Recensione

Astebreed

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a cura di Pregianza

Quando un titolo risulta nettamente più complicato o difficile della media, si usa definirlo “di nicchia”. È un collegamento naturale: d’altronde si tratta di videogiochi che non vengono sviluppati per tutti, ma solitamente per una piccola massa di utenti già esperta in uno specifico genere, o in grado di apprezzare dettagli che al giocatore meno esperto sfuggono o non importano minimamente. 
Ecco, tra i giochi di nicchia, i Danmaku sono probabilmente da infilare in un incavo ancor più profondo e oscuro, che pochissimi hanno il coraggio di esplorare. Noti dalle nostre parti come Bullet Hell, questi titoli sono sparatutto a scorrimento vecchio stile, resi unici da un livello di difficoltà spesso folle. Parliamo di videogame ove ogni schermata è letteralmente ricoperta di laser e proiettili, e per avanzare è obbligatorio memorizzare alla perfezione i pattern, capendo dove e come muovere la propria navicella. Nel 90% dei casi tanta bontà è accompagnata anche da una resistenza del proprio alter ego pari a zero, che non permette di fare alcun errore. 
Roba da invasati, direte voi, fatto sta che tali prodotti hanno il loro fascino, e vantano un’armonia matematica che dona soddisfazioni inarrivabili a chi ha la costanza necessaria a dominarli. Gli Edelweiss, sviluppatori indipendenti nipponici con già qualche titolo all’attivo, sono indubbiamente appassionati del genere e hanno deciso di prendere ispirazione da molte delle sue caratteristiche per creare uno shoot ‘em up di nome Astebreed. Il risultato? Un lavoro che fonde la velocità dell’azione dei Danmaku al gameplay variegato degli sparatutto nipponici da sala giochi vecchio stile. Noi l’abbiamo provato, e oggi vi diremo se i proiettili di Edelweiss hanno fatto tutti centro.
Robot e ragazzine. Tutto nella norma
La trama in Astebreed ha un’importanza secondaria. Gli sviluppatori hanno pure provato a mettere in piedi qualcosa di relativamente elaborato, ma hanno proprio sbagliato tipologia di gioco: Astebreed, in quanto shoot ‘em up, ha una durata abbastanza ridicola, e la sua campagna si conclude nel giro di un’ora o poco più. Questo rende praticamente impossibile esplorare a fondo il carattere dei protagonisti o affezionarsi a loro, e il fatto che la storia sia al livello di un manga shonen di bassissima lega non aiuta di certo. Fortunatamente qua è solo il gameplay a contare, e da questo punto di vista Astebreed non delude minimamente.
Vi ricordate Einhander? Se la risposta è no, non preoccupatevi, è un gioco vecchiotto. Astebreed però deve molto a quel titolo, perché come lui fonde cambi improvvisi di inquadratura e la possibilità di attaccare sia dalla distanza che in corpo a corpo. Il sistema di Astebreed comunque non è una scopiazzatura, risulta piuttosto unico e permette al giocatore di eseguire numerose manovre complesse, legate a due tipologie di sparo e a combinazioni con la spada.
A bordo di un poderoso robottone potrete sparare in linea retta o a cono, e tenere schiacciato il grilletto del fuoco per targettare automaticamente i nemici nelle vicinanze. Fatelo con lo sparo allargato e il lock-on sarà circolare, mentre con il fuoco diretto l’area del targeting diminuirà e dovrà essere direzionata, ma la velocità con cui i proiettili diverranno a ricerca crescerà sensibilmente. Considerando il numero dei nemici a schermo, questa funzione verrà usata molto più spesso del fuoco normale, che peraltro si depotenzia mentre i colpi energetici danneggiano i nemici targettati. Qui subentra la spada, importantissima sia a causa dei danni elevati che riesce a infliggere agli avversari che per la capacità di distruggere i proiettili. 
Ben presto vi ritroverete dunque a usare una combinazione di spada e attacchi a ricerca, navigando tra un mare di colpi energetici e laser. Non fatevi però ingannare dalla velocità estrema dell’azione e dal numero smodato di cose da evitare: come detto in precedenza, Astebreed prende solo qualche elemento dai Bullet Hell, e risulta molto più accessibile. Riesce a farlo in primo luogo grazie alla presenza sul robot di uno scudo rigenerante, che permette al giocatore di subire parecchi colpi prima di soccombere. La capacità di teletrasportarsi per brevi tratti inoltre facilita la schivata di laser di grosse dimensioni, e assicura di levarsi rapidamente dalle zone calde. Infine, dai Danmaku prende direttamente l’area vulnerabile, molto più piccola rispetto al modello del robot e pertanto indicata per muoversi con grazia tra i pericoli. 
L’importanza del punteggio
Con questo ad ogni modo non vogliamo dire che il gioco sia eccessivamente facile. In normal la campagna è fattibilissima, ma spesso e volentieri durante le tante boss fight verrete bersagliati da proiettili rossi che non possono venir distrutti, o troverete ammassi di nemici da eliminare rapidamente prima di finire circondati. Per gli amanti delle sfide, poi, c’è la difficoltà hard, ove lo scudo non si rigenera, i proiettili aumentano, e diventa ancora un obbligo memorizzare come e dove spostarsi. 
Insomma, nel caso il gioco dovesse prendervi, vi renderete subito conto di quanto brillanti siano stati gli Edelweiss a livello di game design. Un principiante può godersi senza problemi l’azione adrenalinica di Astebreed in normal o easy, e migliorare con il tempo, mentre un giocatore esperto si dedicherà anima e corpo alle leaderboards, tentando di ottenere punteggi impossibili e di completare il gioco alla massima difficoltà senza subire danni. Una formula furba che permette di divertirsi anche a coloro che non mangiano pane e laser a colazione, e non fa pesare più di tanto la durata scarsa della campagna (peculiarità dell’intero genere).
Astebreed non è però perfetto. Qualche debolezza c’è nel gameplay, dove l’uso della spada è fin troppo preponderante e lo sparo normale risulta fondamentale solo per la sua funzione di targeting. La possibilità di usare a raffica la mossa speciale respingendo proiettili con la lama, peraltro, facilita eccessivamente certe fasi, poiché l’uso base di questa abilità dona al mech qualche istante di invulnerabilità. C’è anche un picco finale nel livello di sfida, con un boss estremamente più impegnativo rispetto al resto dell’avventura, ma si tratta di una svista accettabile.
Tecnicamente, invece, poco di cui lamentarsi. Il gioco è graficamente semplice, ma ricco di stile ed effetti speciali. Un plauso va fatto anche alla regia, con cambi di visuale che spesso rendono ancor più spettacolari momenti già di per sé over the top. Peccato che la struttura della produzione non supporti in alcun modo la cooperativa. Avremmo apprezzato qualche modalità extra con telecamera fissa e un amico appresso. Sarà per la prossima volta. 

– Frenetico e spettacolare

– Riprende vari elementi dei Danmaku, ma è molto più accessibile

– Gameplay ben congegnato e vario

– Durata scarsa, tipica del genere

– Struttura che non supporta la cooperativa

– Qualche sbilanciamento a livello di meccaniche e difficoltà

8.0

Astebreed è uno shoot ’em up brillante, che riprende numerose caratteristiche dai Danmaku e le riutilizza in un sistema complesso e ben calcolato, dando vita a una formula adatta sia ai giocatori esperti che ai neofiti del genere. Dura davvero poco, e non supporta la cooperativa, ma se siete cresciuti tra i cabinati il titolo di Edelweiss saprà comunque catturarvi senza pietà.

Voto Recensione di Astebreed - Recensione


8

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