Recensione

Devil May Cry 4: Special Edition

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a cura di Pregianza

Si fa davvero fatica a capire lo stato di Capcom ultimamente. Da una parte la leggendaria casa nipponica sembra viva e vegeta, e riesce ad essere al lavoro su titoli di grande importanza quali Street Fighter V e Monster Hunter X, dall’altra invece pare di fissare un vecchio moribondo e disperatamente attaccato alle luccicanti medaglie che ha vinto in guerra, tra remaster infiniti e la tendenza a recuperare in modi discutibili i grandi marchi del passato.
I remaster in questa generazione di console ormai siamo stanchi di vederli, lo abbiamo detto un milione di volte, anche perché se gran parte dei videogiochi disponibili sono vecchie glorie upscalate significa che nella gen c’è qualcosa di profondamente malato. Tuttavia hanno il loro senso, specie per dar modo ai giovani d’oggi di tuffarsi nel grande gaming di una volta (nonostante la retrocompatibilità stia magicamente tornando di moda, dopo gli ultimi annunci di Microsoft).
Cavalcando quest’onda che fatica a spegnersi, Capcom ha deciso di tastare il terreno per valutare quanto ancora sia florido per uno dei suoi marchi più acclamati, quel Devil May Cry a cui il reboot non è riuscito a ridare vita, e del quale ora i fan sembrano chiedere a gran voce un seguito diretto.
L’aratro scelto per coltivare il campo si chiama Devil May Cry 4: Special Edition, un ritorno in grande stile del quarto capitolo della saga di Dante, con numerose chicche aggiuntive per i fan.  Il quarto episodio non è quello ricordato con più ardore dagli appassionati, che di norma tirano fuori sempre il primo o il terzo quando si parla di classici. Difetti obiettivamente il gioco ne aveva, tuttavia va comunque annoverato tra gli action migliori in assoluto, per via di alcune caratteristiche che, in particolare in questa riedizione, sono tornate alla luce con la forza di mille soli. 
Basterà però una base solida a rendere imperdibile una riedizione contenente un solo titolo con grafica upscalata e ripulita? Let’s Rock!
Ferisce più il braccio della spada
I Devil May Cry non sono titoli ricordati per la loro trama,vengono  in alta considerazione dai fan grazie al carisma dei loro personaggi, alla spettacolarità del combat system, e all’elevato livello di sfida, pensato per portare il giocatore a spolpare le meccaniche fino al midollo. Il quarto capitolo non fa differenza, ma vanta almeno un punto di interesse legato alle origini del nuovo protagonista, Nero, un poderoso combattente dotato di un braccio demoniaco. Il nostro combatte per l’ordine dei cavalieri di Fortuna, cittadina dominata da un culto che venera nientepopodimeno che Sparda. Tutto prende una piega inaspettata, però, quando Dante, invece di esser contento per il fatto di avere un credo dedicato al suo papino, decide di irrompere nella cattedrale di Fortuna durante un sermone e di ammazzare il leader del culto con un colpo in testa. Da lì comincia una trama piuttosto stramba che vi vedrà al controllo sia di Nero che del buon vecchio protagonista della serie, in un tipico susseguirsi di missioni piene di nemici e boss spettacolari.
Va detto, il gioco è vecchiotto, ma è invecchiato male solo a metà. La sua debolezza, al momento dell’uscita, era una struttura delle missioni più gonfiata del solito, con enigmi non particolarmente brillanti, sezioni platform fastidiosissime e un bel po’ di backtracking. Tutto questo vi colpirà in faccia come un cazzottone già dopo qualche missione, ed è peraltro il motivo per cui il quarto capitolo non fu accolto dai redattori con capriole ed esultanze da stadio all’uscita (pur ricevendo meritate review positive). In questa riedizione non è stato fatto praticamente nulla per migliorare tali fasi, un vero peccato, perché dei ritocchi almeno ai salti che richiedono l’uso del braccio di Nero erano sacrosanti.
La maggior parte del lavoro Capcom l’ha fatta sul gameplay delle battaglie, che vede arrivare non uno ma ben tre nuovi personaggi utilizzabili. Cominciamo con i due principali, Dante e Nero. Il buon Dante si controlla in modo simile a quanto visto in Devil May Cry 3, con stili e un’infinità di mosse, ma nel quarto capitolo è Nero la vera star, proprio grazie al Devil Bringer, il braccio demoniaco di cui parlavamo prima. Il Devil Bringer è stata forse la principale ispirazione del nuovo DMC dei Ninja Theory, e non solo permette di eseguire prese poderose ma anche di avvicinare a se nemici a gran velocità, di allungare le combinazioni a dismisura e di spostarsi rapidamente in aria in presenza di boss (seppur la sua precisione contro boss enormi possa lasciare leggermente a desiderare). Non è certo tutto qui: Nero si differenzia da Dante anche grazie alla sua spada, la Red Queen, un tamarrissimo spadone con acceleratore da motocicletta al posto dell’elsa, che può caricarsi e offre una lunga serie di manovre potenzianti chiamate Exceed durante le combinazioni, tra cui addirittura la possibilità di caricare la lama tra un colpo e l’altro se si accelera con il giusto tempismo. 
Cacciatori di demoni
Nero è il perfetto esempio di personaggio pensato per chi ama davvero la serie: qui non si tratta di godersi la storia e le esagerate cutscene, la base dei Devil May Cry è lo stylish combat, la necessità di padroneggiare ogni manovra, potenziare lentamente il proprio alter ego e ottenere tutte le mosse necessarie per eseguire combo completamente fuori di testa, e chiudere le missioni con punteggi stile assurdi, che permettono di ottenere peraltro più anime, una nuova moneta per i potenziamenti introdotta in questo episodio. Non importa quanti anni passano, il combattimento in Devil May Cry 4 è sempre eccezionale, e in questa nuova edizione gode di aggiunte del calibro di Vergil, Trish e Lady. 
Se vi aspettate semplici reskin resterete piacevolmente sorpresi, poiché la principale attrattiva della Special Edition sono proprio i nuovi personaggi. Tutti hanno sistemi unici, con Vergil e Lady dotati di armi intercambiabili ma all’esatto opposto per velocità e approccio alle battaglie, e Trish con più di un trucchetto a disposizione. Detto questo, sono aggiunte che potevano essere sfruttate anche un pochino meglio, e vederle forzatamente inserite nella campagna principale spegne un po’ la loro efficacia. Specialmente Vergil aveva il potenziale di chiarire alcuni punti bui della trama e, vista la struttura non brillantissima delle missioni, avremmo davvero preferito utilizzarli in piccole mini campagne dedicate o in modalità alternative. Parlando di questo, ci sono anche il Legendary Dark Knight mode, un nuovo livello di difficoltà inserito per lasciare che i super esperti si sbizzarriscano in serie di colpi apocalittiche, grazie a nemici furiosi e in gran numero, e il Turbo mode, che velocizza parecchio l’azione ma rende il platforming ancora più irritante .
Sono tutte ottime novità, anche se le debolezze del prodotto restano.
Dal punto di vista tecnico poche lamentele invece. Il gioco è stato upscalato, le texture migliorate e la fluidità è assolutamente impeccabile, sui 60 fps fissi. Nessun miglioramento sensibile al motore grafico però, e poco è stato aggiunto al “compitino” al di fuori di un paio di cutscene extra dedicate ai nuovi personaggi e di qualche piccolo ritocco alle meccaniche di base e a i pattern dei boss (sempre per adattarli a Vergil e compagnia). In parole povere, non aspettatevi un titolo rinnovato esteticamente. Tra texture un po’ slavate e modelli non dettagliatissimi le rughe si vedono, ma almeno tutto gira a meraviglia. 

– Combat System sempre eccezionale

– Tre nuovi personaggi, con stili unici

– Nuove modalità gustose

– Nessun ritocco ai difetti più evidenti del gioco originale

– Lavoro tecnico marginale, seppur riuscito

– I nuovi personaggi non hanno campagne dedicate

7.5

L’approccio degli sviluppatori di Capcom a questa riedizione di Devil May Cry 4 è stato piuttosto strano, poiché invece di rimaneggiare il titolo per renderlo più appetibile alle nuove leve, lo hanno paradossalmente ritoccato pensando ai veterani della serie. Chi ama il marchio alla follia si esalterà davanti ai nuovi personaggi e alle nuove modalità, mentre gli altri si troveranno per le mani un action vecchiotto con un favoloso sistema di combattimento e una mediocre struttura della campagna. Insomma, un acquisto obbligato solo per chi ama il genere alla follia, ed è disposto a passar sopra ad alcuni vecchi difetti pur di esibirsi in coreografie incredibili durante i combattimenti.

Voto Recensione di Devil May Cry 4: Special Edition - Recensione


7.5

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