Ormai tramontati i ricordi degli storici Black Isle Studios, i ragazzi di Obsidian Entertainment potrebbero essere definiti come dei validi “faccendieri” del GDR occidentale: osservando il loro portfolio è infatti facile notare come la loro carriera si sia snodata attraverso una serie di sequel di grandi successi (perlopiù targati Bioware), tutti invero di buona qualità, ma mai in grado di affiancarsi agli originali. Dopo aver siglato anche l’ultimo seguito del redivivo franchise Fallout, New Vegas, gli sviluppatori di stanza a Irvine si sono dedicati alla riproposizione di un brand caro agli amanti dell’action GDR: a ben sei anni di distanza dal secondo capitolo, Dungeon Siege III riprende le fila degli eventi ambientati nelle terre di Ehb, come sempre tormentate dal conflitto tra la Decima Legione e le forze del male.
Puro action GDRSe nella vostra carriera di videogiocatori avete mai provato un qualsivoglia action GDR, non avrete alcuna difficoltà a familiarizzare con il gameplay proposto da Dungeon Siege III: decine di nemici e tonnellate di loot costelleranno ogni sessione di gioco, tenute insieme da una linea narrativa solida eppure piuttosto banale, e da un fattore scelta decisamente poco incisivo. In buona sostanza, il focus del prodotto rimane fortemente incentrato sui combattimenti, i quali si basano su un concept molto classico, unito a diverse semplificazioni atte a renderlo fruibile da parte di un pubblico piuttosto ampio. La scelta di uno tra i quattro personaggi disponibili sarà determinante per l’esperienza di gameplay, in quanto ad ogni eroe corrisponde approssimativamente una classe tipica del GDR: il classico tank, due maghi dediti al danno da distanza ed al controllo delle folle, ed una cacciatrice appassionata di armi da fuoco. Dato che una volta scelto l’eroe non potrete più tornare indietro, è bene leggere con cura le diverse descrizioni messe a disposizione dal menu: presa la decisione, un breve tutorial vi introdurrà alle fondamenta del gameplay, ovvero il combattimento. Quest’ultimo è basato sulle due stance di cui ogni personaggio dispone e sulla possibilità di passare dall’una all’altra in tempo reale: esse si compensano a vicenda, come nel caso del tank da noi giocato, in grado di attaccare con spada corta e scudo oppure con una possente lama a doppia mano. Altri elementi fondamentali del combat system proposto da Obsidian sono la schivata, la parata e la possibilità di curarsi, comuni a tutti i personaggi: lo stile risultante ricorda da vicino l’hack’n’slash, con un frenetico “schiacciatasti” a farla da padrone. A conferma di ciò si pone anche l’assenza di mana per l’utilizzo delle abilità, sostituito dal Focus: questa energia si ricaricherà attaccando ed assorbendo danni, rendendo necessario giostrarsi bene tra fendenti base ed attivazione degli attacchi speciali. Interessante la gestione della salute, priva di autoricarica e dell’utilizzo delle pozioni, sostituiti da una semplice abilità comune a tutti i personaggi, anch’essa legata all’energia Focus; a questo si affianca la possibilità di raccogliere dei globi fluttuanti lasciati dai cadaveri nemici, utili per ricaricarsi velocemente durante gli scontri più concitati. Mappati in maniera classica sul pad, questi controlli daranno al giocatore tutti i semplici strumenti utili ad aver ragione dei moltissimi nemici a schermo, i quali attaccheranno perlopiù in gruppi ben assortiti, spesso composti da diversi combattenti da mischia e qualche arciere e mago nelle retrovie, rendendo necessaria un’eliminazione selettiva delle minacce più importanti. Un sistema talmente classico da rendersi, dopo qualche ora di gioco, persino ripetitivo: per quanto infatti gli avversari siano ben differenziati dal punto di vista stilistico, i pattern d’attacco risultano tutto sommato analoghi e poco inclini a sorprendere il giocatore.Per la maggior parte dell’avventura avrete al vostro fianco un personaggio controllato dall’intelligenza artificiale (selezionabile a piacere dal roster), purtroppo non gestibile in termini tattici: fortunatamente le routine d’attacco funzionano discretamente, lasciando invece ampio spazio alle imprecazioni quando toccherà al compagno “rimettervi in piedi” in seguito ad un attacco incapacitante, operazione che richiederà spesso molto tempo, sfociando talvolta nel frustrante game over.Tra le note parzialmente negative, soprattutto per gli appassionati di combattimento tattico in stile GDR, va anche la netta semplificazione delle meccaniche di crescita del personaggio: una manciata di abilità speciali, la possibilità di potenziarle ulteriormente tramite i Punti Capacità e qualche Talento passivo vanno ad unirsi in un contesto dove la personalizzazione è solo apparente ed il potere decisionale del giocatore è sostanzialmente legato solo all’ordine in cui le Abilità verranno sbloccate. Una configurazione decisamente casual, che potrebbe scontentare fortemente i puristi del genere.Tra i moltissimi combattimenti, l’incedere sostanzialmente lineare (non senza un po’ di backtracking) e le poche sorprese a livello narrativo, Dungeon Siege III scorre via in una decina d’ore (andando dritti verso la fine), prestandosi alla rigiocabilità solo in caso vogliate testare le caratteristiche di un altro personaggio del roster.
Made in ObsidianCome accennato in apertura, i lavori di Obsidian sono spesso caratterizzati da valori produttivi medi, senza dubbio meno pretenziosi degli illustri predecessori: Dungeon Siege III non si sottrae a questa logica. Per quanto i contenuti non manchino, sia a livello di plot che di gameplay, i clichè sono riconoscibili a tutti i livelli e la mancanza di ottimizzazione è riscontrabile in moltissimi elementi, purtroppo non tutti di secondaria importanza. Basti pensare alla scomoda navigazione dell’inventario ed all’assenza di una funzione di auto equip, in netta controtendenza con la sovrabbondanza di loot che accompagna l’incedere, la quale vi costringerà a trafficare con i menu fin troppo spesso. Lo stesso dicasi per il livello di difficoltà (inizialmente selezionabile tra i classici tre standard), passibile di imprevedibili picchi in corrispondenza di certe boss fight. Si potrebbe ancora citare l’assenza di spiegazioni riguardo a certe statistiche dei personaggi, assolutamente oscure e poco rilevanti, o l’inspiegabile inutilità del tracciamento delle quest, le quali non vengono segnate nella minimappa a meno che non ci si trovi molto vicino all’obbiettivo. Non ultimo il plot, caratterizzato da una discreta linea narrativa popolata da personaggi bidimensionali e scelte davvero poco incisive, affiancate da un sistema di reputazione presso i compagni d’avventura ben poco rilevante. Tutti dettagli che confermano quanto sopra, eppure impallidiscono di fronte all’implementazione di una cooperativa a due, tre o quattro giocatori (solo due in locale) sostanzialmente inutile: data l’impossibilità per i giocatori ospitati di portarsi dietro il proprio personaggio, salvare i progressi o mantenere il loot ed il denaro guadagnati, giocare insieme si rivela un esercizio del tutto fine a sé stesso, in effetti divertente, ma inutile alla crescita del proprio alter ego, mancanza davvero imperdonabile per un action GDR.
Comparto tecnicoCosì come per tutti gli altri comparti produttivi del titolo, anche il lato tecnico di Dungeon Siege III “fa il suo lavoro” senza stupire: la telecamera isometrica ibrida (dotata di due livelli di zoom e ruotabile solo sull’asse orizzontale) si rivela tutto sommato accettabile – a parte qualche difficoltà di inquadramento – eppure, nonostante l’orizzonte limitato, i dettagli a schermo non sono moltissimi: mole poligonale passabile e texture non troppo definite (salvate solo da una sovrabbondanza di shader) si fanno notare un po’ ovunque, abbinate ad un’effettistica decisamente un po’ datata. Meglio invece il tratto distintivo del design, non tanto sui personaggi, quanto sulle ambientazioni, molto varie e ben diversificate. Il comparto audio è decisamente poco curato, tra campionamenti poco evocativi e ripetuti all’ossessione ed una colonna sonora la cui unica traccia passabile accompagna esclusivamente la navigazione del menu principale.
– Combat system dinamico
– Ambientazioni varie
– Doppia stance di combattimento
– Cooperativa senza supporto
– Elemento decisionale scarso
– Ripetitivo
– Tecnicamente sottotono
Pur presentandosi come un prodotto tutto sommato solido e ricco di contenuti, Dungeon Siege III non brilla in nessuna delle sue caratteristiche, configurandosi come un action GDR di medio livello, ottimo per “ammazzare il tempo” in attesa di nomi più grossi. L’acquisto è consigliato agli appassionati del genere disposti ad adattarsi ad un combat system tanto classico quanto frenetico, a livelli produttivi non eccezionali e ad una generale semplificazione delle meccaniche ruolistiche. Peccato per la cooperativa appena abbozzata, la quale avrebbe potuto elevare notevolmente l’appeal del titolo invece di proporsi come un mero passatempo. Tenetelo presente a patto di non avere grosse pretese dal punto di vista grafico e della profondità del gameplay, e di considerarlo solo come esperienza singolo giocatore.