Recensione

DarkMaus

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Ratto che nel putridume soffre e si contorce, il mondo corrotto di Hazath è pronto a risucchiarti al suo interno, sbranarti vivo e rigurgitarti. Fallirai e perirai, sarai dilaniato da belve feroci, impietose, avide del tuo sangue; e cadranno su di te le terribili maledizioni di una terra velenosa, putrescente e malata, mentre antiche trappole nascoste nell’ombra saranno per te casa, abitudine e agguato perenne. L’anima di un topo non ha valore, si mescola alla desolazione e si disperde nel grande nulla che tutto osserva con ostentata omertà. E allora muori, vagabondo solitario; ma fallo lottando, ribellandoti, umiliandoti. Non c’è salvezza per te. Non c’è mai stata per nessuno.
Praise the rat
Sarebbe bello poter considerare DarkMaus l’equivalente indie del primo Dark Souls
È mancato davvero poco perché l’ispirata opera di Daniel Wright lo diventasse: se i boss fossero stati curati maggiormente, se il progetto fosse stato più grande e se il lore fosse stato più espanso, si sarebbe trattato di una grandiosa sorpresa. Lo è comunque, sia ben chiaro, ma chi conosce a menadito ogni area dei titoli partoriti da From Software sarà molto probabilmente meno stupito di tutti gli altri, restando pur sempre interessato e affascinato da questo progetto che è, prima di tutto, il frutto dell’amore viscerale di un fan sfegatato. DarkMaus ha tutto ciò che serve per essere ricordato come un bellissimo “souls-like”, con tutti gli elementi che hanno decretato il successo della serie sapientemente miscelati e messi al posto giusto, un mondo cupo dove la morte diventa un abitudinario e involontario atto di ripetizione; un sistema di combattimento ben sviluppato, capace di dare le giuste soddisfazioni e punire puntualmente gli sprovveduti; diversi segreti da scoprire e una narrazione che striscia, suggerisce e non esplicita mai nulla. Eppure si ha la sensazione che manchi qualcosa, che con uno sforzo maggiore si sarebbe potuti arrivare a risultati ancora migliori.
Senza preamboli testuali o video, partirete dalla riva di una spiaggia, affrontando i primi assalti mentre un tutorial stringato vi mostra le basi del combattimento. Dopo di ciò, dovrete cavarvela da soli fino alla fine. Il ratto, solitario e in viaggio verso le terre minacciose di Hazath, attraverserà aree desertiche, labirinti intricati, una mefitica palude, un villaggio, un castello, e verrà anche a contatto con personaggi disperati e dalla dubbia moralità. È da questi brevi dialoghi che intuirete qualcosa in più, mentre tutto il resto – com’è giusto che sia in questo genere di giochi – va interpretato nella maniera corretta. 
A eccezione della visuale a volo d’uccello dinamica, e del protagonista che non è un essere vuoto né niente che si avvicini a un uomo, DarkMaus ha tutto ciò che vi aspettereste da un capitolo della serie Souls, al punto che potrei anche fermarmi qui e risolvere la questione dicendo che sapete già benissimo di cosa si tratta: l’inventario e la gestione del personaggio sono le medesime, al posto delle anime dovrete raccogliere il midollo delle creature uccise, se creperete lascerete tutto in un pozza fino al vostro ritorno o alla prossima morte, una densissima nebbia nera vi farà capire che oltre quel punto ci sarà un boss da affrontare, ci sono alabarde, katane, spade lunghe e spadoni a due mani, l’equipaggiamento ha un peso che può rallentarvi vistosamente, non si rotola ma ci sono le schivate e così via. Insomma: come dicevo, sapete già più o meno tutto. Ciononostante, vanno fatti alcuni appunti.
Topo in gabbia
La scelta della visuale dall’alto aiuta molto l’atmosfera, ma in alcuni frangenti – soprattutto verso la fine e contro i boss –  non permette di vedere in tempo da dove arrivano certi improvvisi attacchi nemici. Sebbene il sistema di combattimento sia vario e valido, con abilità che permettono di spezzare la difesa nemica, combinare un paio di attacchi consecutivi di diversa potenza, eseguire tremendi affondi, parare, scansarsi, lanciare magie e usare l’arco, va ammesso che non sempre c’è l’assoluta certezza di colpire la sagoma dell’avversario. L’auto-lock, nonostante faciliti questo compito, va talvolta in confusione nei momenti in cui si esegue un attacco con sprint, mandandovi inspiegabilmente a lato e costringendovi a sollevare lo scudo avendo una quantità di stamina risibile per difendervi. È un sistema di combattimento ben fatto, per carità, che mostra la sua profondità col progredire del vostro livello e con lo sviluppo delle abilità; tuttavia ci sono delle piccole sbavature che potrebbero infastidire i meno pazienti, ma tutto sommato sono piccolezze che possono essere sistemate con delle patch correttive. 
DarkMaus non è un gioco lungo: se siete bravi, andate sempre dritti al punto e vi dedicate al grinding necessario per l’avanzamento, dovreste cavarvela con una decina di ore; al contrario, se volete esplorare per bene le lande di Hazath e completare ogni cosa prima di passare al new game plus, altre cinque ore di gioco trascorreranno di certo. 
Oltre a essere invasi da alcuni NPC che vi vogliono uccidere per rubarvi i midolli accumulati, va segnalata l’interessante presenza di alcuni fantasmi alleati che vi affiancheranno quando resusciterete nei pressi dell’ultimo falò. Potrete lasciargli seguire le vostre tracce e combattere con voi, col passare del tempo sarete in grado di evocarne fino a un numero massimo di tre unità, e sceglierete anche l’arma che brandiranno, per avere così ulteriori opportunità strategiche. Nel momento in cui scrivo questa recensione non è ancora possibile equipaggiare gli oggetti curativi e usarli durante le battaglie: bisogna entrare nel menù rapidamente e guarirsi, rimanendo così in costante pericolo. Anche in questo caso, qualora l’autore lo volesse, potrebbe aggiungere questa possibilità in un secondo momento, ma capiamo bene perché potrebbe essere una scelta di game design definitiva.
Particolare è invece lo stile grafico, che predilige molto i chiaroscuri anche nella caratterizzazione di personaggi e nemici. Il sistema di illuminazione dinamico, invece, cala alla perfezione l’utente nell’atmosfera cupa del gioco, dove raramente vengono rappresentate delle zone in cui c’è un sole luminoso da lodare.

– Spietato

– Ottimo sistema di combattimento e gestione del personaggio

– Punisce chi gioca con sufficienza e gratifica i giocatori attenti

– Buona varietà nemica e di ambientazioni

– Alcuni attacchi con sprint sono imprecisi

– I boss non sono eccezionali, si poteva fare di più

8.0

DarkMaus è tutto ciò che vi serve per attendere l’uscita di Dark Souls 3. Sebbene sia un souls-like “in miniatura”, con cinque-sei ambientazioni circa, il titolo di Daniel Wright ricorda in tutto e per tutto la serie di From Software, con la variante della visuale dall’alto e un mondo oscuro dove al posto degli esseri vuoti e gli umani ci sono ratti e bestie maligne dai tratti animaleschi. Chi non può fare a meno dei giochi difficili, dove ogni mossa affrettata viene immediatamente punita, deve tenere in considerazione l’acquisto di questo gioco.

Voto Recensione di DarkMaus - Recensione


8

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