Black Mirror, Recensione e classifica degli episodi della quarta stagione
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a cura di
YP
La quarta stagione di Black Mirror è arrivata su Netflix ormai da diversi giorni e, dopo avervi raccontato le nostre impressioni sul primo episodio, eccoci qui con la recensione completa, arricchita dalla classifica dei nostri episodi preferiti, dal meno riuscito a quello più convincente. Le aspettative attorno al nuovo progetto di Charlie Brooker erano molto alte, figlie delle stagioni precedenti che, in alcuni casi, hanno regalato puntate davvero memorabili, che riguardiamo sempre con piacere. Immaginarsi però scenari sempre convincenti non è facile: sviluppare nuove idee ficcanti, angoscianti e riflessive -in pieno stile Black Mirror-, con il passare degli anni potrebbe iniziare a diventare una sfida molto difficile da superare. I primi, veri segnali di cedimento li abbiamo visti in questa stagione, che al netto di un paio di episodi quasi inattaccabili, fatica a ingranare la giusta marcia. Ecco quindi la nostra recensione, impaginata come una classifica che ripercorre ed analizza tutti gli episodi, ordinandoli in ordine crescente, arrivando poi alla conclusione finale.
Metalhead
Diretto da David Slade, Metalhead racconta la storia di una giovane donna intenta a fuggire da una sorta di piccolo robot-cane che vuole ucciderla a tutti i costi. La storia è ambientata in un mondo post apocalittico, dove l’umanità è stata messa in ginocchio da una non precisata catastrofe, e i pochi sopravvissuti devono vagare in cerca di beni di prima necessità. Il regista decide di mettere in scena la sua idea con una fotografia quasi asettica, veicolata da un bianco e nero che vuole trasmettere il senso d’impotenza, perdizione e disperazione della donna in fuga da questo spietato robot. Nonostante il plot sia accattivante e tutto l’episodio sia visivamente ispirato, la narrazione manca di mordente e contestualizzazione: se l’obbiettivo era quello di raccontarci disperazione, determinazione e -in qualche modo- follia, possiamo dire che il risultato sia in parte riuscito, e in parte no. Metalhead è a conti fatti il peggior episodio di questa stagione, figlio di un soggetto interessante ma di uno sviluppo senza mordente e troppo astratto per avere forza emotiva sullo spettatore.
Crocodile
In cabina di regia troviamo John Hillcoat, che decide di lanciarsi anch’esso sulla strada dei ricordi digitali, tanto cari a Black Mirror. Il passato di una giovane coppia tornerà a farsi vivo anni dopo che i due sono riusciti, apparentemente, a seppellire un terribile episodio che ha condizionato la loro vita, trascinandoli in un vortice di morte e frenesia dal quale sarà impossibile uscire. La prima parte della puntata è molto lenta, inutilmente verbosa e compassata, colpa di una sceneggiatura che vuole presentarci tutti gli elementi in modo chiaro, per poi guidarci all’interno di un’indagine che avrà conseguenze davvero terribili. Se da una parte troviamo quindi la debolezza della prima mezz’ora, dall’altra abbiamo un epilogo in crescendo e che vi lascerà senza parole, nonostante qualche forzatura narrativa. Crocodile nel complesso funziona, ma paga un inizio interessante ma pigro, e una messa in scena molto cheap.
Arkangel
Jodie Foster dirige un episodio dedicato alla mamme molto apprensive e spaventate dall’idea di perdere il controllo materno sul proprio figlio. Tutto parte da una giovane madre che smarrisce per qualche istante sua figlia al parco; le sensazioni scioccanti provate in quel momento la porteranno a installare nella mente della piccola il sistema sperimentale Arkangel, che le permetterà di sapere e vedere tutto quello che vive la figlia, in qualsiasi istante. Crescendo la cosa prende una piega eccessiva, sfociando infine nella tragedia. La puntata parte in modo ordinato, si sviluppa in modo ordinato e termina in modo ordinato. Manca il guizzo, il cambio di ritmo, ma non per questo è da condannare. Vuole raccontarci una breve storia, e nel farlo si dimentica forse di premere sull’acceleratore, accontonando magari per un attimo il controllo. Anche se non ci ha entusiasmato, gode di una precisione apprezzabile e per questo merita più di Crocodile che, per esempio, vive di alti e bassi ingiustificati.
USS Callister
Toby Hynes è il director del primo episodio di questa nuova stagione di Black Mirror che, forse, godrà anche di uno spin-off dedicato. Ad ogni modo USS Callister vuole immaginare cosa potrebbe succedere se una tecnologia potenzialmente incredibile come la realtà virtuale venisse messa nelle mani di uno squilibrato. Ne esce una puntata divertente, unica nel panorama di Black Mirror: scimmiotta Star Trek nella messa in scena, e ci regala anche momenti divertenti, perfettamente mischiati a quelli più drammatici. Peccato solo per un finale sottotono, che non riesce ad incidere quanto avrebbe dovuto, colpa di una scrittura che non riesce a valorizzare veramente quanto seminato lungo il percorso. Nonostante questo, si merita la medaglia di bronzo.
Hang the Dj
Tim Van Petten ci regala una perla di rara bellezza, portandoci in una società che regola i rapporti amorosi fra le coppie tramite un algoritmo che accoppia i diversi individui, lavorando sulla compatibilità data dai profili psicologici. La morale poggia tutto sulla forza e sul significato intrinseco dell’amore, che non può essere figlio di un algoritmo (o forse si). Insomma un paradosso che sul finale stupisce e forse emoziona (questo per i più teneri di voi); convince grazie a una sceneggiatura che cresce minuto dopo minuto, aiutata da una regia che rinuncia a inquadratura d’impatto ma preferisce piuttosto farci vivere tutta l’esperienza come se fossimo noi i protagonisti. I paragoni con San Jupinero si sprecano, ed è giusto cosi.
Black Museum
Colm McCarthy confeziona uno degli episodi migliori di tutto Black Mirror. Nish è una giovane ragazza che si ferma ad un’area di servizio per ricaricare la propria macchina tramite energie solare, quando il Black Museum nelle vicinanze la incuriosisce. L’attività è gestita da un certo Rolo Haynes, che dice di aver collezionato manufatti legati a terribili crimini passati. Black Museum è straordinario non tanto per il contenuto del racconto, quanto per il modo in cui tutte le vicende vengono srotolate e proposte allo spettatore. Tramite una serie d’inquietanti flashback ci viene raccontata la storia di tutti questi oggetti, finendo poi con il pezzo forte, posizionato dietro una tendina rossa all’interno della sala del museo. Ancora una volta Black Mirror ci disturba e c’inquieta, grazie alle tematiche che utilizza e, soprattutto, nel modo in cui decide di applicarle alla nostra società. Il dialogo fra Nish e Holo poi sarà un continuo crescere a livello di tensione, che raggiungerà il culmine sul finale. Memorabile la parabola infernale del dottor Peter Dawson, sostenuta da sequenze davvero terrificanti e disturbanti.
Due episodi magistrali
Nonostante gli evidenti difetti, tutte le puntate hanno qualche elemento da salvare e ricordare
Metalhead troppo debole e a tratti incomprensibile
Qualche episodio manca d’incisività sul finale
7.0
La quarta stagione di Black Mirror vive di alti e bassi, ma nel complesso funziona. Merito soprattutto dei tre episodi sul podio, e di una visione produttiva che continua a convincere, lasciando trasparire comunque margini di crescita e miglioramento. Ogni volta pensiamo che sia dura fare meglio delle volte precedenti, la quarta stagione ci riesce, almeno in un’occasione.
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