Recensione

Devil Summoner: Soul Hackers

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Ci stiamo per lasciare alle spalle una generazione di console che ha portato un fenomeno di massificazione del medium, e con esso, inevitabilmente, un abbassamento del livello di difficoltà medio dei videogiochi, figlio della corsa forsennata all’accessibilità ad ogni costo.Eppure è indicativo il fatto che titoli come la serie Souls di Namco Bandai, il divertente Spelunky o il bastardissimo Super Meat Boy abbiano saputo conquistare schiere di appassionati anche grazie ad una curva di apprendimento che definire proibitiva sarebbe un eufemismo.In questo scenario, Atlus (a proposito, come avete reagito alla notizia della sua acquisizione da parte di Sega?) si è posta a metà del guado, rimanendo un rifugio sicuro per gli amanti dei giochi impegnativi ma, nel contempo, aprendosi, a modo suo, anche ai neofiti, come visto nel recente Etrian Odyssey IV.Oggi siamo qui a raccontarvi di uno dei prodotti della casa giapponese più malleabili e user-friendly della lunga dinastia di quelli che portano il pesante nome di Shin Megami Tensei: Devil Summoner: Soul Hackers, riproposto in esclusiva per Nintendo 3DS.

Il futuro del passato è il presente di oggiUscito ormai sedici anni fa per le console a 32 bit che combattevano all’ultimo sangue per il predominio del mercato (sappiamo tutti di quanto Playstation vinse, non c’è bisogno di rigirare il coltello nella piaga…), Soul Hackers rimase purtroppo confinato al suolo nipponico, limitandone fortemente l’appeal per gli occidentali e diventando presto un titolo di culto, nonostante molti fan delle produzioni Atlus lo ritengano, a tutt’oggi, uno degli episodi meno riusciti della serie.La trama ricalca lo stile eccentrico ed originale cui Atlus ha abituato i suoi fan, mescolando, come da tradizione, elementi tecnologici e sovrannaturali, legando a doppio filo il cyberspazio e gli inferi, disegnando una città, Amami City, credibile e moderna, in cui molti degli elementi che all’epoca dell’uscita erano futuristici, oggi sono in effetti realtà.Dalle entità virtuali all’hackeraggio, Soul Hackers non si fa scrupolo a trattare , pur senza mai approfondire eccessivamente, temi maturi e di grande attualità anche nel 2013, e a questi associa un manipolo di protagonisti simpatici e irriverenti, gli Spookies, nerd alla buona che si troveranno costretti dalle circostanze ad ergersi quali difensori dell’umanità, ignara della minaccia demoniaca che incombe su di essa.Pur lontani dalla caratterizzazione odierna, i personaggi acquistano carisma di ora in ora, e si muovono su una tavolozza narrativa che, dopo una partenza piuttosto lenta, non stenta a carburare e a regalare emozioni e relativi colpi di scena.Nulla che i fedelissimi non abbiano già visto, ma per tutti gli altri non può non giovare il cambio di ambientazione rispetto al fantasy classico in cui la stragrande maggioranza dei dungeon crawler odierni si muove.

Di demoni e battaglie casualiProprio alla succitata categoria, infatti, appartiene Soul Hackers, sebbene la forte componente narrativa sia inusuale per questo sottogenere di gioco di ruolo.Tolta una blanda fase esplorativa, condotta su una mappa statica figlia anche delle limitazioni hardware dell’epoca, il cuore del gioco è nei suoi dungeon e in un sistema di combattimento estremamente classico, ma nel contempo flessibile e profondo, capace di rendere un evento abbastanza sgradito come un incontro casuale una ulteriore possibilità di crescita e di divertimento.Il party è composto da un massimo di sei elementi, disposti su due file da tre, a comporre un’avanguardia e una retroguardia, con quest’ultima impossibilitata ad attaccare direttamente gli avversari ma anche molto meglio protetta dai loro attacchi: il corretto posizionamento delle unità richiede già da solo una minima pianificazione, tenendo anche presente che, al perire di un’unità dell’avanguardia, corrisponderà un avanzamento in prima linea della corrispondente retrovia, con lo spiacevole effetto di ritrovarsi un demone curatore esposto agli assalti nemici.Mentre l’equipaggiamento scala ad un ruolo secondario, se è vero che solo i protagonisti umani possono beneficiarne e i suoi effetti sui combattimenti risultano abbastanza marginali, la scelta dei demoni da impiegare, la loro fusione e la loro lealtà risultano invece elementi essenziali del gameplay, pena un Game Over prematuro, nonostante si parli del meno difficile tra gli Shin Megami Tensei degli anni ’90.I mostri possono essere reclutati scegliendo l’opzione “Talk” in combattimento, e districandosi poi nel fornire loro le risposte giuste, al momento giusto: oltre che dalla personalità del demone stesso, infatti, la buona riuscita dipenderà anche dalla fase lunare in cui il dialogo avverrà, oltre che dal momento della battaglia in cui si sceglie di provare a parlare con il demone. Va da sé che un demone indebolito e prossimo alla sconfitta verrà più facilmente a miti consigli, anche se un eccesso di confidenza potrebbe riservare al giocatore sgradite sorprese.Una volta arruolato, un demone diventa evocabile in qualsiasi momento, e può essere fuso con un suo “collega” per dare vita a demoni ancora più potenti, o con caratteristiche del tutto diverse da quelli impiegati durante il processo di fusione: pur non potendo decidere quali caratteristiche far ereditare al prodotto finale della fusione, il processo di fusione riveste in Soul Hackers una ancora maggiore importanza, visto che i demoni non possono salire di livello.Sarà quindi necessario arruolarne quanti più possibile e sbizzarrirsi nel fonderli per non ritrovarsi dinanzi ad uno dei numerosi boss del gioco con un party inadeguato.Interessante anche la dinamica dell’allineamento, che assegna ad ogni demone un preciso carattere: quelli calmi e gentili saranno meno inclini al combattimento fisico, preferendo magie di supporto e curative, mentre quelli selvaggi godranno della furia da battaglia e dell’odore del sangue.Forzare un demone contro le proprie tendenze comporterà un abbassamento drastico del livello di lealtà nei confronti del giocatore, che potrebbe tradursi nell’ammutinamento dello stesso, che si rifiuterà di eseguire gli ordini impartiti proprio nel bel mezzo della battaglia. Decisamente da evitare.Come si vede, la quantità di variabili in gioco è notevole, e la profondità del sistema di combattimento è, più di ogni altra cosa, l’aspetto di Soul Hackers che meno ha risentito del passaggio del tempo, e che ci consegna ancora un titolo divertente e sfaccettato, molto più attuale di tanti titoli usciti anche solo nell’ultimo triennio.

Non come il vinoDopo aver elogiato un gameplay granitico, dobbiamo mettere in guardia i naviganti da un comparto tecnico che già all’epoca dell’uscita non si distingueva per pulizia e impatto, quanto piuttosto per il ricercato monster design e la visione generale di un futuro distopico e ipertecnologico.Oggi, a distanza di più di tre lustri, il risultato non è propriamente attraente, ma va detto anche che dubitiamo che Atlus abbia mai ingrossato le fila dei suoi sostenitori puntando sull’appeal grafico; non si può tuttavia ignorare il fatto che i filmati in CG, immutati dall’epoca 16 bit, sono raccapriccianti, e che, di fatto, il gioco manchi completamente di un comparto animazioni, popolato com’è da schermate fisse e da sprite immobili.Discorso diverso per l’aspetto sonoro che, grazie ad un doppiaggio inglese sempre sul pezzo e a campionature audio rimasterizzate, riesce a mascherare bene gli anni sul groppone, offrendo una performance piacevole soprattutto in cuffia.Graditissima la possibilità di salvare ovunque, da installare nel proprio COMP a solo un paio d’ore dall’inizio dell’avventura e l’inserimento di demoni esclusivi ottenibili sfruttando l’opzione Street Pass di 3DS.Quanto alla durata generale, Soul Hackers supera di slancio la quarantina di ore, nonostante lo scarso numero di quest opzionali presenti.

– Gameplay puntuale come un orologio svizzero

– Arruolare e fondere demoni diventerà presto una droga

– Visionario nel design generale

– Narrativa matura e coinvolgente

– Privo di un comparto animazioni

– Interfaccia migliorabile

– Genere abbastanza di nicchia

8.0

Abbiamo accolto molto positivamente, all’annuncio di questo Soul Hackers, la possibilità di giocarlo finalmente in una lingua comprensibile, e la qualità del prodotto finale non ci ha affatto delusi.

Il cuore pulsante della produzione, e cioè il suo gameplay profondo e bilanciato, non solo non accusa il peso dei 16 anni intercorsi dall’uscita originaria, ma offre anzi spunti originali che ci piacerebbe vedere ripresi da altre produzioni simili, come il sistema di fusione e quello delle personalità demoniache: quelli tra voi che sanno passare sopra ad un aspetto tecnico rivedibile (pur nel suo indiscutibile fascino) e ad un’interfaccia non sempre intuitiva, si ritroveranno tra le mani una piccola perla cui per troppi anni è stato negato l’accesso a noi occidentali.

Voto Recensione di Devil Summoner: Soul Hackers - Recensione


8

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