Il mondo dei giochi di ruolo da tavolo e quello delle console non sempre sono andati a braccetto, sebbene la complessità e l’infinito numero di razze, regole, variabili e possibilità si prestasse bene ad una digitalizzazione.Raramente le versioni per console di giochi ispirati alla classica saga di Dungeons & Dragons hanno soddisfatto gli utenti, anche se le cose, parlando dell’altrettanto famoso universo di Warhammer, sono andate diversamente: la serie di Warhammer 40.000, e quella più recente di Dawn of War, hanno saputo offrire agli appassionati pane per i loro denti, vendendo milioni di copie, soprattutto in versione PC, e diventando un must buy per tutti coloro che seguono questo universo da oltre vent’anni ormai.Era infatti il 1986 quando Games Workshop, marchio di riferimento per i giocatori di ruolo in tutto il mondo, pubblicava per la prima volta il gioco da tavolo, correlato da voluminosi manuali, che spiegavano con minuzia tutte le azioni che era possibile compiere e le infinite possibilità ludiche offerte.Inutile dire che fu una rivoluzione senza precedenti, e che, a distanza di oltre due decenni, l’universo di Warhammer non cessa di attirare nuovi appassionati, e di far divertire quelli di vecchia data.Blood Bowl è uno dei brand “esterni”, cioè una sorta di spin off che riprende personaggi e razze dell’universo di Warhammer, li decontestualizza, e li inserisce in un’avventura tutta nuova, che in questo caso ha luogo su un campo di football.Ebbene sì: sebbene ci voglia un pizzico di fantasia per definire il gioco che andremo ad esaminare come un titolo sportivo, Blood Bowl può, in estrema sintesi, essere definito anche così.
Scommessa vincente o azzardo?I rischi di una simile produzione, peraltro pubblicata su una console dalle limitate potenzialità tecniche e che annovera nel suo catalogo alcuni tra i migliori strategici a turni disponibili sul mercato console come il Nintendo DS, sembrano non essere stati ben calcolati dai ragazzi di Cyanide Studio, già dietro altre più che buone produzioni a marchio Games Workshop.La storia dietro Blood Bowl è troppo semplicistica per rivaleggiare con quella dei concorrenti del genere strategico e troppo complessa per un “semplice” gioco di football americano, seppure arcade: diverse razze prese dall’universo medievaleggiante di Warhammer, tra cui orchi, elfi, nani, uomini-lucertola e uomini-ratto, si sfidano in partite all’ultimo sangue (letteralmente…), in cui le regole del football non sono che un pretesto, spesso bellamente ignorato, per darsele di santa ragione, senza fare sconti sulla quantità di sangue e di statistiche su schermo, nemmeno quando, come per il piccolo schermo inferiore della nostra fida console portatile, lo spazio è davvero ridotto.Probabilmente, dietro la scelta di Cyanide Studio, si cela il tentativo di abbracciare una fetta di utenza il più possibile vasta, che abbracci tanto gli appassionati del gioco da tavolo quanto quelli di football americano, ma i risultati, che pure non sono da buttare via, finiranno con lo scontentare entrambe le fazioni.All’accensione, ci troviamo davanti una schermata che ci illustra le modalità: si va dal classico match rapido, per buttarsi subito nella mischia, al campionato, vero cuore del gioco, e duole constatare come l’unica modalità multi giocatore sia quella wireless con più schede, in cui necessiteremo di amici con rispettive copie del gioco.Selezionandosi come host si pootranno accorciare i tempi di caricamento e ridurre il lag tra i vari schermi, ma rimane oggettivamente difficile trovare più console e più cartucce nella stessa stanza.Un peccato, perché, data l’eccessiva intransigenza dell’intelligenza artificiale, una sfida con un avversario umano, (con una sola copia del gioco) avrebbe di sicuro giovato al giudizio finale sul gioco.Sebbene non sia obbligatorio se si sceglie la modalità rapida, il consiglio è di dedicare la prima ora di gioco ( e non stiamo esagerando) alla modalità tutorial, che, sebbene faccia provare all’utente solo alcune situazioni di gioco reale, almeno prova a spiegare alcune fasi più complesse, abusando, per stessa natura del gioco, della nostra capacità di ascolto e memorizzazione, vista l’enorme mole di dati da immagazzinare.La versione portatile di Disgaea, per non citare Final Fantasy Tactics A2, proponevano dei tutorial in-game, nei quali venivano illustrate quasi tutte le azioni possibili nei primi scontri, peraltro tarati verso il basso come livello di difficoltà, mentre Blood Bowl, da hardcore game nudo e crudo, impone la lettura di corpose righe di testo, tradotte almeno in un buon italiano, pena non solo la sconfitta, ma addirittura l’impossibilità di comprendere perché sia arrivata.Questo, per un titolo portatile, al quale potenzialmente l’utente potrebbe non avere che 20-30 minuti per sessione da dedicare, non può che essere visto come un difetto.
Sangue e arenaScesi in campo per la prima volta, vediamo materializzarsi le magagne: non ci riferiamo al lato tecnico del gioco, che, abbandonate le velleità tridimensionali delle versioni next gen, offre una classica visuale isometrica bidimensionale che ben si sposa con l’azione, ma al fatto che, per chi non fosse un patito del board game, la mole di dati, numeri, variabili legate al continuo lancio di dadi è assolutamente ingestibile.Il gioco si prefigura in tutto e per tutto come uno strategico a turni, dove, schierata la nostra squadra secondo moduli predefiniti, e minimamente personalizzabili, dobbiamo impartire comandi e muovere le pedine su una chiacchiera virtuale, dal fondo verde di un campo da football: muoversi, effettuare un lancio, un placcaggio, un blocco, infierire su un avversario a terra o corrompere l’arbitro sono tutte opzioni possibili, e in questo senso il ventaglio di possibilità offerto dal gioco è ampio, e non deluderà i fan del gioco originale che però, a differenza della stragrande maggioranza dell’utenza DS, sono maggiormente avvezzi all’influenza del fato (sotto forma di dadi), che dopo pochi minuti di gioco prende inesorabilmente il sopravvento.Le caratteristiche di ogni singola unità (dai guaritori ai quarterback) sono sufficientemente differenziate, e aumenteranno di livello se queste sopravvivranno al massacro, ma chi ha apprezzato i migliori strategici disponibili per la piccola di casa Nintendo, troverà inaccettabile che sia il lancio di un dado, molto più delle singole caratteristiche dell’unità a determinare l’esito di ogni singola azione e quindi di tutta la partita .Una volta selezionata l’azione, infatti, il giocatore perderà ogni tipo di controllo su ciò che avviene in campo e capiterà, anche per qualche minuto, di assistere allo svolgimento del match da semplici spettatori, solo per un lancio di dado andato male.Facciamo un esempio: nel nostro turno, spostiamo un giocatore nell’area di placcaggio (composta dagli 8 quadrati che circondano ogni unità) di un avversario; questi tenta un placcaggio, lancia i dadi e riesce, interrompendo all’istante il nostro turno e facendo passare l’azione sull’altra sponda, dalla quale non tornerà nelle nostre mani fino al prossimo lancio di dadi avverso alla controparte.Questo comporta, in combutta con l’eccellente gestione degli scontri da parte della CPU, delle attese anche di qualche minuto tra un nostro turno ed un altro, senza la minima certezza che poi a questo segua un turno altrettanto lungo in cui fare le proprie scelte.Se questo riflette in parte le dinamiche del football, dove il possesso palla determina l’azione, è inadeguato per quelli che sono oggi gli standard dei giochi strategici sia a turni sia in tempo reale.E questo dispiace ancora di più perché i tocchi di classe non mancano: la possibilità di infierire su un avversario a terra è sadicamente ben accetta, il sistema di razze consente una squadra variegata e sempre rispondente ai gusti dell’utente e in generale, i (pochi) touchdown che siamo riusciti ad effettuare hanno generato in noi un feedback decisamente positivo, come aver realizzato un’impresa decisamente titanica.L’uso del touch screen è implementato senza infamia né lode, nel senso che ci consente di spostare i giocatori e scorrere tra gli spogli menù, ma nessuna modalità o azione particolare è stata pensata per sfruttare questa caratteristica peculiare della console, che riesce comunque a gestire senza imbarazzi gli oltre 20 sprite su schermo, assicurando almeno un’accettabile velocità di azione ai match.Decisamente troppo ripida invece la curva di apprendimento, che ci butta letteralmente nella mischia senza dotarci del paracadute: a meno di aver giocato per anni alla versione da tavolo di Blood Bowl, l’utente finirà col perdere, senza nemmeno troppa gloria, i match disputati durante le primissime ore di gioco, e questo per tre ragioni distinte: l’eccessivo peso che i programmatori hanno dato alla fortuna, l’alea, per dirla alla greca, la complessità del gioco, che si tramuta in profondità e diviene un pregio solo per coloro i quali avranno la pazienza di dedicare molte ore al titolo e soprattutto la (fin troppo) irreprensibile condotta di gara del team avversario, spietato nel punire ogni nostro errore e scandalosamente fortunato nel lancio dei dadi.
Comparto tecnicoIl lato cosmetico di un gioco strategico è sempre accessorio rispetto al cuore simulativo e al sistema di scontri e di crescita dei personaggi, ma se è vero che l’occhio vuole comunque la sua parte, Cyanide Studio, pur senza fare faville, ha offerto buona prova di sé con un hardware complesso e non troppo generoso come quello del DS.La scelta di abbandonare completamente ogni velleità tridimensionale si rivela vincente, perché libera la CPU da calcoli eccessivi e permette la visualizzazione di molti sprite contemporaneamente su schermo, requisito indispensabile per ogni titolo sportivo che si rispetti.Certo, le animazioni sono un po’ legnose, e il confronto con le altre versioni del gioco è abbastanza impietoso, ma dubitiamo che chi ha comprato il DS (o il recente, e più performante DSi) lo abbia fatto perché spinto dalle meraviglie tecniche di cui è capace.Nota di demerito invece alla palette di colori, che appare smorta anche sul brillante schermo inferiore, e al sonoro, praticamente assente non giustificato: i grugniti e versi animaleschi degli umanoidi abbattuti sul campo saranno praticamente l’unico effetto disponibile, peraltro nemmeno troppo convincente, e le musiche che accompagnano i menù (come già detto non troppo belli di loro) si rivelano anonime e dimenticabili.Detto dell’eccessivo livello di difficoltà, il discorso longevità è abbastanza relativo: chi sopravvivrà indenne alla mole di dati iniziale e non si curerà di perdere a ripetizione prima di avere qualche soddisfazione, allora avrà giocato al titolo un numero di ore sufficienti per valutarne la longevità come più che soddisfacente.Per agli altri, il gioco potrebbe durare lo spazio di un pomeriggio, il tempo di stufarsi di vedere le proprie unità massacrate senza scampo.Nel complesso siamo pressoché sicuri che gli appassionati del corrispettivo board game non esiteranno a comprarlo e a sviscerarlo, e per loro, abituati a tante variabili e all’onnipotenza dei dadi, il voto finale va sicuramente alzato di qualche punto.Dato però che l’utenza DS non è fatta solo di clienti della Games Workshop, non ci sentiamo nemmeno di consigliare l’acquisto di Blood Bowl a un pubblico più vasto che potrebbe non apprezzare scelte come la poca influenza delle classi sull’incontro e i lunghi tempi di attesa tra un turno e l’altro.
– Licenza tra le più amate
– Longevo…
– Tecnicamente accettabile
– …ma con troppi compromessi
– Eccessivamente di nicchia
– Livello di difficoltà elevato
6.3
Blood Bowl rimarrà probabilmente una mosca bianca nella ludoteca del Nintendo DS: nessun gioco fin qui pubblicato offre profondità pari a questo agli appassionati dei giochi da tavolo della Games Workshop, mole di dati e abuso dei dadi compresi.
Per chi non amasse il genere, o, ed è questa forse la pecca più grande del gioco, non lo conoscesse e provasse ad avvicinarvisi, potrebbe trovarsi in difficoltà per un gameplay che non si sposa bene alle dinamiche delle console portatili.