una grafica ben al di sotto delle aspettative. Se amate questo sport, l’acquisto è pressoché obbligato. Ma se stavate aspettando una reale rivoluzione tecnica nel franchise, resterete profondamente delusi.