Recensione

Dominions 5 - Warriors of the Fate

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Una mattina come tante: in preda alla noia, do un’occhiata al negozio di Steam, cercando fra le future uscite qualche titolo degno di nota, ma non mi aspetto un granché, perché storicamente l’ultimo mese dell’anno non riserva grandissime gioie. Nel 2017 invece Natale arriva con qualche giorno di anticipo, visto che, senza alcun preavviso, ecco apparire nel confuso elenco degli “Still to come…” Dominions 5 – Warriors of the Faith (d’ora in avanti solo Dominions 5). Incredulo, riporto la mistica epifania nei luoghi chiave dei social network che contano e per tutta risposta, dall’altra parte della tastiera giungono urla di gaudio, tradotte con: “AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA”. Forse vi chiederete come mai tante vocali spese e il perché del caps lock, soprattutto per un gioco che magari non avete mai sentito nominare. Non vi biasimo, lo strategico a turni sviluppato da IllWinter Game Design – consiglio di visitare il loro sito per fare un tuffo nel 2001 – pur essendo giunto alla sua quinta incarnazione, si è sempre tenuto lontano dalle luci dei riflettori, con la sua UI rudimentale e con una grafica a dir poco antiquata, eppure questi scogli non hanno fermato l’onda crescente della sua community, una frotta di devoti – mai termine fu più adeguato – che spende centinaia e centinaia di ore nel disperato tentativo di diventare il nuovo unico Dio di Dominions

La dura vita di una divinità

Inquadrare Dominions 5 non è complicato: in poche parole, si tratta di uno strategico a turni, assimilabile per alcune caratteristiche ad un 4X, dove il giocatore veste i panni di un “pretender”, un’aspirante divinità che, con le preghiere dei suoi devoti e con le armi delle sue truppe, cerca di farsi largo contro gli altri abitanti di un pantheon molto allargato, per diventare infine l’unico Dio. Anche la mappa di gioco non riserva grandissime sorprese ad un primo sguardo ed è divisa delle classiche province, già viste in innumerevoli altri strategici a turni, e il loro numero dipende solo dalle scelte del giocatore in fase di creazione della partita. In Dominions 5 non esiste infatti una vera e propria campagna, ma solo una modalità sandbox – in singleplayer o contro altri giocatori in carne ed ossa – in cui settare i molteplici parametri della partita, come le già citate dimensioni del mondo di gioco, il numero di contendenti, l’era “storica” da cui iniziare, la propria fazione di partenza e altri dettagli. Una volta iniziato il match, presa la giusta confidenza con l’interfaccia di gioco e digerita la grafica non proprio moderna, se si ha un minimo di dimestichezza con il genere, non è un’impresa muovere i propri schieramenti da una provincia all’altra, reclutare qualche truppa e costruire i pochissimi edifici messi a disposizione, senza nemmeno l’assillante richiesta di dover raccogliere le risorse, visto che ciascuna provincia ha, almeno sulla carta, un output già predefinito. Pochi turni, un paio di scontri e la fatidica scritta: game over, la tua divinità è stata spazzata via in una manciata di mosse. Eppure eri certo di aver capito cosa fare, avevi eliminato le prime resistenze delle fazioni indipendenti, ma come una marea in piena, i centauri, i draghi o gli enormi scheletri giganti dei nemici, hanno invaso le tue terre senza alcuna fatica. Questa scena, che si ripete spesso e volentieri anche dopo numerose partite, è indispensabile per far capire come Dominions 5 sia un gioco tanto semplice da intuire, quanto complicatissimo da maneggiare, data la sua sconfinata profondità, le infinite possibilità date al giocatore e le decine e decine di variabili da tenere costantemente sottocchio. Giusto per farvi capire, il manuale di gioco è composto da un centinaio di pagine – ovviamente in inglese – sul forum abbondano le domande e come tutorial sono presenti su YouTube quasi una decina di video, dalla lunghezza media di mezz’ora ciascuno. Il bello è che, anche dopo aver visto i filmati ed esser certi di aver appreso al meglio le dinamiche di gioco, ci sarà sempre qualcosa che vi sfuggirà. La complessità di Dominions 5 è sia croce che delizia, perché è tanto facile scappare a gambe levate dopo l’ennesima misteriosa sconfitta, quanto rimanere incollati quasi inconsciamente allo schermo, vittime della sindrome dell’ “Ancora un altro turno e poi stacco”.

Un puzzle da 10.000 pezzi

Ancor prima di avviare la partita, Dominions 5 mette il giocatore davanti alla questione cruciale, e forse pure la più complicata: la scelta della propria divinità/fazione. Divise in tre ere differenti, esistono per ciascun periodo circa trenta potenze fra cui scegliere, ognuna dotata di truppe specifiche e particolari bonus/malus: alcune sono più indicate per i giocatori esperti, mentre altre sono il punto di partenza ideale per i novizi ma, ovviamente, non c’è nessun avviso o consiglio e l’unico mezzo per trovare la propria fazione ideale è provarla “sulla propria pelle”, anche se delle conoscenze sulla mitologia potrebbero essere d’aiuto. Dominions 5 pesca infatti a piene mani dal passato leggendario di popoli e nazioni, facendo incetta di giganti, dei e mitiche creature: c’è Ur, la prima città, ricca di ricorsi alla mitologia sumerica, con le truppe di Enki e Enkidu, oppure, se amate la tradizione nipponica, Oni potrebbe proprio essere la divinità che fa al caso vostro. Dominions 5 è ricco di dettagli e informazioni extra: non solo ogni fazione è accompagnata da una ricca descrizione, ma ciascun generale o singola truppa viene presentata fin nel minimo particolare. Trovare il proprio pretender ideale è fondamentale, così come determinare le tipologie di magie a sua disposizione, che influenzano anche le benedizioni – novità di questo quinto capitolo – dei bonus da sfruttare in battaglia. Il concetto più importante, da cui deriva il titolo stesso del gioco, rimane quello di dominio, vale a dire il proprio credo, da espandere nei territori confinanti, mezzo (quasi) indispensabile per annettere più regioni tramite conquista: un duello in una provincia al di fuori del proprio “dominio” è infatti molto più rischioso e può venire perso nonostante il favorevole rapporto numerico fra gli eserciti impegnati. Il dominio di una fazione è anche caratterizzato da altre statistiche, come la produttività, il rapporto caldo/freddo o il tasso di crescita. L’unione e la relazione tra questi fattori ha poi delle ricadute sull’output delle risorse, delle entrate e della popolazione che ciascuna provincia garantisce. A loro volta, questi elementi determinano la tipologia e la quantità di truppe che possono essere reclutate, così come l’approvvigionamento necessario per non incappare in una gravosa carestia. Se ancora non fosse abbastanza chiaro, Dominions 5 non è una semplice catena dove ad A corrisponde sempre e comunque B, ma è piuttosto una intricata ragnatela in cui i nodi di mischiano e si contorcono, dove c’è sempre un filo che li collega e li tiene uniti, che però non è così facile da trovare. Questo è proprio il bello di Dominions 5

Altri elementi tattici

Dominions 5 non lascia nulla al caso e la mappa, nella sua semplicità visiva, nasconde non poche chiavi di lettura tattiche: i territori possono essere rinforzati tramite strutture difensive, alcuni nascondono luoghi unici o da scoprire inviando un proprio generale alla ricerca di siti magici, altri garantiscono maggiori entrate economiche o più risorse, indispensabili per reclutare truppe più efficaci, e non mancano fiumi o grotte, da usare come barriere naturali contro le invasioni nemiche. Come se non bastasse, Dominions 5 possiede anche alcune meccaniche prese in prestito dai giochi di ruolo, e così abbondano armi, armature o elmi da craftare, sfruttando le tante tipologie di pietre magiche. Sì, perché per non farsi mancare nulla, anche la magia gioca un ruolo cruciale: ce ne sono davvero un’infinità, attive o passive, da usare in battaglia o utili per evocare dei poderosi golem, con cui difendere i propri possedimenti. Il materiale è talmente copioso che ogni partita in Dominions 5 è completamente differente dalla precedente e, nonostante siano strutturate come dei duelli sandbox, non mancano eventi imprevisti – volendo possono essere disattivati, ma non capirei il perché – capaci di aggiungere un pizzico di imprevedibilità, come un eroe che bussa proprio alla vostra porta o la solita e inaspettata carestia. Infine, come nel quarto capitolo, per vincere una partita è necessario conquistare delle particolari regioni, in cui sono insediati i troni dell’ascensione, ma nulla vieta di porre delle condizioni più generiche, come una vittoria legata alla semplice occupazione dei territori. 

Fermo nel passato

Nonostante qualche modifica alla loro struttura, i combattimenti seguono le stesse linee guida tipiche della serie e avvengono in automatico fra un turno e il successivo. Ciò non significa che i duelli non abbiano alcuna pianificazione: per ogni esercito è infatti possibile imbastire un complesso canovaccio offensivo e difensivo, magari disponendo ai lati la cavalleria, dando ad essa l’ordine di attaccare i nemici schierati nelle retrovie, mentre gli arcieri bersagliano gli avversari da lontano, difesi dalle acuminate lance dei fanti, a loro volta supportati e rafforzati dalle magie della propria guida divina. Purtroppo non è così facile capire l’esattezza delle proprie scelte e occorre sempre scrutare fra le tantissime icone gli eventuali vantaggi di un attacco o le resistenza difensive del proprio esercito. Anche durante le battaglie, Dominions 5 non fa nulla per venire incontro al giocatore, ma la sensazione di trovarsi davanti ad un gioco per lunghi tratti ermetico pervade ogni singola partita. I passi avanti fatti dall’interfaccia sono piuttosto esigui, non è accattivante né moderna, ma per correttezza occorre aggiungere che, dopo qualche passaggio a vuoto, non è impossibile venire a capo di tutti i menù e sottomenù. Graficamente, Dominions 5 appartiene al passato, ma non quello mitologico in cui è ambientato, ma solo quello fatto di sprite in bassa definizione e con pochissime animazioni. Infine, la colonna sonora è certamente ispirata e trasuda un nonsoché di leggendario, ma è composta veramente da pochissime tracce e viene presto a noia. Se cercate un titolo bello da vedere, avete sbagliato posto.  

– Tantissime fazioni differenti

– Mai una partita uguale alla precedente

– Profondo, complesso e appagante

– Può dare dipendenza

– UI ancora macchinosa

– Graficamente povero

– Non fa nulla per venire incontro al giocatore

8.5

I fan della serie troveranno in Dominions 5 la giusta evoluzione per una saga che non ha bisogno di grandi stravolgimenti, ma che vive di piccoli ritocchi, di qualche novità e della sua solita sconfinata complessità. Ogni fazione si comporta in modo completamente differente, tutte le partite presentano delle differenze e degli enigmi mai uguali da risolvere, c’è la magia, c’è l’acciaio delle armi, ci sono le evocazioni, ci sono draghi, giganti del ghiaccio e qualsiasi altra creatura mitologica che vi possa venire in mente. Come se non bastasse, le mod aggiungono ulteriore carne al fuoco ad una struttura già di per sé enorme, che però corre il rischio di travolgere un giocatore non pronto ad affrontare ore e ore di allenamento. In quest’ottica, la grafica e l’UI non facilitano di certo la vita ai novizi, che potrebbero essere scoraggiati ancora prima di scoprire la vera bellezza di Dominions 5.

Voto Recensione di Dominions 5 - Warriors of the Fate - Recensione


8.5

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