L’uscita di Dreamfall Chapters è un avvenimento a lungo atteso dal popolo degli avventurieri. Non solo si tratta del ritorno sulle scene del game designer norvegese Ragnar Tørnquist, ma è soprattutto il nuovo capitolo della serie di The Longest Journey, iniziata nel 1999 con l’omonima (e bellissima) avventura grafica targata Funcom e continuata otto anni fa con il seguito Dreamfall: The Longest Journey. Per dare un ulteriore seguito alle vicende di Zoë Castillo, April Ryan e Kian Alvane con questo nuovo Dreamfall Chapters, Tørnquist si è dovuto affidare a Kickstarter con una campagna di successo che ha fruttato oltre 1,5 milioni di dollari, segno che là fuori molti appassionati del genere non si sono dimenticati della serie. Il primo di questi Chapters, al quale ne seguiranno prossimamente altri quattro, è approdato da poco su Steam a 29,99 euro, cifra che comprende comunque l’intero pacchetto con i futuri episodi e non solo questo esordio sulla breve distanza.
Sogni, incubi e prigioni
Perché breve? Principalmente perché questo primo episodio di Dreamfall Chapters può essere portato a termine in 3-4 ore, senza tra l’altro incontrare dei veri ostacoli a livello di puzzle ed enigmi. Longevità insomma bassa e anche se la durata non è tutto in un’avventura grafica, i problemi iniziano a emergere quando attorno c’è veramente poco per cui esaltarsi. La trama, che vede Zoë Castillo intrappolata in un mondo di sogni e incubi mentre è in coma, si svolge un anno dopo gli avvenimenti di Dreamfall: The Longest Journey. Il guaio è che chi non conosce i due giochi precedenti si troverà di fronte un plot estremamente confuso e difficile da comprendere, mancando di fatto un vero e proprio excursus iniziale sul passato della serie. Non aiuta poi il fatto che nella prima ora di gioco passeremo dai semplici enigmi di Zoë in questo mondo onirico a quelli altrettanto banali e scontati di Kian Alvane, il guerriero già visto nell’episodio precedente della serie che qui è impegnato a fuggire da una prigione raggiungendo la vetta di una torre assieme a un altro prigioniero. Un salto del tutto illogico per chi non conosce la serie e, come se non bastasse, poco dopo ci troviamo in una terza e nuova ambientazione, con Zoë uscita dal coma che cerca di rifarsi una nuova vita nella città di Europolis.
Vagare per Europolis
Qui passeremo altre 2-3 ore cercando personaggi con cui parlare e trovando il modo di non perdersi, visto che gli sviluppatori non hanno inserito né una mappa di gioco, né tantomeno un sistema di orientamento. A dire il vero ci sono alcuni chioschi che indicano la direzione da prendere per arrivare al luogo desiderato, pur senza fornire un vero e proprio percorso dettagliato in stile navigatore satellitare. Per fortuna la sezione di Europolis vista fin qui non è enorme, ma chi non ha un grande senso dell’orientamento rischierà di perdersi svariate volte. Questa metropoli del futuro, che ricorda tanto le città di un qualsiasi film di fantascienza distopica, è inoltre “vuota”. O meglio, ci sono molti passanti, negozi, locali e bancherelle, ma gli elementi con cui interagire sono pochissimi e per ora abbiamo potuto accedere solo al centro riparazioni robot dove lavora Zoë. Va leggermente meglio invece con i personaggi non giocanti, tutti ben caratterizzati (compreso un buffissimo e incapace robottino), e soprattutto con i dialoghi.
Più un libro che un gioco
La bellezza e la profondità della serie devono molto proprio al livello di scrittura, che anche in Dreamfall Chapters si conferma di altro livello. I pensieri e i sentimenti di Zoë, il suo rapporto con il fidanzato, le descrizioni degli oggetti, la difficile situazione politica che sta vivendo Europolis. Tutto è proposto al giocatore con grande cura nei dettagli e stupisce anche il mix di termini forti e siparietti comici ma non banali. Inoltre, a seconda delle riposte che diamo, si può modificare il proseguo della storia, ma per capire come funzioni questo sistema bisogna per forza aspettare i prossimi capitoli del gioco, visto che per il momento non si capiscono ancora l’impatto e le conseguenza che avranno le nostre azioni. L’unico scotto che si deve pagare per gustarsi questo ottimo comparto narrativo è la grande quantità di dialoghi e quindi un ritmo di gioco molto lento, senza contare che i sottotitoli sono disponibili solo in inglese e non in italiano.
Avventura rimandata?
Anche l’atmosfera di Europolis convince e il comparto grafico retto su Unity 4 non è affatto male per una produzione simile, anche se il tutto risulta piuttosto pesante e pachidermico su un PC di fascia medio-alta con tutti i dettagli al massimo. Un po’ di ottimizzazione insomma non avrebbe fatto male, mentre a livello audio si segnalano un’ottima colonna sonora e soprattutto un doppiaggio impeccabile, con strani miscugli anglo-spagnoli e voci ben impostate. Purtroppo questo primo capitolo di Dreamfall Chapters latita pericolosamente sul versante avventuroso. Avremo contato in tutto una decina di enigmi, per di più di una semplicità quasi fastidiosa per ogni avventuriero con un minimo di esperienza. Manca insomma una vera sfida e la speranza è che i prossimi capitoli possano portare un po’ più di carne al fuoco visto che ora, tra dialoghi e spostamenti a piedi tra le vie di Europolis, non c’è quasi nient’altro da fare. Peccato, anche perché venendo da due avventure grafiche così belle e importanti, Dreamfall Chapters prometteva ben altre cose.
– Ottima scrittura
– Bella ambientazione
– Personaggi ben tratteggiati
– Dura molto poco
– Gameplay ridotto all’osso
– Prima parte da dimenticare
Il voto che vedete sopra è da intendersi sulla fiducia, anche perché stiamo parlando solo del primo dei cinque capitoli che andranno a comporre il gioco completo. Le premesse per una bella avventura ci sono, soprattutto considerando le ambientazioni, i personaggi e la grande cura nei dialoghi, ma per ora ci si deve accontentare di molto poco e anche una bella cura dimagrante al motore grafico non farebbe male. Non si può comunque negare che le aspettative fossero altre (e ben più positive) otto anni dopo Dreamfall: The Longest Journey. Insomma la delusione c’è, ma c’è anche un punto di partenza interessante per uno sviluppo futuro che potrebbe portare grandi sorprese. O almeno speriamo.