Di Beyond Eyes potrebbero essere scritte due recensioni completamente diverse: nella prima trovereste elogi alla sperimentazione e al coraggio di raccontare il dramma di una bambina cieca in un modo diverso da quello che è abituale per il medium, non dando peso al ruolo marginale e quasi passivo che il giocatore ha; nella seconda – ossia in quella che state leggendo – vengono presi in considerazione il valore del messaggio e come questo viene veicolato, assieme alla qualità dell’offerta su cui un utente dovrebbe sempre essere informato, soprattutto quando si parla di un prodotto sui generis che vorrebbe fare leva sulla capacità di emozionare e far riflettere, a discapito di tutto il resto.
“Ora che ho perso la vista, ci vedo di più”
Ecco, parliamoci in modo molto chiaro: titoli del genere hanno una responsabilità enorme, e più è grande l’ambizione di voler raccontare temi così delicati e di voler sensibilizzare gli utenti, più rumoroso è il tonfo in caso di fallimento. Beyond Eyes è un racconto in punta di piedi, che vorrebbe “spiegare” ai giocatori cosa significa vivere con un handicap così grave e invalidante. Il modo in cui tenta di ricreare quel tipo di disagio è originale, ma gli strumenti coi quali il titolo è stato realizzato sono del tutto inadeguati.
Rae è una ragazzina di dieci anni che dopo un non meglio precisato incidente perde la vista. Il filmato di apertura – montato con immagini statiche – mostra Rae che osserva i fuochi d’artificio, e subito dopo finisce in ospedale, cominciando di fatto una vita completamente nuova, senza luci, forme e colori. Note malinconiche accompagnano il suo primo pomeriggio di isolamento visivo, mentre rimane seduta sulla panchina appena fuori casa, con le gambe ciondoloni e un doloroso senso di solitudine che non la abbandonerà mai più. D’improvviso un gatto le si avvicina, dandole la speranza che un nuovo e inaspettato amico possa regalarle una nuova gioia; il felino però fugge via da qualche parte, e l’unico vostro scopo sarà quello di trovarlo tutte le volte che sparirà dai paraggi. Beyond Eyes minimizza dunque il potere comunicativo della narrazione, relegandolo a una visione infantile che certamente si adatta al personaggio, ma che svilisce il significato ultimo del messaggio. Mentre le stagioni si susseguono rapidamente, comunicando al giocatore che le giornate dell’esistenza di Rae si sviluppano in funzione dell’animale sfuggente, il gioco non cambia mai. Non evolve affatto; al contrario, si adagia su un paio di buone intuizioni che vengono proposte per le due-tre ore circa che servono per completare l’avventura e leggere la straziante dedica finale. Eppure prima di allora non c’è nulla che possa veramente toccare le giuste corde di chi cammina alla cieca con Rae, sia per incapacità nel riuscire a comunicare con forza un dramma terribile, sia per delle gravi mancanze del sistema di gioco.
Un minuscolo mondo da scoprire
In Beyond Eyes non esiste il tasto della corsa e si può solo camminare lentamente. È una scelta giusta, che ha molto senso e che si addice a un personaggio che non può in effetti permetterselo. La piccola area dove si svolge tutta l’avventura è invece uno spazio ignoto di un bianco abbacinante, che si rivela gradualmente al vostro passaggio. Eccola la caratteristica migliore di Beyond Eyes: il modo di far capire all’utente – grossomodo – cosa si possa provare ad avventurarsi verso zone che non si possono vedere, ma che diventano in qualche modo consistenti quando l’estraneità cede il passo alla familiarità. Gli ambienti si colorano man mano e vengono riportati in vita, mentre tutto il resto, poco più lontano, rimane nascosto da un impalpabile vuoto latteo. Il gracchiare di un cornacchia o il miagolio del gatto sono segnali sonori che lasciano interpretare a Rae la forma degli spazi, ma quando quei suoni smettono di esistere il bianco ritorna a prendere il sopravvento. Quando camminerete a lato delle staccionate noterete che la bambina poggia la sua mano sul legno, come a voler trovare un conforto e un sostegno morale che in qualche modo ha bisogno di sentire. Sono piccoli dettagli che dicono molto ma non abbastanza, perché la consistenza di Beyond Eyes si perde immediatamente senza lasciare alcuna traccia: quando capirete che oltre a camminare e a interagire sporadicamente con un paio di elementi dello scenario non c’è nient’altro da fare, l’immedesimazione diventa impossibile e proseguire nell’avventura si trasforma in un peso. Sembra quasi che l’incapacità di coinvolgere venga in qualche modo giustificata dall’handicap di Rae, come se non si potessero trovare altri modi validi per proporre una storia del genere. Beyond Eyes è insomma inconsistente, grezzo e poco raffinato, anche per quanto riguarda il comparto tecnico. La modellazione poligonale è approssimativa, le texture sono pessime e Unity si è rivelato inadatto al suo scopo. Appare discutibile anche la scelta di mostrare le zone nuove usando un’esplosione di colori, assai inadatta e completamente fuori luogo. È vero che Rae cerca di rievocare il mondo come lo conosceva prima dell’incidente, ma probabilmente sarebbe stato più indicato mantenere dei toni smorti, magari in una scala di grigi, anche per allinearsi ai muri di nebbia che Rae avverte quando si avventura nei pressi della strada, verso un mondo che non conosce più e che la confonde col suo bailamme di rumori. Beyond Eyes non è affatto una perla, ma è al contrario un tentativo sprecato di mettere in luce la quotidianità di chi vive un dramma assoluto come la cecità.
– Storia drammatica, diversa dal solito
– Concettualmente ha un paio di buone intuizioni
– Nobile intento di raccontare la disabilità
– Narrativamente inconsistente
– Meccaniche di gioco troppo deboli
– Tecnicamente acerbo
Beyond Eyes non fa quasi nulla per comunicare in modo deciso le sensazioni che si provano dopo aver subito una tragedia che cambia completamente la vita di un individuo. Narrativamente inconsistente e con meccaniche di gioco troppo deboli, che portano addirittura alla noia, il titolo di Tiger & Squid e Team 17 perde di fatto una gran bella occasione.