AstroBoy: Omega Factor
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a cura di Okami
A poca distanza dall’uscita della versione GBA di Astroboy (curata da Treasure – un nome, una garanzia) Sega pubblica un gioco anche su PS2, questa volta a firma Sonic Team.Visto il risultato ottenuto dal team responsabile di Radiant Silvergun, Bangaioh e Ikaruga e il fatto che della versione PS2 si stesse occupando il Sonic Team (Sonic, Nights, Sonic Adventure, Chu Chu Rocket), il titolo pareva davvero destinato ad un futuro radioso. Ma il Sonic Team delude i propri sostenitori con un prodotto di qualità scadente sia in termini assoluti che in relazione all’omonimo titolo su GBA.
La stroriaAstroboy è un robot creato dal Dott.Tenma, uno scienziato disperato per la morte del figlio, del quale ripropone le fattezze. Per buona misura il buon dottore dota il suo pupillo cibernetico di un paio di abilità “extra”, cioè la capacità di volare e di utilizzare un braccio come arma da fuoco (ovviamente con munizioni diverse reperibili durante il gioco). Grazie ai superpoteri Astroboy si autoproclama difensore del bene pubblico e destina il proprio tempo alla protezione degli inermi cittadini di Metro City facendosi anche promotore della pacifica convivenza fra umani e robot.
PresentazioneIl gioco inizia indubbiamente bene, con una presentazione in FMV che riassume i punti salienti della vicenda (la creazione di Astroboy da parte di Tenma) utilizzando animazioni identiche al tratto originale di Tezuka. La qualità della presentazione è impeccabile, indubbiamente pensata per vendere il prodotto nei negozi: dopotutto un gioco con una presentazione così curata non può essere brutto… oppure no?
Ciak, motore, azione?Finita la presentazione (non skippabile) ci si ritrova catapultati in un action game 3D in terza persona. Con il Dualshock2 si controllano le evoluzioni di Astroboy a terra e nei cieli (il sistema di controllo non è male, ma resta perfezionabile). Fin dall’inizio del gioco si resta comunque vittime delle numerose sequenze di intermezzo (tutte realizzate utilizzando l’engine del gioco – eccetto ovviamente la sequenza introduttiva), inserite ogniqualvolta si renda necessario spiegare qualche avvenimento della trama. La spiegazione dei comandi viene invece data “di colpo” all’inizio del gioco e può produrre una notevole confusione nel giocatore, specialmente se confrontata con l’ottimo tutorial “progressivo” della versione GBA.
Story mode…La struttura del gioco è assolutamente lineare: bisogna seguire la sequenza di eventi stabilita dai creatori del gioco (a differenza, ad esempio, di Sonic Adventure, in cui ci si poteva allontanare dal “canovaccio” prefissato e scegliere di volta in volta quale livello affrontare) e già questo fato potrebbe risultare limitante. Un altro fatto inspiegabile è la struttura del gioco: a differenza dei giochi d’azione tradizionali, in cui l’eroe deve affrontare in ciascun livello una serie di nemici prima di poter arrivare al “boss di fine livello”, Astroboy affronta direttamente i boss saltando a piè pari (anche grazie ai razzi integrati negli stivali rossi) ogni traccia di livello. Restano comunque i soliti caricamenti (molto noiosi dato che le sequenze aggiungono ben poco alla trama). Apparentemente solo gli ultimi due boss sono preceduti da un livello, per quanto scarno. La struttura del livello poi è limitata ad un certo numero di stanze che si ripetono, dimostrando una notevole mancanza di immaginazione o una scarsa cura nella realizzazione del titolo.
Gioco “sporco”L’idea dei boss poteva comunque essere sfruttata con successo, se i mostri fossero stati disegnati con una certa immaginazione (e varietà). Ma ancora una volta si resta delusi dal piattume mostrato a livello estetico nonchè dalla facilità con cui i mostri possono essere affrontati (e battuti) in pochi tentativi. E’ un errore tipico dei giochi giapponesi: la possibilità di superare un livello (in questo caso più livelli) avvalendosi della stessa mossa. Chi non ricorda i gettoni buttati in Street Fighter 2 Champion Edition affrontantdo avversari umani che si limitavano ad utilizzare il calcio basso (e nient’altro). Lo stesso accade qui: l’attacco in rotazione è tutto quanto serve in realtà ad Astroboy per uscire vittorioso dagli scontri con i boss. Le varie abilità speciali acquisite possono essere utilizzate, ma quando si scopre il “bug” si perde anche quel poco di divertimento rimasto.Data l’assenza di livelli, è facile (e veloce) finire il gioco e il replay value è abbastanza basso: Metro City “nasconde” un certo numero di carte che il giocatore può raccogliere (come i simboli in Spiderman 2, con la differenza che il sistema di volo di Astroboy non si avvicina nemmeno alla sensazione regalata dal leggiadro uomo ragno). Quindi molto facilmente il giocatore rinuncerà alla possibilità di completare la raccolta delle 85 Player Cards per dedicarsi ad altro.
TecnicaL’aspetto tecnico del gioco appare tutto sommato positivo.La grafica è pulita (per quanto non particolarmente ricca o elaborata) ed è stato aggiunto un effetto che sfoca gli oggetti più lontani (non si tratta dell’infame fogging del Nintendo64). I colori sgargianti e la grafica semplice sembrano destinare il prodotto ad una fascia di giocatori di giovane età, opinione rafforzata dalla brevità complessiva del gioco e dall’impossibilità di skippare le scene animate (se per caso il bambino “pesta” sul joypad).Anche il sonoro è apprezzabile: sono stati utilizzati i doppiatori della serie originale, e i dialoghi sono stati scritti nel rispetto della stessa, in modo da allietare i fans del cartone animato.
– Doppiatori originali
– Introduzione animata pregevole
– Durata
– Eccessiva facilità
– Grafica troppo “povera”
– Sequenze non skippabili
5.5
Astroboy di Sega si rivela un gioco sconsigliato ai giocatori più smaliziati e a chi non sia un fan della serio originale. Gli “otaku” e il pubblico più giovane, invece, possono trovare nel titolo un discreto omaggio al creatore della serie, Osamu Tezuka, e un gioco non troppo impegnativo, adatto insomma a chi “entra” nel mondo dei videogiochi per la prima volta o quasi.
Voto Recensione di AstroBoy: Omega Factor - Recensione
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