Gli zombie hanno una qualità non indifferente in qualunque media: sono l’antagonista perfetto. Privi di intelligenza e umanità non portano chi li elimina a considerare la moralità delle sue azioni, in quanto prodotti da un virus o da eventi mistici incomprensibili garantiscono di sviluppare attorno a loro un background complesso di qualunque natura, ed essendo quasi totalmente privi di cervello possono facilmente venir inseriti in un titolo con l’intelligenza artificiale di una gallina molto aggressiva, senza provocare proteste dei giocatori.
Vista la loro utilità, i simpatici non morti barcollanti vengono usati come il prezzemolo nei videogiochi, cosa che ormai porta quasi a storcere il naso davanti a un nuovo annuncio di uno zombie game. Negli ultimi anni, però, un titolo spuntato dal nulla di nome Dead Island è riuscito a far parlare non poco di sé grazie a un trailer dannatamente ben fatto, e ha ottenuto un lodevole successo di pubblico e critica. Il lavoro di Techland non era tuttavia privo di difetti e non è riuscito a estasiare i videogiocatori nonostante le buone idee, quindi molti tra i suoi fan attendevano un’espansione capace di fargli fare quel balzo qualitativo che distingue un buon gioco da un capolavoro.
Detto fatto, gli sviluppatori si sono messi al lavoro su Dead Island: Riptide, un sequel diretto migliorato che riutilizza gran parte degli elementi del predecessore. L’abbiamo giocato, e oggi vi diremo la nostra.
Dalla padella alla brace
Riptide prende il via esattamente da dove avevamo lasciato il nostro gruppo di sfortunati eroi improvvisati, a bordo di un elicottero e in fuga dall’ormai infestata isola di Banoi. Atterrati su una portaerei militare, i protagonisti si ritrovano imprigionati per essere studiati, poiché immuni al virus. C’è solo un piccolo problema, seppur in grado di combattere l’infezione, i nostri sono pur sempre portatori sani e involontariamente la piaga si diffonde anche a bordo della nave, che invasa dagli zombie va ad arenarsi sull’isola vicina di Palanai. Lì il gruppo scopre che il virus si è diffuso molto più velocemente del previsto, e che il luogo ove si trovano e infestato ancor peggio di Banoi. Non una bella situazione, non c’è che dire.
Come facilmente intuibile, la trama non è esattamente una pietra miliare della narrativa videoludica, e risulta poco più che un espediente per far avanzare il giocatore nella campagna. Va però precisato che il lavoro fatto sulla storia è migliore rispetto a quello visto nel capitolo precedente, con un ritmo meglio calcolato delle main quest, una serie di comprimari e sopravvissuti direttamente invischiati nelle vicende, e persino qualche colpetto di scena qua e la. Probabilmente non vi incollerà alla sedia, ma è già qualcosa.
Il punto di forza di Dead Island: Riptide è il gameplay, che riprende praticamente nella loro totalità gli elementi del gioco originale, limandoli e perfezionandoli. In pratica ci si trova ancora una volta in un territorio molto esteso e quasi completamente esplorabile, escluse certe zone bloccate fino all’attivazione di missioni specifiche. Vagando tra le locazioni sicure è possibile parlare con i sopravvissuti di Palanai e farsi affidare delle quest secondarie che offrono esperienza aggiuntiva e equipaggiamento di buona qualità.
Non si tratta di un fps puro, ma di una sorta di action adventure in prima persona, dove le armi da fuoco sono secondarie per gran parte della campagna e gli strumenti di morte principali sono mazze e armi da taglio, che si basano su un sistema piuttosto peculiare. Se armati di un machete, una mazza da baseball o simili, il puntatore segue la traiettoria dell’arma solo parzialmente, rendendo difficile piazzare colpi alla testa (che fanno ovviamente più male) e ogni tipologia di strumento ha caratteristiche uniche con effetti variabili sui corpi dei non morti: le lame fanno in generale danni più elevati e possono tranciare gli arti dei nemici limitandone il raggio d’attacco o azzoppandoli, le mazze invece li sbattono spesso e volentieri a terra o allontanano temporaneamente i non morti più massicci. Ogni arma può venire inoltre lanciata, anche se quelle da taglio risultano per ovvie ragioni più indicate.
In corpo a corpo l’equipaggiamento infine si consuma dopo ogni mazzata, caratteristica che costringe saltuariamente a ripararlo su banchi da lavoro sparsi nella mappa, ed è necessario tenere d’occhio una barra della stamina per non rimanere bloccati dopo una serie di colpi.
Gli elementi gdr del gioco hanno una notevole importanza, poiché offrono non solo bonus passivi ma tecniche aggiuntive come la possibilità di eliminare un nemico a terra con un pestone, attaccare in carica o fare danni ad area con un lancio. A questo sviluppo del personaggio, scelto peraltro a inizio gioco tra i precedenti protagonisti e un nuovo compagno di nome John, va ad unirsi un sistema discretamente complesso di potenziamento delle armi, sempre tramite i banchi da lavoro citati poco sopra. Pimpare una mazza o un coltellaccio è facile, basta trovare dei progetti girovagando per Palanai, e utilizzare gli oggetti raccolti nelle varie zone per costruire dei modificatori che vanno a fondersi automaticamente con le armi che meglio li supportano. Con i giusti pezzi si possono creare asce velenose, mazze chiodate, pale infuocate e tutta una serie di altre chicche dotate di effetti elementali variabili.
Le bocche da fuoco non sono ad ogni modo escluse totalmente dall’equazione, anzi, in Riptide i miglioramenti in questo campo sono evidenti. Mentre in Dead Island pistole fucili e amici vari venivano trovati solo a fine avventura e risultavano poco efficaci, nel successore risultano utilizzabili già nella fase introduttiva a bordo della portaerei, e ritornano in campo a metà campagna. Il loro danno sui nemici è limitato, ma si moltiplica sostanzialmente quando si colpiscono gli avversari in testa, cosa che le rende molto più utili rispetto al passato.
Sono una serie di meccaniche ben calcolate e soddisfacenti, che rendono il sistema di combattimento di Riptide piuttosto gustoso. Le modifiche sono limitate, ma positive, e brillano ulteriormente quando si osserva la rinnovata varietà dei nemici su Palanai, maggiore rispetto al gioco base. Il virus responsabile dell’infezione è mutevole, quindi incontrerete bestioni corazzati ma lentissimi, corridori estremamente rapidi e fastidiosi, zombie normali, zombie tossici, qualche umano armato e persino non morti lancia granate dalla distanza. Non mancano neppure boss fight limitate discretamente impegnative, con la difficoltà che si mantiene passabile grazie ai danni elevati dei nemici e alle orde in mezzo alle quali ci si viene fin troppo spesso a trovare.
Elogiati i miglioramenti, è comunque il caso di passare ai lati negativi di Riptide, che mantiene più di una magagna. In primo luogo le quest, seppur meglio ripartite rispetto al passato, sono nel 90% dei casi delle semplici fetch quest ripetitive e possono facilmente venire a noia poiché si limitano a portare il giocatore in una zona indicata per poi fargli trovare l’oggetto richiesto. Sono state introdotte numerose quest di difesa, che vi vedranno impegnati a respingere un assalto di zombie barricati insieme agli altri sopravvissuti nel quartier generale del momento, ma si tratta pur sempre di combattimenti prolungati leggermente più difficili della media, quindi non ampliano più di tanto lo spettro della campagna. Per fortuna, come detto all’inizio, il ritmo delle main quest è furbo e porta a un crescendo di nemici sempre più pericolosi e armi in continua evoluzione che diverte e convince (specie se si giostrano le secondarie a dovere).
Abbastanza abusabile poi il loot system, che permette facilmente di ottenere cifre astronomiche in poco tempo e forse esagera col numero di oggetti trovati sui cadaveri dei nemici. Non avrete mai problemi di arsenale, questa è una certezza assoluta. Vorremmo anche capire come mai in un gioco ambientato su di un’isola tropicale i protagonisti non sappiano nuotare, ma immaginiamo sia una scelta di game design per limitare la mobilità in determinate mappe.
Il multiplayer è migliorato in Riptide, e ora una disconnessione del proprio partner viene semplicemente indicata da un messaggio, permettendo di continuare con calma le proprie avventure. Molto interessante un nuovo sistema che indica se un altro giocatore è nelle vicinanze, e permette di unirsi al volo alla sua partita. Il lavoro di Techland è più godibile in cooperativa, grazie a un intelligente ricalcolo dei livelli di difficoltà degli avversari che permette a giocatori di livello basso di unirsi a cacciatori di zombie già molto potenziati senza grossi sbalzi.
Insomma, valutando tutti i fattori, siamo davanti più a un update 1.5 (o forse addirittura 1.3) di Dead Island che a un vero seguito, ma almeno i vari elementi sono stati ritoccati con criterio.
Sono i fantasmi che attraversano le pareti, o gli zombie?
Il comparto tecnico è forse l’aspetto più deludente dell’opera Techland. Le ambientazioni convincono, il titolo è fluido e al massimo dettaglio si presenta piuttosto bene, ma i modelli tridimensionali di qualunque personaggio non principale lasciano molto a desiderare, così come di livello scarsino sono le loro animazioni e i doppiaggi in lingua originale. Non manca poi la solita vagonata di bug visivi, con interpolazioni poligonali continue e varie assurdità legate a ragdoll dei nemici impazzito e altre castronerie. Da questo punto di vista va però elogiata la fisica dei colpi, che impatta a dovere sulle parti del corpo degli zombie e funziona bene il più delle volte (tolte alcune collisioni abbastanza imprecise durante i combattimenti all’arma bianca).
Notevole l’estensione di Palanai, esplorabile facilmente con automobili e barche, anche se alcuni qte legati alla navigazione su fiume possono risultare discretamente fastidiosi e alle volte avremmo desiderato un numero maggiore di postazioni per lo spostamento rapido. Interessante, in chiusura, l’implementazione delle condizioni metereologiche variabili, con piogge torrenziali che partono all’improvviso e zone oscure che limitano la visibilità, costringendo all’uso della torcia. Anche qui abbiano notato qualche bug, ma sono imperfezioni minori che non hanno in alcun modo minato la nostra esperienza. Indegna, come prevedibile, l’intelligenza artificiale, le cui mancanze vengono aggirate a forza di ondate di zombie ebeti. Boss e avversari umani non offrono molto di più dei comuni cadaveri ambulanti quanto a neuroni virtuali, e almeno per questi nemici evoluti si poteva fare qualcosina in più.
Ottima la longevità, con una campagna principale estesa e una serie notevole di quest secondarie, per coloro che vorranno affrontarle incuranti della loro tediosa natura.
– Ritocchi fatti con criterio, che perfezionano il gameplay
– Campagna principale dal ritmo meglio calcolato
– Multiplayer migliorato e divertente, specie in compagnia di qualche amico
– Notevole varietà di armi e nemici
– Innovazioni limitate che mantengono la formula praticamente immutata
– Tante fetch quest, che possono venire facilmente a noia
– Comparto tecnico non superlativo e numerosi bug
– Loot system abusabile e fin troppo generoso
Dead Island: Riptide è più un Dead Island 1.5 che un seguito vero e proprio, che mette in tavola poche innovazioni sensibili alla formula originale. Tuttavia, i cambiamenti apportati sono ben calcolati e rendono la nuova opera di Techland più godibile rispetto al predecessore, anche in virtù di una campagna principale il cui ritmo riesce a salire verso la fase finale invece di appiattirsi. Se avete amato il primo gioco e ne volete di più, questo è un must have, se invece siete stanchi di zombie e affini, e desiderate qualcosa di realmente innovativo, guardate altrove.