Recensione

Dragon's Dogma Dark Arisen, recensione della remaster

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Nella folta schiera di titoli meno apprezzati di quanto avrebbero meritato nell’arco della scorsa generazione di console, Dragon’s Dogma, sia nella sua versione liscia sia in quella completa, intitolata Dark Arisen, merita sicuramente un posto di rilievo: nonostante le buone recensioni ricevute e dati di vendita incoraggianti in patria, al di fuori dei confini nipponici l’action RPG open world di Capcom non è riuscito a lasciare il segno. Fortunatamente, la casa di Ken e Ryu non è tipa da farsi sfuggire l’occasione per una buona remaster, ed eccoci quindi, a distanza di circa cinque anni dall’uscita originaria, a tornare ad esplorare le lande di Gransys.  
Un drago è per sempre
I draghi, da che mondo è mondo, sono delle vere e proprie calamite per l’attenzione del pubblico: la loro presenza, talvolta benigna ma perlopiù nefasta, mette in moto eventi impensabili, da cui spesso scaturiscono storie meritevoli di essere raccontate.
L’incipit di Dragon’s Dogma Dark Arisen sembrerebbe far presagire di essere dinanzi ad una delle suddette storie, ma l’illusione dura solo una manciata di ore: oggi come cinque anni fa, la narrativa non è un elemento centrale nel prodotto Capcom, che tenta di mescolare, senza troppo successo, elementi del fantasy classico europeo, filtrati attraverso la sensibilità nipponica, con oscure leggende medievaleggianti. Sebbene non lasci il segno, comunque, la storia non intralcia il godimento del prodotto, risultando raramente invasiva e lasciando alla voglia e alla curiosità del giocatore un buon numero di dialoghi opzionali e numerosi dettagli sulla lore del mondo di gioco.
Il giocatore vestirà i panni dell’ennesimo prescelto, uno dei pochissimi sopravvissuti al barbaro attacco da parte di un enorme drago, chiamato Grigori, al pacifico villaggio costiero di Cassardis: invece che divorarlo o ridurlo in cenere, il rettile squarcia il petto al nostro avatar e ne ingoia il cuore, condannandolo a dargli la caccia per l’eternità Assurto al ruolo di Arisen, l’innocuo pescatore che saremo chiamati ad impersonare è costretto quindi ad imbarcarsi in un lungo e periglioso viaggio, proprio lui che aveva varcato i confini sicuri del villaggio solo in sporadiche occasioni.
Tanto quanto il titolo originale, difficilmente qualcuno comprerà Dragon’s Dogma Dark Arisen in versione PS4 (quella da noi testata) per la bontà del suo intreccio o per l’introspezione psicologica dei suoi protagonisti, ma, come già parzialmente dimostrato dalla corposa espansione, Dark Arisen, contenuta in questo pacchetto, se e quando Capcom decide di rimboccarsi le maniche, i risultati si vedono: la storia narrata da quest’ultima è infatti meglio scritta, maggiormente focalizzata e più coinvolgente, sebbene più breve. Se la pubblicazione di questa remaster è un modo per saggiare le acque in vista di un possibile secondo capitolo, insomma, ci sono concrete speranze che un eventuale sequel possa portare miglioramenti anche dal punto di vista narrativo.
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Untouched
La spilla di maggior valore appuntata sul petto della produzione Capcom, oggi come cinque anni fa, è rappresentata dal gameplay, che funzionava egregiamente al tempo del debutto e non sfigura nemmeno adesso, a testimonianza tanto della bontà del lavoro svolto quanto della relativa immobilità del genere di appartenenza nel corso degli ultimi anni.
Dragon’s Dogma Dark Arisen ha molti pregi e qualche difetto, ed era giusto portarlo all’attenzione delle nuove generazioni o di chi, nella fregola di leggere informazioni sulle allora venture PS4 e Xbox One, se lo era perso per strada: il sistema di combattimento consente di salire in groppa alle bestie più grosse, manco fossimo nel prossimo Monster Hunter, restituendo una gradevole sensazione di fisicità, e differenzia in maniera importante i vari approcci, favorendo la rigiocabilità.
Affrontare una chimera con un guerriero da prima linea necessita di strategie assai differenti dal farlo con un arciere o con un mago, sì lento nel tempi di casting ma devastante una volta lanciati i suoi incantesimi. Le pedine, altro punto di forza della produzione, sono varie e sveglie com’erano un lustro fa, simbolo di un multiplayer asincrono di rara efficacia, e sceglierne di complementari al proprio personaggio e alla sua pedina principale aiuta enormemente nelle fasi più dure dell’avventura, che, per la cronaca, sono parecchie. Dragon’s Dogma non prende a schiaffi il giocatore come i Dark Souls amano fare e non richiede la stessa pazienza nella memorizzazione dei pattern nemici, ma, soprattutto durante la prima ventina di ore, sa regalare momenti di puro terrore, grazie alla trovata dell’esplorazione notturna, avvolta nel buio più completo, e ad una serie di bestie di proporzioni pachidermiche che il party faticherà enormemente a mettere al tappeto.
Sull’onda del successo dei titoli di Miyazaki, poi, Dark Arisen introdusse l’isola di Nerabisso, un antro infernale che pullula di mostri che sarebbe bene non affrontare prima di aver raggiunto un livello compreso tra il cinquanta ed il cinquantacinque: usiamo il condizionale perché il prodotto Capcom, da bravo open world, non costringe mai il giocatore in una singola direzione, consentendogli un’esplorazione libera e svincolata, ma punteggiata dalla presenza sulla mappa di bestie capaci di schiacciare il party come una fastidiosa mosca. Ed è anche qui, nel continuo senso di scoperta, aiutato dalla totale assenza di cavalcature e metodi di locomozione altri rispetto alle proprie gambe, che si cela un altro dei punti di forza della produzione: gironzolare senza meta, con il costante brivido di potersi imbattere in qualcosa di mostruoso, ricorda molto i momenti migliori delle opere di Bethesda, e, pur in presenza di una mappa globale meno generosa, impreziosisce le altrimenti monotone missioni secondarie e le fasi di pura esplorazione. Il complimento migliore che possiamo fare a Dragon’s Dogma Dark Arisen, comunque, risiede nella sua unicità: pur aderendo a canoni oramai standardizzati, il prodotto Capcom svolge il compito a modo suo,  e questo coraggio, che pure porta a difetti strutturali, meriterebbe, da solo, l’esborso richiesto.
Buon lavoro, senza picchi
Se una remaster ha come obiettivo primario quello di migliorare il comparto tecnico del prodotto che ripropone al pubblico, quella di Dragon’s Dogma Dark Arisen è indubbiamente riuscita, anche se mancano un paio di accortezze che avrebbero reso l’esperienza ancora migliore. I numerosi rallentamenti e le incertezze del motore grafico, che piagavano la versione per console della scorsa generazione (a memoria, su Xbox 360 la situazione era un po’ meno peggio che su PS3) sono solo un lontano ricordo: la vecchia versione del motore MT Framework su cui gira il gioco è molto più a suo agio con la potenza computazionale delle attuali ammiraglie Microsoft e Sony, con il risultato che, anche con lo schermo pieno di nemici ed esplosioni, non c’è l’ombra di un rallentamento (su PS4 Slim, quantomeno).
I più esigenti, però, noteranno come il framerate sia bloccato a 30 fps e non a 60: fisso sì, insomma, ma senza troppi lustrini.
Rimane quindi un po’ l’amaro in bocca, perché il combat system del gioco, veloce e discretamente tecnico, avrebbe beneficiato enormemente di un ulteriore aumento della velocità dell’aggiornamento dello schermo che crediamo sarebbe stato possibile con uno sforzo produttivo ulteriore.
Egregio, invece, il lavoro svolto sulle texture, che, sebbene tradiscano le “umili” origini, riescono a non sfigurare in risoluzione full HD, grazie ad un’opera di ripulitura ed aggiornamento che ha coinvolto soprattutto i personaggi principali, ma che si rivela più che competente ance sui mostri e gli NPC minori. Tra le cose buone vanno annoverati anche nei nuovi effetti di luce e l’assenza dell’odiata modalità letterbox per i filmati, che fa risplendere le scene animate di nuova luce.
A conti fatti, comunque, un altro fattore decisivo per fa guadagnare a Capcom una promozione piena anche senza i 60 fps è rappresentato dal prezzo: Dragon’s Dogma Dark Arisen è venduto a meno di trenta euro in versione console, e anche qualcosa in meno su PC, e questo, considerando la quantità di ore di gioco e la presenza di tutti i DLC rilasciati, primo tra tutti quello che porterà i giocatori sulle sponde di Nerabisso, rende il rapporto qualità (e quantità) – prezzo decisamente vantaggioso per il pubblico. La ciliegina sulla torta sarebbe stata rappresentata da una qualche forma di contenuto inedito, totalmente assente, ma nel complesso c’è poco da lamentarsi, a fronte di almeno una cinquantina di ore di gioco.

Una sleeper hit della scorsa gen in versione ripulita…

Combat system di grande qualità

Monster design d’eccezione

Prezzo ribassato

…ma bloccata a 30 FPS, anche su PS4 Pro

Nessun contenuto inedito

8.0

Se fossimo stati chiamati a valutare solamente la bontà del gioco in sé, non avremmo esitato a concedere a Dragon’s Dogma Dark Arisen almeno mezzo punto in più: il combat system è invecchiato benissimo, e risulta ancora tra i migliori sul mercato, e la sensazione di avventura che solletica il giocatore tra le lande di Gransys, soprattutto nottetempo, è impagabile.

Ma in questa sede siamo chiamati a giudicare l’operazione di remaster e questa, sebbene offerta ad un prezzo davvero allettante, si è rivelata piuttosto pigra, pur portando in dote miglioramenti soprattutto sul fronte del framerate e della stabilità generale.

In fin dei conti, allora, il peculiare action RPG di Capcom porta a casa un voto rispettabilissimo, ma l’acquisto è caldamente consigliato solamente a chi si fosse perso il titolo originale cinque anni da, perché di contenuti inediti non c’è nemmeno l’ombra.

Voto Recensione di Dragon's Dogma Dark Arisen, recensione della remaster - Recensione


8

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