Quando pensiamo ai GdR la prima cosa che ci viene in mente sono le fumose serate trascorse in compagnia di amici intorno ad un tavolo costellato di schede dei personaggi, dadi, mappe e una vasta fornitura di cibo spazzatura. Trasponendo il discorso in campo videoludico, i titoli che anni or sono hanno traslato in maniera più “pura” l’esperienza cartacea su schermo sono capolavori come Baldur’s Gate, Icewind Dale o l’indimenticabile Planescape: Torment. Non erano giochi per tutti, e oggi lo sono ancora meno. I ragazzi di Balcony Team sono sicuramente dei nostalgici dei bei tempi andati, e con Balrum ci vogliono far tornare indietro di vent’anni, facendoci riscoprire quel sapore ormai quasi dimenticato dei vecchi giochi di ruolo.
Caro vecchio Fantasy
In Balrum, come nella migliore tradizione fantasy, vestiremo i panni di un giovane ragazzo, apparentemente un tizio qualunque, che tutti noi però sappiamo destinato a compiere epiche gesta ed infine incidere il proprio nome nella storia. Tutto ha inizio una notte: nel villaggio in cui viviamo scoppia un incendio, la dimora dei Pack va a fuoco e la nostra rimane parzialmente coinvolta nel rogo. Una volta domate le fiamme, però, gli abitanti si rendono conto che la famiglia Pack è svanita nel nulla, anche se nessuno sembra troppo smanioso di scoprire dove possano essere andati a finire. Il mattino seguente il nostro padre adottivo ci invia a recuperare dei materiali dal fabbro del villaggio, in modo da riparare i danni alla nostra abitazione. Questo semplice incarico darà inizio al nostro lungo viaggio, che ci condurrà in una terra densa di pericoli, segreti da svelare, tesori da recuperare e tante – ma veramente tante – altre attività. Dobbiamo ammetterlo, la narrativa di Balrum non raggiunge minimamente gli standard imposti dai titoli più blasonati, con una storia invece molto lineare e colpi di scena un po’ telefonati. Nessuno dei personaggi è indimenticabile ed ognuno ricopre il ruolo assegnato senza fare nulla per imprimersi indelebilmente nella nostra memoria. I dialoghi sono asciutti e scritti semplicemente. Tutto sommato forse è un bene, non fraintendeteci: una narrativa articolata è sempre apprezzata, ma questa avrebbe reso ancor più pesante un titolo che già così com’è impone una fruizione dai ritmi parecchio lenti.
Il gioco ha una struttura open world in cui è possibile andare dove si vuole sin dai primi minuti dell’avventura. Allontanarsi dalla sicurezza del villaggio senza un’adeguata preparazione risulta però essere sempre una scelta poco saggia. Balrum è spietato e ci insegnerà subito a seguire le regole, essere previdenti e soprattutto ben equipaggiati. Basta dimenticare una semplice torcia per ritrovarsi immersi nell’oscurità più completa della notte senza vedere ad un palmo dal naso. Il titolo è pregno di una forte componente survival, e si rivela necessario bere, mangiare e riposarsi regolarmente se si vuole evitare di incappare in pesanti malus. Lo spostamento del nostro personaggio nel mondo di gioco avviene in tempo reale, anche se non abbiamo apprezzato particolarmente il pathing, che ha dato qualche problema soprattutto durante la risoluzione di alcuni enigmi ambientali. I combattimenti invece sono a turni e funzionano meglio se ci si avvale della griglia tattica, attivabile a piacimento in qualsiasi situazione.
Chi di spada ferisce di piccone perisce
Se pensate che Balrum sia solo quest, dialoghi e combattimenti vi sbagliate di grosso. Questo titolo unisce alla struttura classica che siamo abituati a conoscere una marea di attività aggiuntive a cui non solo ci potremo, ma ci dovremo dedicare. In fase di creazione del personaggio si effettuano delle scelte in merito al background che influiscono numericamente sulle caratteristiche. Si sceglie quale dei tre stili di combattimento adottare (spadaccino, arciere o mago) e infine si selezionano alcune discipline in cui è possibile specializzarsi. Nel corso del gioco comunque, abbiamo modo di migliorare le nostre conoscenze nei vari campi ed apprendere nuove specializzazioni. La cosa migliore è chiaramente concentrarsi su attività sinergiche tra loro, ad esempio se si decide di voler diventare dei fabbri provetti sarà utile imparare il mestiere del minatore. Non passerà molto tempo prima di rendersi conto che i mestieri ricoprono una grande importanza all’interno del gioco, il quantitativo di materiali e ingredienti che si trovano sul nostro cammino ne sono un indice molto chiaro. Ad ogni modo all’inizio il denaro scarseggia e non c’è maniera migliore di procurarselo se non imparando a fare bene qualcosa e poi rivenderla. Il titolo ha un solido sistema di housing, a cui è possibile accedere presso il safeplace, il luogo in cui edificare la nostra dimora. Chiunque è in grado di costruire una casa modesta, ma chiaramente chi decide di dedicarsi con costanza alla carpenteria arriverà ad avere un maggior numero di opzioni in campo edilizio. Al nostro fianco sin dalle primissime fasi dell’avventura abbiamo Jax, il nostro fedele compagno a quattro zampe. Egli ha a disposizione un turno parallelo al nostro durante i combattimenti e possiede una serie di skill personali. Per coloro che vogliono sviluppare un’ulteriore empatia con il mondo animale c’è la specializzazione nell’addestramento che consente di catturare e addomesticare creature selvagge sempre più potenti. Chi si sente invece più pacifista, e predilige dedicarsi ad attività meno violente, avrà un buon ventaglio di opzioni tra cui scegliere. L’alchimia, dato il quantitativo di erbe e ingredienti che si trovano in giro è una buona opzione. Coloro che invece preferiscono sporcarsi le mani con il duro lavoro possono darsi all’agricoltura o all’allevamento, magari abbinando una successiva crescita anche nel campo della cucina professionale. Insomma, Balrum ha un gameplay di indubbio spessore, che non si limita al mero combattimento/dialogo, ma impegna con una miriade di attività aggiuntive. Il sistema però, appunto perché così ricco di possibilità, rischia di diventare opprimente, costringendo il giocatore a dedicare parecchio tempo alle mansioni extra e lasciando da parte il progresso delle missioni. Se sia un bene o un male è una questione di gusto personale; di certo, se deciderete di approcciarvi a Balrum, preparatevi a dedicargli un bel po’ di tempo.
Vecchio inside
Fin qui tutto bene, ma Balrum purtroppo, proprio perché così attaccato alla sue radici old school, è un gioco di difficile fruizione per il pubblico odierno. La prima cosa con cui ci si scontra è sicuramente l’aspetto estetico del titolo. Graficamente siamo ad un livello inferiore a quello di Diablo (il primo, quello vecchio vecchio), cosa che per un titolo che si propone come un omaggio ai vecchi capolavori ci può anche stare. Il vero problema risiede nella mancanza di personalità della produzione, i cui modelli scialbi e anonimi danno vita ad una piatta ambientazione pseudo dark fantasy di cui se ne sono già viste a milioni. Anche l’interfaccia dei menu sembra voler essere datata a tutti i costi, privandoci di alcune intelligenti comodità come il tasto per il confronto automatico degli oggetti equipaggiati. Il diario è un’altro di quegli strumenti che sono rimasti come quelli di un tempo: con descrizioni delle quest stringate e poco esaustive. Scordatevi pure gli indicatori degli obiettivi sulla mappa, anzi, sarete voi a doverli mettere con l’apposita funzione, e vi assicuriamo che la userete parecchio! Se la vostra missione è quella di uccidere un troll molesto, al massimo vi viene detto che il suo covo si trova a nord-est, sta poi a voi setacciare l’ipotetica zona per scovarlo, e spesso è un’operazione che si rivela lunga e infruttuosa. Il nostro alter ego si muove lentamente e le sue necessità fisiologiche rappresentano, almeno all’inizio dell’avventura, un deterrente alle lunghe sortite nelle terre selvagge. Una necessità che si è presentata, e che ci ha fatto scendere una lacrimuccia di nostalgia, è stata quella di armarsi di taccuino per annotare velocemente qualche informazione particolare (ovviamente i dialoghi non si possono rileggere) o degli indizi relativi ad alcuni enigmi. Dalla carta allo schermo e poi di nuovo alla carta, c’è un che di poetico in tutto questo. Tornando al gioco anche la mappa ci mette del suo per renderci la vita difficile, instillandoci alcuni dubbi sulla disposizione dei punti cardinali e rifiutandosi categoricamente di essere ridimensionata o impostata in versione trasparente. Quando i ragazzi del Balcony Team hanno pensato a Balrum avevano insomma la chiara intenzione di rivolgersi ad un pubblico di nerd tanto attempati quanto nostalgici. La missione è riuscita sicuramente, con tutti i pregi e i difetti che che ne conseguono. Un’opera dall’indubbio spessore che però risulta pesante da approcciare e difficile da digerire per chi è abituato ai ritmi frenetici dei giochi moderni. Al netto di ciò abbiamo una longevità elevatissima, che tra quest principale e le molteplici attività aggiuntive vi impegnerà per un monte ore difficile da quantificare. Concludiamo dicendo che l’intera produzione è disponibile solo in lingua inglese, ma i testi non sono di difficile comprensione.
– Saprà fare felici i nostalgici…
– Tantissima roba da fare
– Longevità stellare
– …ma per tutti gli altri c’è da piangere
– Struttura di gioco lenta e pesante
– Artisticamente anonimo
– Alcune soluzioni old school ad oggi risultano fastidiose
Balrum si cimenta in un’operazione nostalgia e la porta a termine con successo, nel bene e nel male. Il titolo dispone di una una struttura ramificata, che riempie il giocatore di attività che vanno ben oltre il solito: accetta la quest, combatti, consegna. Il comparto grafico estremamente datato e l’anonimato della direzione artistica, vanno a braccetto con alcune soluzioni di gameplay che, seppur facenti parte della vecchia concezione dei giochi di ruolo, ad oggi risultano pesanti da digerire. Se siete dei nostalgici e avete molto tempo da investire vi consigliamo l’acquisto senza troppi indugi, se invece siete abituati ai ritmi frenetici imposti dalle recenti produzioni fareste meglio a tenervi alla larga.