Recensione

Dragon Ball Fusions

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Le puntate inedite trasmesse in Italia negli ultimi mesi sembrano aver dato nuovo impulso al quasi trentennale amore per Dragon Ball, per i suoi personaggi, per le bizzarre avventure che la matita di Akira Toriyama ha portato nelle case di tantissimi appassionati.
Nonostante sia slegato dalla serie inedita, e consti di una storia tutta sua, Dragon Ball Fusions cattura benissimo l’essenza della serie giapponese, proponendo un roster pantagruelico e dando al giocatore la possibilità di fondere centinaia di personaggi tra loro per dare vita ad ibridi personalizzati: se state pensando ai Pokemon o al recente Yo-Kai Watch, non siete troppo lontani dalla realtà dei fatti, ma il prodotto Namco Bandai ha una personalità tutta sua.
Scopriamola insieme.
Il senso dell’umorismo di Shenron
La scintilla narrativa che accende Dragon Ball Fusions scatta quando il protagonista, il cui nome e aspetto potranno essere personalizzati dal giocatore, e il suo amico Pinich riescono a rinvenire anche l’ultima delle sette sfere del drago, così da evocare il potente Shenron ed esprimere un desiderio.
Inaspettatamente, tanto che lo stesso dragone rimane basito sulle prime, i due amici non gli chiedono ricchezza, vita eterna o la capacità di riavvolgere il tempo a piacimento, ma si accontentano di un torneo che possa stabilire una volta per tutte chi sia il combattente più forte dell’intera galassia, in pieno stile Dragon Ball.
Il dio esaudisce il desiderio ma, come spesso accaduto anche durante le puntate delle varie serie dell’anime, lo fa a modo suo, trasportando i due amici in un altro mondo, al quale, attraverso diversi varchi spazio-temporali, stanno avendo accesso tutti i guerrieri più forti, indipendentemente dalle loro intenzioni e dal mondo di provenienza.
I primi incontri che i due faranno porteranno sullo schermo una manciata di facce note, da Nappa e Radish, inetti come al solito, a Goten e Trunks, passando per una Bulma in versione GT: procedendo lungo l’avventura, Dragon Ball Fusions porterà sui due schermi di 3DS tutti i personaggi principali delle serie dedicate alle avventure di Goku e compagnia, compresi alcuni visti solo nei lungometraggi, come Broly.
Purtroppo non tutti questi personaggi svolgeranno un ruolo attivo all’interno delle vicende raccontate, con alcuni che limiteranno le proprie apparizioni a brevi cameo, ma, nonostante una storyline che non vincerà alcun premio per la sua qualità (come d’altronde quelle del manga e degli anime succedutisi negli anni), l’ultima fatica di Ganbarion (sì, proprio quelli degli adattamenti videoludici di One Piece e del sottovalutato Pandora’s Tower su Wii) si propone come un manifesto di come fare del fanservice in maniera rispettosa e degna.
La licenza, infatti, è sfruttata intelligentemente, con un battle system costruito appositamente per ricordare quello visto in centinaia di episodi in tv e con l’aggiunta di tantissimi personaggi inediti, che si affiancano a quelli noti senza stonare, tanto che i meno appassionati potrebbero non notare lo stacco.
Nonostante le linee di dialogo siano pochissime, abbiamo poi apprezzato l’accoppiata tra la traccia originale giapponese, che ben si addice al contesto e allo spirito del prodotto, e i sottotitoli in italiano, che rendono il prodotto avvicinabile anche dai fan più giovani del franchise.
Kamehameha!!!
A differenza della stragrande maggioranza dei titoli ispirati all’anime originale, Dragon Ball Fusions propone al giocatore meccaniche da gioco di ruolo a turni, un genere che sulla famiglia di console 3DS ha riscosso sempre un grandissimo successo: creato il proprio alter ego, il giocatore sarà subito calato in una sequenza di missioni primarie, missioni secondarie e piccoli compiti collaterali, che concorrono tutti ad accumulare l’energia necessaria ad accedere agli strati successivi del bizzarro universo in cui la vicenda è ambientata.
Il cuore dell’esperienza ludica è rappresentato dal sistema di combattimento, croce e delizia del titolo Ganbarion: esso si svolge a turni, ma richiede comunque tempismo al giocatore, chiamato a scegliere in quale direzione parare prima di ogni attacco nemico.
Il roster di combattenti schierabili contemporaneamente è nutrito (fino a cinque possono infiammare gli scontri) e ognuno di essi dispone di tre differenti tipologie di attacco: uno fisico, uno energetico e uno speciale.
Infliggendo e ricevendo danni si riempie una barra che consente, al suo completamento, di sferrare attacchi unici decisamente devastanti, come la fusione di tutti e cinque i lottatori in un unico, enorme combattente o l’attacco Zenkai, utile ad arruolare nuovi membri nel team.
Questi ultimi possono essere reclutati nell’ordine delle decine (se non centinaia), a patto di avere una stella accanto al proprio nome e di essere finiti proprio con una mossa Zenkai: al termine dello scontro, soddisfatte queste condizioni, si uniranno al team del giocatore, mettendo a disposizione il loro bagaglio di mosse e ampliando notevolmente il ventaglio di soluzioni strategiche a disposizione.
Ognuno dei combattenti assoldati può infatti essere fuso con un suo compagno d’armi, generando ibridi sfiziosi e spesso potentissimi, che, oltre a deliziare i fan più accaniti, finiranno con lo sbilanciare la difficoltà del gioco, consentendo di creare combattenti di forza spropositata rispetto a quella degli avversari disponibili.
Una barra a fondo schermo scandirà il ritmo dei combattimenti, con le icone corrispondenti a membri del party e nemici che scorreranno da sinistra verso destra, determinando l’alternarsi dei turni, sulla falsariga del mai dimenticato Active Time Battle dei Final Fantasy che furono.
Scaraventando un nemico fuori dall’area di battaglia, oltre a infliggergli danni aggiuntivi, se ne azzererà il turno, costringendolo a perdere la possibilità di agire: le varianti strategiche, quindi, sono di più di quello che si potrebbe pensare.
In fase di attacco, poi, va valutata attentamente anche la possibilità di coinvolgere altri combattenti al proprio attacco, tanto scaraventando un nemico in direzione di un alleato, che contribuirà infliggendogli un paio di colpi gratuiti, quanto facendo lo stesso contro un altro nemico, che subirà danni da contatto.
Al termine di ogni scontro, al giocatore verrà elargito anche un pool di abilità differenti oltre ai canonici punti esperienza, cosicché egli possa scegliere quali abilità insegnare ai suoi lottatori, ognuno dei quali possiede un numero di slot limitati (proprio come i Pokemon, per intenderci): peccato, allora, che queste abilità si rivelino spesso del tutto inutili, perché non solo tendono a ripetersi con troppa frequenza, ma spesso si rivelano di potenza considerevolmente inferiore a quelle già in possesso del giocatore.
La prima decina di ore di gioco, per i fan, si consuma come la più tenera delle lune di miele, perché il combat system sembra coniugare semplicità e profondità e le animazioni durante le battaglie richiamano da vicino la serie animata, ma lo spettro della ripetitività non tarda a fare capolino.
Purtroppo, alla lunga, non poter saltare animazioni già viste centinaia di volte pesa sulla durata e sul ritmo delle battaglie, a tratti troppo prolisse, soprattutto per i tempi di gioco di una console portatile.
A circa metà dell’avventura, quindi, si accusa un certo senso di stanchezza, e ci si accorge che, probabilmente, Dragon Ball Fusions mostra il meglio di sé durante le prime ore di gioco, senza conservare assi nella manica per la seconda parte.
In ogni caso, a parte qualche errore di gioventù, Ganbarion riesce a dimostrare come il genere dei giochi di ruolo si adatti bene alla serie, facendo sperare in un futuro che non sia fatto solamente di picchiaduro.
Dal mondo di Toriyama
L’analisi tecnica di un prodotto come Dragon Ball Fusions non può prescindere dall’età e dalla scarsa prestanza dell’hardware ospite nonché dalla constatazione che i fan e i non fan potrebbero avere due percezioni diverse, come già sottolineato nel paragrafo precedente.
A fronte di una conta poligonale abbastanza essenziale, di ambienti desolatamente vuoti e della ripetizione di alcuni modelli dei personaggi non reclutabili, abbiamo una ricostruzione ottimale dei volti e delle movenze di tantissimi personaggi amati dal pubblico, con tanto di mosse speciali personalizzate e chiamate con lo stesso nome del manga/anime.
In particolare, a differenza di moltissimi titoli in cui è possibile creare il proprio alter ego tramite un editor, il personaggio principale nell’ultima fatica Ganbarion si integra perfettamente con il resto del cast, come anche i risultati delle fusioni, sempre credibili e capaci di mandare in brodo di giuggiole i fan più sfegatati (mamma, ho fuso Mr. Satan con Chichi! Cit.)
In altre parole, quindi, il comparto visivo è buono ma non eccezionale, superato da produzioni anche molto più vecchie, ma tocchi di classe come quelli appena elencati nasconderanno agli occhi degli appassionati della prima ora gli evidenti difetti.
La colonna sonora si rivela un po’ povera, soprattutto considerando che, vista la quasi totale assenza di doppiaggio, lo spazio sulla cartuccia avrebbe dovuto essere cospicuo; ci troviamo di fronte, invece, ad una serie di motivi energetici e adrenalinici, perlopiù inediti rispetto alla serie, che però falliscono nel tentativo di incorniciare l’azione a schermo.
La durata complessiva è strettamente legata alle manie collezionistiche del giocatore, un po’ come i già citati titoli dedicati ai Pokemon e agli Yo-Kai: se la quest principale è relativamente breve, necessitando di una ventina di ore per essere portata a termine, perdersi nelle quest secondarie per arruolare quanti più combattenti possibili può quasi raddoppiare questo valore.

– Combat system che ricrea benissimo gli scontri dello show…

– Grandissima quantità di tecniche a disposizione…

– Il festival del fan service

– Tantissime fusioni disponibili

– …ma un po’ ripetitivo e con animazioni inevitabili

– …molte delle quali poco utili

– Mediamente molto facile

7.0

Da appassionati del manga prima e degli anime poi, ci siamo divertiti non poco in compagnia di Dragon Ball Fusions, al di là del voto finale, che non può non tenere conto di una serie di problematiche che oggettivamente diminuiscono il valore complessivo dell’opera.

Ci riferiamo principalmente ai combattimenti, che divertono per le prime ore di gioco per poi divenire ripetitivi, rallentati da una miriade di animazioni non skippabili, e al fatto che, nella marea di tecniche disponibili per i vostri personaggi, solo una manciata finirà con il rivelarsi veramente utile.

Nel complesso, come spesso accade con i titoli che sfruttano intelligentemente le licenze di cui godono, l’ultima fatica Ganbarion risulta comunque consigliato a tutti gli appassionati dell’universo disegnato da Akira Toriyama, che possono tranquillamente aggiungere mezzo voto alla valutazione finale.

Nel contempo, però, la vasta libreria di 3DS ospita numerosi esponenti dello stesso genere che rappresentano delle scelte migliori di Dragon Ball Fusions, anche all’interno della sottocategoria dei giochi di ruolo con forti elementi “collezionabili” (da Pokemon in giù…). Se, quindi, conoscete solo i personaggi più famosi della serie, potreste trovare i difetti di questa produzione più difficili da digerire.

Voto Recensione di Dragon Ball Fusions - Recensione


7

Leggi altri articoli