Recensione

Blazing Angels: Secret Missions of WWII

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a cura di Songoku

Un franchise sottovalutatoPoco più di un anno fa, compariva sugli scaffali, per l’allora neonata console Microsoft, un gioco che era destinato a passare un po’ sotto silenzio a causa dell’uscita contemporanea di altri titoli divenuti poi mostri sacri come G.R.A.W. e Oblivion. E questo si è rivelato un peccato, perché il primo Blazing Angels (sottotitolo “Squadron of World War II”) era un gioco di tutto rispetto, probabilmente non una pietra miliare ma certamente un prodotto più che degno, capace di regalare divertimento sia in singolo che (soprattutto) in multiplayer.Ora la 360 è una realtà consolidata, e Ubisoft ha pensato bene di far uscire un seguito, dal titolo “Blazing Angels: Secret Missions of WWII”, che scende in campo (o meglio decolla in aria) in un genere che continua a essere poco frequentato su console: quello della simulazione di volo.

Chi lascia la strada vecchia per la nuova…Al di là del successo non clamoroso, Ubisoft sapeva bene di aver prodotto un titolo valido. Diventa quindi comprensibile la scelta di non spostarsi troppo da quella impostazione, proponendo un seguito che ricalca molto le meccaniche di gioco viste nel capitolo precedente.Il sistema di controllo è preso pari pari dal titolo del 2006: con la levetta destra diamo gas, deceleriamo e ruotiamo la visuale sull’asse orizzontale (possiamo finire rapidamente a testa in giù, tanto per intenderci). La levetta sinistra consente invece di salire o scendere in picchiata, nonché di virare a destra o a sinistra. I grilletti posteriori servono per sparare (il destro) o per bloccare la visuale sul bersaglio (il sinistro), dandoci così la possibilità di tenere d’occhio l’obiettivo che di volta in volta decidiamo di puntare.L’impostazione è chiaramente arcade: malgrado esista anche una combinazione di tasti definita “simulazione” (che di fatto cambia la funzionalità delle levette), il gioco è fatto per un’azione immediata e per un’immersione rapida nell’avventura. Dopo pochi minuti sarete in grado di padroneggiare i movimenti del vostro mezzo, facendo evoluzioni spettacolari e tenendo sempre d’occhio i vostri nemici.Il gameplay, più in generale, è abbastanza vario anche se legato a determinati punti fissi, non ultimo il fatto che non si guidano altro che aerei. Detto questo, ci si accorge abbastanza presto che ci sono diverse sfumature di gioco, per cui possiamo di volta in volta essere chiamati a distruggere caccia nemici, scortare mezzi di terra, depositare compagni su treni in corsa, bombardare strutture al suolo, usare con intelligenza determinate armi o congegni sperimentali (un esempio su tutti: in una missione dobbiamo accecare i nemici con appositi riflettori posteriori, così da farli schiantare sulla banchisa ghiacciata).Le situazioni sono quindi discretamente varie, anche se non implicano enormi variazioni in quello che il giocatore è concretamente chiamato a fare: si tratta sempre di pilotare un aereo, anche se c’è una bella differenza tra volare in alto cercando di evitare le zone d’azione dei radar (con un approccio quasi stealth) e invece puntare in picchiata sulle navi della flotta italiana per sganciare con precisione il nostro arsenale di bombe.Ultima nota sul livello di difficoltà. Malgrado l’intelligenza artificiale dei nemici sia complessivamente soddisfacente, si nota qua e là qualche sbalzo, in un senso o nell’altro: alcune missioni sono molto facili (specie una volta capito un determinato meccanismo di attacco o difesa), mentre altre sono abbastanza frustranti (da lancio del pad contro il muro).

Armi, mezzi, potenziamenti, gregariSe la struttura di base è quella che abbiamo descritto, con un determinato numero di missioni da portare a termine, ci sono poi alcuni elementi studiati per aumentare la profondità del titolo, che purtroppo hanno un impatto solo parziale. Da una parte abbiamo i gregari: essi non sono altro che i nostri compagni di squadra, ognuno con una specifica capacità o predisposizione. Cow Boy è il pazzo scatenato che a un nostro ordine (impartito tramite la croce direzionale, esattamente come avveniva nel precedente capitolo) scatena l’inferno sui nemici; Milo è il meccanico, l’addetto alle riparazioni in volo, colui insomma che può far aumentare la nostra barra della salute quando siamo circondati dalle fiamme prodotte dai nostri stessi motori; Teach è l’opposto di Cow Boy, è cioè un pilota più abile nelle manovre difensive, che può stare al nostro fianco proteggendoci dai colpi nemici. Ognuno di questi gregari può essere attivato singolarmente, e tutti insieme possono riunirsi in formazioni difensive o essere lanciati all’attacco. Malgrado l’idea di base sia buona (e sia comunque mutuata dall’episodio scorso), la sua incidenza reale sulla partita è meno forte di quanto ci si aspetterebbe. Di fatto tutte le missioni (o quasi) possono essere concluse con questa o con quella formazione e strategia, senza troppi cambiamenti. La componente tattica risulta quindi poco più che un pretesto.Ragionamento simile si può fare per i potenziamenti: durante le missioni possono essere guadagnati dei punti prestigio, spendibili per l’acquisto di upgrade di diverso tipo. I punti possono incrementare se completiamo anche gli obiettivi bonus sparsi per l’area di gioco, oppure se eseguiamo specifiche acrobazie raccogliendo le apposite icone. Ad un primo sguardo c’è una buona varietà di scelta: agendo su elementi come la corazza del motore, il meccanismo di sparo delle armi, il loro propellente, la struttura dell’aereo ecc, possiamo dar vita a effetti diversi: si spazia dall’incrementare la velocità e/o il danno dei proiettili, per arrivare alla resistenza strutturale del nostro mezzo. Tutte queste modifiche hanno certamente il loro peso. Il problema è che esso si nota poco o niente, per cui nella percezione dello spettatore (che è ciò che più conta) i cambiamenti sono generalmente poco avvertibili.È invece abbastanza soddisfacente la varietà delle armi, che vanno dalle mitragliatrici ai cannoni, passando per bombe e siluri marini. La discreta varietà delle situazioni, sopra descritta, facilita l’uso di armi diverse, mentre non sembra invogliare più di tanto un’accurata scelta dell’aereo. In totale ci sono 20 mezzi, ma si finisce col scegliere sempre quello suggerito dal gioco, perché di fatto il migliore o il più efficacemente attrezzato per un certo tipo di missione.Di poco conto sono invece le modifiche visive degli aerei: possiamo teoricamente personalizzare la carlinga applicando adesivi e simili, ma difficilmente vi verrà voglia di perderci il sonno.

Sforzi narrativiUn altro fronte dove il gioco riesce solo parzialmente è quello narrativo. Si percepisce il tentativo di creare una storia coerente, che non sia un semplice agglomerato di missioni fini a sè stesse. Questo lodevole sforzo è però in buona parte frustrato dal fatto che alla fine quello che davvero conta è l’azione sul campo, per cui non ci si sofferma più di tanto sui dialoghi o sui risvolti della storia (in questo la pessima gestione dei sottotitoli, di cui parlo più avanti, non aiuta di certo). Un peccato in effetti, perché l’idea di base (quella di un gruppo speciale incaricato di sabotare segretamente i piani dell’Asse per impedire l’utilizzo di una nuova super-arma) non è male.

Da soli è bello, di più meglioCome già nel capitolo precedente, il multiplayer è ben implementato, e aumenta la longevità di un titolo che altrimenti sarebbe difficilmente rigiocabile. Le modalità offerte sono le consuete, dal classico Deathmatch (singolo o a squadre) al cattura la bandiera. Il tutto fino a sedici giocatori. L’azione in multi è sempre gradevole e frenetica, e l’imprevedibilità del comportamento umano rende la sfida molto appagante. Senza con questo voler denigrare l’IA dei piloti controllati dal computer, che come detto è generalmente ben fatta.

Nel blu dipinto di bluAnalizziamo il comparto tecnico. Come già il suo predecessore (e faccio notare come sto usando questa frase un po’ troppo spesso, e non so quanto sia un bene per il gioco) “Blazing Angels: Secret Missions of WWII” è frutto di un lavoro accurato, capace di regalare un’esperienza visiva di tutto rispetto. Gli scenari sono molto ampi, il design dei mezzi è convincente, gli effetti di luce e atmosferici sono pregevoli (virare coi raggi del sole a illuminare la pancia dell’aereo è sempre un piacere). Anche il numero di elementi a schermo è davvero elevato, e ci si ritrova molto spesso a volare in mezzo a decine di velivoli e paracadutisti, mentre pallottole e razzi sfrecciano ovunque sopra intere città ricostruite edificio per edificio.Interessante la seconda visuale, che ci porta all’interno dell’abitacolo: scegliere questo punto di vista aumenta l’immersione e il realismo, ma anche la difficoltà, perché l’aggancio visivo del nemico diventa di fatto inservibile (e più in generale vediamo una porzione di cielo molto più ridotta).Certo, non tutto è perfetto: la qualità di alcune texture è discutibile, così come il livello di dettaglio di edifici e vegetazione. Nel caso specifico, si è deciso di prediligere la vastità dell’ambiente e il numero di elementi più che il livello qualitativo di ognuno di essi: una scelta tutto sommato accettabile. Il frame rate è generalmente costante, anche se qualche rallentamento qua e là si nota (niente di clamoroso in verità). Sulla carlinga degli aerei si registra a volte un po’ di aliasing, ma anche qui niente di particolarmente disturbante.A livello visivo non ho apprezzato la gestione dei sottotitoli italiani. Il problema principale è che c’è troppo testo in caratteri troppo piccoli. Bisogna correre per stare dietro ai dialoghi. Ma in realtà questa difficoltà è accentuata dal fatto che le scritte sono sempre piazzate in posizioni infelici, ad esempio bianco su bianco, oppure sovrapposte ad altre scritte in inglese, presenti nel filmato (per far parlare i personaggi negli intermezzi vengono usati non solo il doppiaggio, ma anche i fumetti, in maniera vagamente simile a quanto si vedeva in “Max Payne”). Il risultato è che spesso i sottotitoli sono illeggibili. Più che dignitoso l’audio: il doppiaggio inglese è buono, ma sono soprattutto le musiche e gli effetti sonori a essere piacevoli. Il combattimento diventa molto coinvolgente quando a una valanga di nemici ed effetti visivi si aggiungono motori rombanti, fischi di pallottole e inquietanti rumori di carlinghe colpite. La colonna sonora è poi giustamente epica, e riprende i modi e i temi dei film di guerra del passato, per una ulteriore immedesimazione.

– Buon comparto tecnico

– Gameplay solido

– Multiplayer ben strutturato

– Molto simile al predecessore

– Trama poco coinvolgente

– Cattiva gestione dei sottotitoli

7.2

Blazing Angels: Secret Missions of WWII si è rivelato un gioco complessivamente ben riuscito, forte di un gameplay piuttosto semplice ma anche discretamente appagante e vario. Anche il comparto tecnico è più che soddisfacente, con scenari ampi e ricolmi di elementi a schermo ed una colonna sonora immersiva e cinematografica. Purtroppo sorgono anche alcuni difetti, come un cattivo utilizzo dei sottotitoli, una storia solo abbozzata e non molto accattivante, un utilizzo solo marginale di potenziamenti e tattiche di squadra, e in generale la mancanza di quel qualcosa in più che faccia gridare al capolavoro. Soprattutto, nel caso specifico, si sente troppo la somiglianza col predecessore, con poche variazioni di rilievo (alcuni miglioramenti grafici, più aerei) che possono rendere superfluo l’acquisto a chi possiede già il gioco precedente. Senza il “fratello maggiore” probabilmente questo titolo si sarebbe potuto mettere maggiormente in luce.

Blazing Angels: Secret Missions of WWII rimane comunque consigliato a chi volesse cimentarsi con un genere poco sfruttato su console, in un’atmosfera arcade certamente divertente e coinvolgente.

Voto Recensione di Blazing Angels: Secret Missions of WWII - Recensione


7.2

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