La natura di Downward è tutta racchiusa nella sua sequenza di azioni più tipica: un salto, un secondo salto su una piattaforma raggiunta usando un rampino invisibile, un’incredibile corsa sulla parete, una scivolata a rotta di collo lungo un pendio e poi un’altra acrobazia per raggiungere la cima più alta dello uno scenario. Infine una caduta per colpa di una piccola e impercettibile sporgenza, che costringe a rifare da capo l’intera sezione. Il “first person-platform” sviluppato dal piccolo team italiano di Caracal Games e prodotto da IndieGala è un continuo susseguirsi di momenti entusiasmanti a base di parkour in un mondo oramai in rovina ma quanto mai affascinante, a cui purtroppo succedono cadute di design, sezioni meno ispirate e, ancora, fasi al limite del frustrante, in cui il lancio del pad contro lo schermo è più che una semplice idea. Nonostante queste cadute di stile, Downward è l’ancora di salvezza per tutti quei giocatori che tante ore hanno speso nei due Mirror’s Edge e Dying Light.
Corri, ma non sai il perché
La componente narrativa non è di certo il punto forte di Downward e lo si intuisce già dai primi frame, visti e rivisti in tante altre produzioni: il giocatore veste i panni del classico personaggio senza memoria che, non si sa bene né perché né come, apre gli occhi al cospetto di un universo frammentato, una sorta di dimensione parallela tenuta assieme da portali, un viaggio onirico a base di piattaforme su cui saltare o arrampicarsi, collegate anche da varie anomalie che funzionano da trampolino. Nonostante una accattivante voce femminile spinga il giocatore ad andare a fondo per conoscere cosa abbia ridotto il mondo a brandelli, cosa siano gli astri che balenano sopra la sua testa e chi lui stesso sia, è difficile appassionarsi alla storia raccontata in Downward, più vaga e labile dello stesso universo in cui ci si trova, spaesati, a muovere i propri passi. Non che i personaggi secondari aiutino poi molto anzi, l’unico vero incontro consiste in un bizzarro vecchio dalla voce stridula, un mercante con cui scambiare gli oggetti recuperati durante l’avventura, ma dalla cui bocca fuoriescono parole di cui è difficile comprendere il nesso. Gli unici spunti interessanti prendono forma nel finale, ma oramai, è molto probabile che, pad alla mano, tutta la vostra attenzione sia focalizzata verso il prossimo salto o acrobazia, mentre la voce dietro le quinte è oramai ridotta ad un semplice sottofondo. Anche il doppiaggio interamente in italiano non riesce a dar il giusto peso agli avvenimenti: se da un lato è una piacevole sorpresa ascoltare i dialoghi nella propria lingua – il lavoro è stato affidato al team di ThePruld – dall’altro lato, il doppiaggio ha una vena comica, soprattutto nel tono sopra le righe del protagonista, che non sempre si sposa alla perfezione con quanto accade, rendendo ancor più leggero e superfluo il racconto.
Lost
Le vicende che prendono forma su schermo non sono certo la molla che spingono il giocatore a rimanere incollato con gli occhi sul monitor senza mai abbassare la guardia: il vero merito di Caracal Games è stato quello di aver reinterpretato le meccaniche di parkour, adattandole ad un ritmo che nulla ha da spartire con quello di Mirror’s Edge, senza nemmeno il bisogno di sentire sempre l’alito pesante degli zombie di Dying Light sul proprio collo, correndo a perdifiato per non venire sbranati. Lo scopo è molto semplice: raggiungere determinate zone dello scenario e recuperare uno specifico elemento o attivare un preciso marchingegno e tali obiettivi configurano Downward come un’avventura innanzitutto contemplativa, maggiormente volta all’esplorazione all’interno di un mondo di gioco cosparso di rovine ma, allo stesso tempo, sapientemente ricostruito, premiato da un level design di primissimo livello. Le sezioni platform vengono impreziosite da una spiccata verticalità dei livelli, un’articolazione tale da rendere anche gli spazi all’apparenza aperti e armoniosi dei veri e propri labirinti, in cui anche il susseguirsi di smarrimenti, cadute, tentativi e scoperte casuale di strade segrete è una reale soddisfazione. Come se non bastasse, lungo il percorso sono disposti inoltre dei dispositivi che, una volta attivati, mutano in modo significativo i percorsi, facendo apparire nuove piattaforme e aprendo la via ad aree prima irraggiungibili. Uno legge parkour e subito pensa alla frenesia, agli scatti e ai salti di un protagonista costantemente braccato, ma Downward è fatto anche di momenti lenti, in cui è necessario scrutare e studiare i vasti panorami per capire dove andare.
Doppia Faccia
Downward soffre di un terribile disturbo bipolare: nella sua main quest, il lavoro di Caracal Games è il classico alunno con del potenziale, ma che ottiene il massimo risultato con il minimo sforzo, accontentandosi del sei in pagella. Se ci si limita a rimanere sulla strada principale, l’avventura si riduce ad un percorso lineare, un’esperienza sin troppo guidata, in cui anche gli elementi di contorno al parkour appaiono quasi superflui. Saltando da una piattaforma all’altra, il giocatore recupera le “scaglie del cielo”, una valuta da spendere nei pressi di alcune statue, indispensabile per migliorare le capacità fisiche, la concentrazione e la resistenza del protagonista. Nelle cinque/sei ore necessarie per completare una run andando dritti per dritti, l’albero delle abilità viene però esplorato in minima parte, anche perché molte delle possibili nuove tecniche non risultano strettamente necessarie. Downward cambia completamente faccia nel momento in cui il giocatore cede alla tentazione di ignorare il puntatore che indica l’obiettivo per cercare, spinto dalla sola curiosità, di raggiungere quelle colonne semi-distrutte che non si sa bene perché siano finite in cima ad una montagna. Nonostante alcune tentativi frustrati da delle inaspettate cadute, le vere soddisfazioni arrivano quando una serie di acrobazie spericolate vengono inanellate per raggiungere degli spazi prima celati, ignorando la progressione della missione principale. Questo secondo approccio, oltre a premiare l’open world creato da Caracal Games, valorizza il già citato albero delle abilità, ora molto più utile, spinge a frugare ogni anfratto dei livelli per scovare degli oggetti da vendere al mercante per ottenere altre “scaglie del cielo” e, soprattutto, crea nel giocatore quella voglia di sfida che, di per certo, lo porterà a misurarsi nelle sfide a tempo a cui si accede attivando dei pilastri di cristallo luminosi. Questi time trial sono del tutto slegati dall’avventura, tanto da essere ambientati in una dimensione parallela, ma sono forse il vero cuore pulsante di Downward, in cui cimentarsi per scalare le classifiche online, completando il percorso nel minor tempo possibile.
Accessori superflui
Downward vive in costante equilibrio tra la continua soddisfazione per delle combinazioni perfettamente riuscite fra salti, corse lungo i muri e arrampicate con tanto di rampino, e la frustrazione per essere rimasti incastrati tra delle rocce oppure sospesi quasi nel vuoto, senza apparenti motivi, per poi cadere giù dal tempio appena scalato per aver mosso di un centimetro il piede destro. Nonostante il sistema di comandi sia tanto semplice quanto funzionale – quasi tutte le azioni sono legate alla pressione del tasto RT usando il joypad della Xbox One – non mancano di certo momenti in cui si ha la voglia di staccare per cinque minuti, in preda alla rabbia perché un jump wall all’apparenza perfetto si è tramutato in una trappola mortale. Forse consapevole di tali difetti, i ragazzi di Caracal Games hanno messo a punto un approccio innovativo, e quanto mai azzeccato, al sistema di checkpoint, dove è lo stesso giocatore, tramite dei marchi, a decidere dove posizionare il salvataggio, da utilizzare proprio nel bel mezzo dell’ennesima caduta fatale. Downward non è però solo parkour, il mondo di gioco non è fatto solo di speroni o laghi di lava da saltare, ma è anche popolato da golem e altri tipi di nemici. Purtroppo, tali sezioni sono le meno ispirate ed è impossibile parlare di un combat system in termini stretti, dato che i duelli si risolvono semplicemente imparando i basilari pattern d’attacco nemici, per poi eseguire qualche scivolata, fino ad estrarre dalla loro schiena il nucleo che li tiene in piedi. Non c’è molto altro da aggiungere ed è forse un bene che tali scontri (non)fisici siano sporadici durante il corso dell’avventura. Raramente i duelli mettono a dura prova i riflessi e le abilità del giocatore, risultando mediocri per difficoltà ed evoluzione interna, fino a che non si arriva a tu per tu con il boss finale, dove si va ben oltre le proverbiali sette camicie sudate, in cui la frustrazione bussa forte alla porta dopo l’ennesima morte.
Un mondo irreale
In Downward convivono tanti spunti positivi, frenati però da alcune evidenti lacune: dove c’è ben poco da recriminare è sul comparto grafico, sorretto in modo egregio dalla quarta incarnazione dell’Unreal Engine, e sul lato artistico. I mondi che si aprono e si rompono ai piedi dell’anonimo personaggio colpiscono per la loro personalità, dove si fondono assieme rovine provenienti da epoche e spazi diversi, collegate da misteriosi artefatti e piattaforme, il tutto condito con elementi freddi e asettici, che sospendono Downward in un universo sognante. Il non dover seguire un canovaccio coerente fra le aree visitate, ha permesso inoltre a Caracal Games di spaziare fra scenari diametralmente opposti, dalle cristalline acque che bagnano le fasi iniziali, fino ad arrivare alle cupe e minacciose distese di lava che si incontrano nelle parti più avanzate dell’avventura. Purtroppo qualche incertezza è presente sotto forma di fastidiosi glitch, soprattutto per quel che riguarda le animazioni del protagonista, con qualche “incastramento” e collisione poco felice.
Hardware
Requisiti minimi:
– Sistema operativo: Windows 7 64 Bit and newer
– Processore: Intel i3 3220 or AMD A10 5800K
– Memoria: 4 GB di RAM
– Scheda video: Geforce GTX 750 or AMD R9 270
– DirectX: Versione 10
– Memoria: 7 GB di spazio disponibile
– Scheda audio: Any Windows compatible card
Requisiti consigliati:
– Sistema operativo: Windows 7 64 Bit and newer
– Processore: Intel i3 6300 or AMD FX 8350
– Memoria: 8 GB di RAM
– Scheda video: GeForce GTX 960 or AMD R9 380
– DirectX: Versione 11
– Memoria: 7 GB di spazio disponibile
– Scheda audio: Any Windows compatible card
– Graficamente valido
– Atmosfera sospesa e intrigante
– Perdersi è un vero piacere
– Tante sfide con classifiche online
– I combattimenti lasciano il tempo che trovano
– Main quest fin troppo lineare
– Sistema di crescita con delle imperfezioni
– Collisioni e salti non sempre precisissimi
Downward non è un titolo perfetto, le limitazioni e i nei appaiono evidenti in molti frangenti, ma se si è disposti a chiudere un occhio, l’opera realizzata dai “nostrani” Caracal Games rimane un titolo capace di regalare ore di sano divertimento, grazie a delle meccaniche platform in prima persona impreziosite dal sapiente e ben sviluppato level design, che rende ogni spazio un’arena in cui perdersi e scoprire nuovi approcci. Purtroppo le pause inserite sono degli inframezzi piuttosto insipidi, per via di un combat system pressoché assente. La natura indipendente di Downward viene infine evidenziata da qualche problematica legata al sistema di collisione e da sporadiche incertezze tecniche.