Recensione

Demon Gaze 2, labirinti per tutti i gusti

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Come molte delle produzioni orientali giunte su PlaystationVita in occidente, il primo Demon Gaze, che pure era un dungeon crawler di tutto rispetto, non ottenne l’attenzione che avrebbe meritato, più da parte del pubblico che della stampa specializzata, ad onor del vero.
A distanza di anni, i ragazzi di Experience Inc., nel frattempo specializzatisi nel genere di riferimento, intendono riprovarci, portando anche in Europa questo sequel, forti della buona accoglienza ricevuta sul suolo natio.
Stavolta, complice la non facile situazione in cui versa la piccola di casa Sony al di fuori del Giappone, il titolo giunge anche su PS4, versione da noi recensita.

Amnesia mon amour

Il comparto narrativo dell’ultima fatica targata Experience Inc. rappresenta una sintesi perfetta della qualità globale del prodotto, largamente superiore in alcune aree rispetto al predecessore ma sorprendentemente peggiorata in altre.
Laddove il titolo d’esordio offriva assai poco in termini narrativi, soprattutto durante la prima metà dell’avventura, schiudendosi solamente nelle battute finali, Demon Gaze 2 prova a costruire un frame all’interno del quale incastrare le azioni e le motivazioni del giocatore e di tutti i principali personaggi, dal villain, nonché regnante di Asteria, Sirius Magnastar, all’eroe afflitto da amnesia.
E sì, qui casca il proverbiale asino: adottando uno degli espedienti narrativi più logori ed abusati della storia videoludica (come di quella di altri media, per inciso), il team di sviluppo mette il giocatore nei panni di un Demon Gazer (ovvero un guerriero dotato dell’abilità di piegare i demoni al suo volere con il solo potere dello sguardo) che, però, del mondo che lo circonda e di se stesso sa anche meno di quanto non sappia chi ha giocato il primo episodio, che pure non è legato in maniera diretta a questo sequel.
Per quanto la cosa non gli piaccia, l’eroe che saremo chiamati ad impersonare, membro di una forza ribelle che intende liberare il regno di Asteria dal giogo di un monarca spietato ed egoista, scopre, man mano che le vicende si snodano dinanzi ai suoi occhi, di avere molto in comune con la sua nemesi, e decide, allora, di combatterla sul suo stesso campo, portando lo scontro ad un altro livello.
In questo schema si inseriscono, come schegge impazzite, un seguace di Magnastar che sembra intenzionato a tradirlo, donando il potere dei Demon Gazer al nostro, e una manciata di demoni, apparentemente di sesso femminile (ammesso che i demoni abbiano un sesso), che, una volta liberati dal controllo del sovrano di Asteria, si uniscono al protagonista per combatterne il potere.
Il passo avanti rispetto al prequel è evidente, tanto in termini di approfondimento psicologico dei personaggi quanto di impegno nello scrivere dei dialoghi degni di essere quantomeno letti, ma, nel contempo, il ricorso a topoi abusati e a pratiche di fan service tra l’inutile ed il becero non consentono al titolo di spiccare il volo come gli sviluppatori avrebbero voluto.
In ogni caso, come il recente Etrian Odyssey V insegna, trama e personaggi non rappresentano elementi cardinali nell’economia di un DRPG, quanto piuttosto lo sono il combat system, il loot ed il design di dungeon e nemici.

Gotta touch’em all!

L’ossatura ludica del titolo è rimasta, quantomeno all’apparenza, largamente immutata rispetto all’episodio del 2014, con tutto ciò che ne consegue in termini di profondità e di accessibilità dell’esperienza, ma, a fronte di tanti elementi immutati, Experience Inc. ha apportato modifiche consistenti ad elementi come la curva di difficoltà e il sistema di ricompense e di loot.
Ma andiamo con ordine: come per il primo episodio, Demon Gaze II è un dungeon crawler vecchia scuola, con visuale in prima persona, un numero assai limitato di animazioni ed un sistema di combattimento a turni, con fino a cinque personaggi contemporaneamente in campo, disposti su due file.
Le possibilità di personalizzazione sono immense, decisamente di più che nel già soddisfacente capitolo d’esordio, grazie alla duplice possibilità di arruolare nuovi demoni progredendo nel gioco (fino ad arrivare al punto di fonderli, in un processo che ci ha ricordato i vari Persona) e di equipaggiare decine e decine di armi ed equipaggiamenti unici, ricevuti come ricompensa alla fine di uno scontro o ottenuto da uno dei calici sparsi per i dungeon che andremo ad esplorare.
Due delle novità più lampanti rispetto al passato sono rappresentate dal sistema di ricompense e dalla possibilità di “demonizzare” il proprio party, portandone alle estreme conseguenze le capacità offensive per un breve periodo di tempo.
Il sistema di loot, all’apparenza immutato, si dimostra sin da subito assai più generoso, soprattutto in termini di oggetti meno rari, consentendo di equipaggiare dignitosamente il proprio party  dalle prime battute e, soprattutto, di mettere via un bel gruzzolo rivendendo tutto ciò che non serve: alla luce di questo cambiamento, le fasi di grinding divengono più scorrevoli ed agevoli, favorendo una progressione più lenta ma anche più ragionata rispetto al primo episodio, dove la penuria di risorse si scontrava con una difficoltà decisamente elevata già dopo poche ore di gioco.
Proprio il bilanciamento della difficoltà rappresenta un altro cambiamento consistente, che, però, non piacerà a tutti: probabilmente nell’ottica di allargare il potenziale bacino di utenza, Experience Inc. ha abbassato il livello medio di sfida non solo rispetto al prequel ma anche alla media degli altri suoi prodotti giunti in occidente negli ultimi anni, facendo di Demon Gaze II l’ideale punto di partenza per quanti, pur affascinati da questo sottogenere ruolistico, se ne sono sempre tenuti alla larga per non incappare in frequenti ragequit.
Da parte nostra, pur comprendendo la scelta a monte, siamo rimasti sorpresi di quanto l’avventura sia filata liscia per almeno una quindicina di ore, prima di incappare in un boss che, come ai vecchi tempi, ci ha fatto sputare sangue prima di capitolare.
L’altra novità summenzionata, l’opzione Demonize, è strettamente collegata al poc’anzi citato abbassamento della difficoltà: al riempimento di una barra dedicata, e fino al suo svuotamento, il giocatore potrà potenziare i demoni nel suo party in maniera consistente, utilizzando un “jolly” che consente di risolvere anche situazioni apparentemente disperate.
Uno strumento così potente nelle mani del giocatore sposta inevitabilmente gli equilibri in suo favore, sebbene anche così Demon Gaze 2 sia lontano dall’essere una passeggiata di salute, soprattutto durante l’ultimo terzo dell’avventura, di cui abbiamo visualizzato i titoli di coda in circa quarantasei ore.
A che serviva, allora, in un quadro edificante e complessivamente più riuscito di quello del predecessore, inserire una sezione dating sim, con tanto di minigioco pruriginoso tramite il quale sbloccare scene ulteriori e massimizzare il legame con i propri demoni?
Dal nostro punto di vista a nulla, eppure il team giapponese ha ritenuto di dedicare buona parte delle fasi tra i dungeon proprio a questa bizzarra tipologia di interazioni con i demoni (e qui si spiega il loro sesso e l’aspetto accattivante), dando vita ad un imbarazzante miscuglio tra un innocente minigioco tattile in stile Pokemon (che però su PS4 rende malissimo) e un malriuscito tentativo di approfondire il legame tra il protagonista ed i demoni schierati.

Playstation Vita TV

L’aspetto visivo del gioco è contrastante, diviso tra la buona direzione artistica e la cura nel design dei demoni e l’evidente inadeguatezza del comparto tecnico, preso di peso da Playstation Vita e trasposto su PS4 con pochissimi sforzi per ottimizzarne risoluzione ed interfaccia.
Su televisori dalla diagonale generosa, allora, si assiste ad un font troppo grande ed a box di dialogo fuori centro, così come ad un bestiario ben disegnato (a mano, peraltro) e ad un character design un po’ generico ma decisamente azzeccato, così come a dungeon talmente spogli e brutti da vedere che nemmeno nei primi giorni della scorsa generazione di console.
Fortunatamente, almeno per quanto concerne la colonna sonora e l’offerta ludica, si vive di molti meno bassi e di molti più alti: le musiche spaziano dal jazz al pop e, inaspettatamente, si sposano benissimo con l’azione a schermo, caricando di pathos i combattimenti più impegnativi e rilassando le battute durante le fasi di esplorazione e dialogiche.
Avremmo gradito l’inserimento della colonna sonora all’interno (anche solo in versione digitale) del pacchetto, tanta è la bontà del lavoro svolto.
Menzione finale per la presenza della traccia audio originale, che farà la gioia dei puristi, e per una longevità complessiva anche superiore (seppure non di molto) a quella, già notevole, dell’episodio uscito tre anni or sono.

Combat system solido

Meno spietato del prequel…

Colonna sonora in gran forma

Fan service abbondante e fuori luogo

…anche se questo non piacerà a tutti

Bruttino da vedere su PS4

7.0

Demon Gaze II è, nella somma delle sue parti, un prodotto migliore di quanto fosse il suo predecessore, che pure non ci era affatto dispiaciuto all’epoca della sua pubblicazione: il combat system si è arricchito di nuove opzioni tattiche, il sistema di ricompense ed il livello di difficoltà sono stati rimaneggiati e la longevità è ancora molto elevata.

Peccato, allora, che il team di sviluppo abbia incluso tutta una sezione dedicata ad un fan service becero ed abbastanza inutile ai fini ludici, e che su uno schermo dalla diagonale generosa tutti i difetti grafici del prodotto vengano evidenziati in maniera molto più lampante, sfigurando a confronto con la media delle produzioni PS4, anche indipendenti.

Se cercate un dungeon crawler in prima persona che badi al sodo, senza troppi lustrini grafici e con un livello di difficoltà più umano della media dei suoi congeneri, il prodotto Experience Inc. potrebbe comunque fare per voi.

Voto Recensione di Demon Gaze 2, labirinti per tutti i gusti - Recensione


7

Leggi altri articoli