Sbucato dal nulla quando meno ce lo aspettavamo, dal profondo della lunga lista di titoli sottovalutati tra quelli del catalogo PlaystationPortable, Corpse Party giunge sulle console della famiglia 3DS, portando una ventata di novità consistente, nonostante gli anni sul groppone, per via della quasi totale assenza di titoli simili per le console portatili di casa Nintendo.
Titolo dall’animo profondamente giapponese, che affonda le sue radici narrative e di background nella cultura e nei miti del paese del Sol Levante, Corpse Party ha saputo giocare con le aspettative di giocatori che vi si cimentarono, stupendo e terrorizzando allo stesso tempo, tanto da scavarsi una piccola nicchia di appassionati.
Che il debutto su 3DS possa essere foriero di vendite migliori rispetto al passato?
Solo il tempo potrà dirlo, ma sulla qualità del prodotto, beh…su quella possiamo esprimerci.
Meglio il Monopoli o la bottiglia…
Di tutti i giochi idioti sulla faccia della terra, il gruppo di teenager protagonisti di Corpse Party sceglie il più pericoloso per salutare una delle loro compagne di classe, prossima al trasferimento in un’altra cittadina.
In genere, per una festa di addio, si preparano torte, si allestiscono festoni, si sceglie della buona musica e si fa magari un collage con le foto migliori della partente negli anni, ma i protagonisti decidono di riunirsi a scuola di notte, quando le aule sono deserte, e condividere vecchie storie a sfondo horror, per terrorizzarsi a vicenda.
I giapponesi hanno sempre avuto una certa fama da stramboidi, ma, a quanto pare, non c’è limite alle stranezze di cui sono capaci: a parte questo incipit che richiede uno sforzo supplementare a livello di sospensione dell’incredulità, il plot che sorregge Corpse Party, immutato dalla versione PSP, riesce a catturare il giocatore e a condurlo per mano per i bui meandri della Heavenly Host Elementary School, location da brividi dove il gruppo di amici rinviene dopo aver portato a termine un non meglio identificato rituale.
Il team di sviluppo, nonostante la giovane età di molti appassionati Nintendo, non ci è andato leggero né con i temi trattati né con le scene forti, puntando su un intreccio maturo e complesso che contempla un gran numero di finali negativi, ottenibili in molti modi diversi.
La scuola in cui i nostri si risvegliano, separati e confusi, è stata teatro di atti indicibili, tra assassini, rapimenti, misteriose sparizioni, tanto da parte del corpo docente, quanto da quella dei piccoli studenti.
Se, sulle prime, in preda al terrore per i rumori e la presenza di entità sovrannaturali, i protagonisti non cercano altro che una via di fuga, il rinvenimento di materiali cartacei e stralci di vecchi articoli pianta in loro il seme del dubbio, e al desiderio di scappare si affianca quello di far luce sui macabri eventi della Heavenly Host.
Nonostante molti tra film e telefilm, negli anni intercorsi dal suo debutto originario, abbiano esplorato territori affini, la storia dietro Corpse Party è invecchiata degnamente, e, in tandem con la malsana atmosfera che si respira per tutta la durata dell’avventura, sopperisce ad una generale mancanza di originalità con una progressione ben ritmata e dei personaggi capaci di generare empatia nel giocatore.
Tensione a fette
Corpse Party si configura come un bizzarro mix tra una visual novel ed un adventure game con visuale dall’alto, e, a prima vista, può essere facilmente scambiato con uno dei tanti JRPG che traggono ispirazione dall’epoca a 16 bit: in realtà, a parte la raccolta di oggetti e la presenza di una barra dei punti vita, le somiglianze con i giochi di ruolo sono nulle.
Niente scontri contro i nemici, niente equipaggiamento, niente crescita del personaggio: il focus è sempre sul comparto narrativo e sull’esplorazione delle sudicie aule della scuola maledetta, all’interno delle quali è possibile rinvenire oggetti fondamentali per l’avanzamento nell’avventura.
Le presenze malefiche che condividono questi spazi con il giocatore vanno assolutamente evitate, pena il game over, e, nonostante una discreta libertà esplorativa, ogni enigma ha solamente una soluzione, il che, esattamente come nella versione per PSP, significa che le possibilità di rimanere bloccati in un qualche punto sono molto alte.
A fronte di un gameplay che non risente del peso degli anni, infatti, proprio in questa pigrizia di fondo risiedono i problemi di questa versione per 3DS: il team di sviluppo aveva l’occasione di porre rimedio alle problematiche evidenziate dal titolo già cinque anni or sono e, nel contempo, confezionare un porting che sfruttasse le capacità peculiari di 3DS, come il doppio schermo e l’effetto tridimensionale.
Purtroppo, questo non è avvenuto: lo schermo tattile mostra il menu e i punti ferita rimasti, ma non viene sfruttato in alcun modo per risolvere i piccoli enigmi ambientali in cui ci si imbatterà e, cosa ancora più strana, il gioco rimane interamente in due dimensioni, con la parziale eccezione della sequenza iniziale e di altri sporadici passaggi: tenere lo slide del 3D acceso, quindi, equivale solo a consumare batteria.
La scelta appare ancora meno sensata se si pensa che, invece, l’audio del gioco è stato registrato daccapo, stavolta in tre dimensioni, e conferisce al prodotto un’atmosfera ancora più terrificante, soprattutto se fruito con un paio di auricolari.
Sono stati anche aggiunti un paio di capitoli inediti, che comunque aggiungono poco alla storia nel complesso e non approfondiscono quanto potrebbero le storie dei coprotagonisti.
In altre parole, quanto di buono c’era in Corpse Party su PSP torna immutato, come l’atmosfera, la trama di fondo e i finali multipli, ma nulla è stato fatto per limare i difetti del prodotto, anch’essi parte del pacchetto, come l’impossibilità di saltare sequenze già viste (che costringe a sorbirsele nuovamente ad ogni morte) e la scarsa interazione ambientale.
Anche i dialoghi non sono stati riscritti, per cui aspettatevi sequenze di grande impatto alternate ad altre in cui ci si dilunga molto più del necessario sul seno di una delle protagoniste o sulla necessità di un’altra di loro di fare pipì: ve lo avevamo detto che i giapponesi sanno essere strambi.
Old fashion
Per il versante visivo valgono le stesse considerazioni già esposte per le meccaniche base del gioco: più che aggiornare il comparto grafico sfruttando 3DS, gli sviluppatori hanno inteso preservare pigramente la cosmesi originale, smussando solo qualche angolo qua e là: il risultato, considerando che Corpse Party non brillava già nel 2011 su PlaystationPortable, è poco più che sufficiente, in aperto contrasto, come accennato, con l’eccellente lavoro svolto per l’audio.
Se il sound design era di alta qualità già sulla precedente console portatile di Sony, su 3DS le cose sono migliorate esponenzialmente, consentendo di immergersi completamente nelle aule maledette della Heavenly Host come mai prima, e di fare anche un paio di salti sulla sedia in caso giochiate al buio e con degli auricolari di qualità.
Alla decina di ore abbondanti necessarie per arrivare al “true ending” vanno aggiunte tutte quelle spese a finire in vicoli ciechi, con la morte di uno o più personaggi: nonostante la rigiocabilità sia limitata, l’offerta ludica si rivela adeguata al prezzo richiesto.
– Grande atmosfera
– Eccellente sound design
– Un gioco unico nel suo genere, soprattutto su console Nintendo
– Porting decisamente pigro
– Niente 3D per la maggior parte del tempo
– Qualche stramberia di troppo
Come molte riedizioni viste negli ultimi mesi, Corpse Party riesce ad essere, contemporaneamente, la migliore versione del gioco disponibile e un’occasione persa per rendere il porting davvero memorabile: l’unicità del titolo nell’attuale panorama videoludico, in particolare se si parla di console Nintendo, la grande atmosfera di gioco, la qualità dell’audio tridimensionale concorrono a rendere il titolo consigliato a quanti non l’avessero mai provato.
In assoluto, però, siamo dinanzi ad un porting pigro, che non sfrutta appieno le caratteristiche uniche di Nintendo 3DS (dallo schermo tattile alla tridimensionalità) e aggiunge poco ad un prodotto del 2011.
L’ago della bilancia, allora, risiede nella vostra attitudine rispetto ai titoli horror di matrice nipponica: se ne siete amanti, sulla macchina stereoscopica della grande N non troverete troppo di meglio.