Non è facile descrivere il rapporto di un giocatore con gli Assassin’s Creed. È una relazione strana, fatta di alti e bassi, quasi come stare con una bella donna (o un bell’uomo, nel caso siate una delle nostre lettrici) brillante e capace di mantenere invariato il suo fascino nel tempo con il savoir faire e una cultura incredibile. Poi però si arriva all’atto pratico, e c’è sempre un concreto rischio di trovarsi di fronte a spasmi e situazioni abbastanza imbarazzanti che ci mettono davvero poco a far sparire la magia. Ora, perdonateci l’intro seriamente di cattivo gusto ma siamo convinti che il paragone sia abbastanza azzeccato, dopotutto abbiamo vestito i panni degli assassini svariate volte e ci siamo fatti un’idea ben precisa sulle loro avventure. Il marchio numero uno di Ubisoft porta con sé difetti tutt’altro che marginali trascinatisi per anni, e mancanze a cui quasi tutti sono sempre passati sopra in virtù delle ambientazioni magnifiche in cui i giochi della serie trasportano l’utente, della narrativa piuttosto appassionante e della qualità dei contenuti.
Di tempo tuttavia né è passato un po’ troppo, e adesso quelle problematiche appaiono evidenti quanto i difetti del partner in una coppia sposata da un’eternità. Forse è proprio per questo che Unity ci ha inizialmente catturato come non mai: era una ventata di freschezza, un titolo con le carte in regola per svecchiare il gameplay, rivoluzionare (pun intended) la struttura, e innalzare i capitoli della serie finalmente a livelli mai visti prima.
Immaginate la nostra delusione quando, volati in Francia per una lunga sessione review con queste aspettative, ci siamo trovati di fronte a un gioco capace di gettare al vento buona parte delle sue immense potenzialità. Unity non è un brutto lavoro, che la cosa sia cristallina, ma son troppe le teste cadute durante il suo sviluppo per poterlo premiare. Ed è meglio cominciare con l’analisi, perché le battutine e i rimandi al periodo storico han preso già una piega pessima se non l’aveste notato.
La ghigliottina
Unity parte da una base narrativa che dovrebbe essere una manna dal cielo per una casa come Ubisoft, la rivoluzione francese. Poche software house al mondo avrebbero potuto trattare meglio quel periodo storico e ancor meno coglierne l’essenza, tratteggiarne i protagonisti e sfruttarne gli eventi. Completata una prima fase non poco interessante, di cui evitiamo di spoilerarvi i dettagli, ci si rende invece conto che l’approccio alla trama stavolta è piuttosto… spento, e manca di ispirazione. Nei panni di Arno, e non dimenticatevi l’accento sulla o, affronterete una storia che rivede al centro le politiche interne di templari e assassini, e che rappresenta solo un piccolo passo avanti nelle tematiche che smuovono l’intera saga. La rivoluzione, a sua volta, non viene sfruttata a dovere, con pochi momenti in cui ci si sente partecipi degli smottamenti nell’ordine pubblico dovuti alle insurrezioni popolari, e personaggi storici inseriti nel gioco in tal numero da sembrare quasi messi lì a forza in molti casi. Lo stesso protagonista non aiuta più di tanto, rivelandosi un tiepido tentativo di rivaleggiare il buon Ezio, ma con una patologica mancanza di verve e intelligenza nella caratterizzazione. Non c’è molto da salvare quando il tuo personaggio principale fa sembrare uno come il marchese De Sade la voce della ragione in più occasioni, in fondo.
Nonostante la loro introduzione quasi forzata, comunque, sono proprio le tante figure storiche accompagnate da innumerevoli rimandi azzeccati a salvare il copione. Personaggi come Napoleone e l’appena citato De Sade aggiungono colore a un cast che fatica a brillare di luce propria, senza contare il fatto che Unity è uno dei pochi giochi realmente educativi in circolazione per chi è seriamente interessato alla storia. Certo, più che della reinterpretazione degli eventi è il caso di curarsi dei documenti sparsi per il gioco, delle descrizioni dei luoghi più belli e importanti di Parigi e delle brevi biografie di certe grandi personalità, ma vi assicuriamo che la massa di informazioni non manca per chi apprezza questo genere di cose.
Tanto fumogeno e poco arrosto
Il gameplay ad ogni modo, più che la storia, era l’elemento su cui erano tutti convinti che Ubisoft non avrebbe fallito. La casa ha raramente sbagliato nel campo del controllo qualità, e da tempo riesce a tirar fuori esperienze con meccaniche funzionali e gradualmente sempre più rifinite. Unity, dal canto suo, aveva cambiato con forza gli ingredienti, appoggiandosi a un rinnovato sistema stealth capace di dare tutto un’altro senso all’esperienza e implementato in modo da rendere buona parte della campagna un sandbox di sorta.
Ecco, che lo stealth sia un’aggiunta graditissima lo abbiamo già precisato in passato, solo che ci sono alcuni problemi di fondo non indifferenti che vengono fuori quando si cerca di sfruttarlo con costanza durante le missioni. Il primo, e più evidente, è l’intelligenza artificiale: Arno ora può muoversi silenziosamente, nascondersi in copertura dietro agli oggetti, e mantiene persino l’utile capacità di mimetizzarsi tra le folle, ma i suoi nemici non sembrano aver notato più di tanto la differenza. Gli avversari sono e rimangono piuttosto ebeti, come se i loro pattern e comportamenti fossero ancora quelli, quasi invariati, dei vecchi Assassin’s Creed. Non reagiscono praticamente al suono (anche se gli sparate una lama fantasma a un millimetro dal collo), hanno campi visivi abbastanza ridicoli, tempi di reazione lunghi e sono mostruosamente exploitabili se si capisce come muoversi e cosa sfruttare nelle varie mappe. Affrontarli resta discretamente divertente, anche in virtù di un rinnovamento generale nelle tipologie di quest e della spettacolarità dell’azione, ma è come se ad Ubisoft non avessero voluto agire con forza su certi fattori per evitare di aumentare in modo eccessivo il livello di sfida del gioco. La riteniamo una scelta comprensibile, per carità, ma non concepiamo come possa ritenersi sensato un tale sbilanciamento dei gadget a disposizione di Arno. Che si parli di lame a distanza, bombe stordenti o dei fumogeni, tutti gli oggetti del protagonista possono fare sfaceli. Avete problemi ad eliminare guardie corazzate o dalla parata facile? Un fumogeno e ve la filerete senza problemi, o potreste anche riuscire a ucciderle tutte prima che si riprendano dallo stordimento. Beccati tra la folla? Fumogeno. Ritenete il paesaggio troppo spento? Fumogeno. Affamati? Fumogeno. È la panacea di tutti i mali, un “I win button” devastante, che andava eliminato in toto o limitato con forza. Non utilizzatelo, diciamo sul serio, e la vostra esperienza migliorerà sensibilmente.
Per il resto dei cambiamenti ci sono stati, e con lo stealth è arrivata una visuale limitata delle guardie, che non dominano più i tetti e possono venir perse con un po’ di sana corsa acrobatica. Nei gruppi di avversari a metà gioco inoltre compaiono sempre nemici alquanto ostici e trovarsi circondati porta rapidamente alla morte se non si hanno ottimi riflessi. Con tali premesse avremmo seriamente adorato una sorta di difficoltà massima selezionabile, con gadget assenti e un’ia più responsiva, ma forse era chiedere troppo a una serie che ha sempre fatto dell’accessibilità la sua bandiera.
Free Running, Paid stopping
Con un’introduzione massiccia come uno stealth system era difficile aspettarsi altri grossi cambiamenti, eppure Ubisoft in Unity ha pensato bene di trasformare anche un altro pezzo di cuore del marchio, il tanto acclamato free running. La velocità di movimento degli assassini è l’anima di Assassin’s Creed, una sorta di super parkour che permette ai giocatori di girare per le stupende mappe di questi giochi senza troppi sbalzi, scalando ogni monumento, evitando gli ostacoli con la grazia di una pantera e lasciando di sasso gli antagonisti. Parigi ha però costretto gli sviluppatori a un rifacimento del sistema: la capitale francese è stata qui riproposta con un livello di dettaglio strabiliante, un numero smodato di edifici, zone nascoste e quartieri complessi che rappresenta un aumento non meglio definito di variabili durante la fluida navigazione delle strade. Se prima le possibilità di movimento durante una corsa sui tetti o una scalata erano quindi una manciata, ora sono triplicate, e la conseguenza diretta è stata un complicarsi del free running stesso, applicata con l’inserimento di due bottoni che, se premuti, portano gli spostamenti di Arno ad essere indirizzati verso il basso o verso l’alto. L’idea, sulla carta, è geniale. Certo, si diminuisce l’intuitività del sistema, ma almeno si assicura ai giocatori un controllo pressoché totale sui movimenti del loro alter ego, assicurando fughe rocambolesche anche in ambienti ricchissimi di ostacoli. Fatto sta che l’applicazione del nuovo sistema non è priva di intoppi, e l’eventualità che il proprio assassino si “incastri” da qualche parte è divenuta tristemente tutt’altro che rara. Il motivo è semplice in verità: Ubisoft ha chiaramente calcolato vari percorsi semi-automatici nella sua mappa, ma non può aver avuto il tempo materiale di gestire alla perfezione i movimenti di Arno su ogni singolo tetto e struttura, dunque ha forzato un po’ la mano sulla discesa veloce e fatto in modo che l’ascesa portasse il nostro a balzare sulle superfici rialzate più vicine. Se però ci si affida ai due tasti capita di bloccarsi di netto in certe zone, di scendere a velocità luce da una casa quando si voleva semplicemente saltare su un balcone poco sotto, o di finire in una zona non contemplata nella propria traiettoria mentale. La dimostrazione più lampante che il sistema non funziona al 100% sono le scalate, che alle volte appaiono rallentate come se il gioco non riuscisse a calcolare subito gli intenti del giocatore, e le maledettissime finestre, dove entrare può davvero essere un’impresa disperata nel mezzo di certe fughe.
Non è facile abituarsi a questo cambio di gestione insomma, e, anche se una volta presa la mano coi comandi si scatta tra le vie di Parigi con molta più naturalezza, c’è stato chiaramente un mezzo passo falso nell’implementazione del tutto. Rappresenta a nostro parere comunque un’evoluzione significativa del sistema, che se curata maggiormente potrebbe portare a grossi sviluppi in futuro e, quando funziona, sa risultare davvero gustosa anche con le sue imperfezioni in Unity.
Ready for the dance, macabre
Non si chiude peraltro qui il redesign strutturale degli Assassin’s Creed. Unity è infatti uno dei pochi titoli della serie ad avere degli elementi di personalizzazione estremamente diversificati e legati direttamente allo sviluppo del protagonista. In pratica, avanzando nel gioco, Arno guadagnerà punti abilità da spendere per imparare tecniche utili divise in sottoinsiemi, e ben tre tipi di valute diverse dedicate all’equipaggiamento. Il vil denaro sarà quella principale, ovviamente, dedicato all’acquisto di molteplici pezzi di vestiario e delle armi, ma vi saranno anche punti credo utilizzabili per acquistare colori extra e potenziare gli oggetti, e l’ormai immancabile (per quanto desolante sia la cosa) valuta per le microtransazioni, ottenibile di rado in game e pensata per velocizzare mostruosamente l’ottenimento di certi oggetti per chi ha poco tempo da perdere. La presenza di tale valuta è totalmente trascurabile, ci teniamo a precisarlo prima di vedere sommosse popolari in atto.
Torna in Unity anche una gestione un po’ più approfondita di una propria squadra di assassini e di una proprietà, con quest’ultima chiamata Café Theatre e la prima gestibile in verità tramite la app mobile dedicata al gioco. Il Café Theatre fa più scena che altro, visto che è restaurabile in tempo record e buona parte delle sue funzionalità sono attivabili direttamente dal menu della progressione, ma resta un utile fonte di guadagno e offre qualche quest interessante. Poco da criticare invece per la app mobile, che al di là di qualche singhiozzo nella sincronizzazione permette di aprire scrigni dedicati, gestire un team di alleati con uno sviluppo dedicato, ed è molto ben fatta.
Parlando di missioni, è il caso di passare proprio ai contenuti, che di Unity sono forse il fiore all’occhiello. Lasciateci dire che a tratti pare quasi che Ubisoft abbia voluto infilare tutto l’infilabile in questo capitolo della serie, con un numero di missioni secondarie, collezionabili e quant’altro così fitto da andare a coprire a volte l’enorme mappa di Parigi a forza di icone. Ci sono, oltre alle quest primarie, un gran numero di secondarie chiamate “Storie di Parigi”, di qualità altalenante ma in ogni caso quasi tutte piacevoli, curiose missioni investigative iniziate dal buon Vidocq che richiedono di raccogliere prove per incastrare uno tra più possibili killer, e gli enigmi di Nostradamus, che richiedono una conoscenza quasi enciclopedica della capitale francese per essere beccati in giro per la mappa. Con la nuova infrastruttura stealth, non bastasse, le uccisioni con obiettivo hanno cambiato faccia, trasformandosi come detto poco fa in missioni sandbox all’interno di grosse mappe esplorabili approcciabili in molti modi differenti.
Dobbiamo dire che, tra tutte le novità, ad attirarci meno sono state proprio le investigazioni, che perdono charme con una velocità sorprendente e divertono davvero in pochi casi. Di missione in missione verrete anche messi alla prova da alcune sfide interne, che renderanno il tutto più difficile chiedendovi di eliminare i nemici in un certo modo o di non farvi scoprire. Avremmo in verità apprezzato molti più compiti con quest’ultimo obbligo, ma è ad ogni modo una trovata discreta per aggiungere rigiocabilità alla campagna.
Tra la massa delle missioni si infilano anche i soliti collezionabili, con coccarde e cimeli sparsi per tutta Parigi. In parole povere, Unity dà l’impressione di voler riutilizzare i punti di forza dei primi capitoli, abbandonando i mari degli ultimi episodi e riconcentrando l’attenzione degli sviluppatori sulle ambientazioni cittadine e sulle quest classiche. Un bel cambio di registro.
Killperativa
Un altro aspetto di Unity ha incuriosito critici e fan al momento della presentazione, il multiplayer cooperativo. Scomparse le curiose ma poco allettanti modalità viste in precedenza, i giocatori possono finalmente invitare i loro amici nelle strade di Parigi e dedicarsi a missioni co-op o a “furti” fino a 4 giocatori. Il concetto di base è preso paro paro dall’ultimo Splinter Cell: con lo stealth dalla sua Ubisoft ha inserito nella campagna delle quest con guardie in sovrannumero, pensate per favorire la collaborazione tra gli assassini e la strategia. Funziona, per carità, e se si comunica con i propri compagni a dovere per completare il tutto nel modo più intelligente possibile la co-op sa essere estremamente godibile. Il problema sono le partite random, che possono tramutarsi in un mezzo inferno a causa degli sbilanciamenti dei gadget descritti poco fa. Se la sfortuna vi farà capitare in gruppo qualcuno desideroso solo di accumulare rapidamente crediti o di dimostrare la sua capacità di rompere il gioco, vi vedrete sfrecciare davanti un diavolo della Tasmania coperto di fumo, che ucciderà senza aiuti tutto ciò che è contenuto nella mappa. Quindi sì, gli errori compiuti sul bilanciamento dei gadget possono influenzare negativamente anche questo aspetto del titolo.
La personalizzazione del personaggio brilla in particolare in questi compiti, dove le modifiche fatte ad Arno permettono di rendere unico il proprio assassino. Non crediate però che le vostre caratteristiche possano assegnarvi un ruolo specifico nel team, è più una questione di stile visti i mutamenti marginali al gameplay.
Paris ma belle
Forse è il comparto tecnico l’elemento di Unity a impressionare di più. È il caso di precisarlo subito: non aspettatevi texture impeccabili, un frame rate stabile o modelli poligonali dettagliati a livelli inverosimili, non li troverete nelle versioni console di Assassin’s Creed Unity. Noi abbiamo testato il gioco su Xbox One, e ci ha impressionato principalmente per la mole poligonale che riesce a muovere e l’impressionante rappresentazione di Parigi. L’engine stavolta riesce a dar vita a centinaia di persone sullo sfondo, e la conseguenza diretta è una città molto più viva e zeppa di abitanti rispetto al passato. Ogni vostro passo sarà accompagnato dal popolo, con rivolte per le strade, gente che si fa semplicemente gli affari suoi, furtarelli e omicidi di cui occuparsi al volo, e conflitti tra guardie reali, rivoluzionari e briganti. Il trucco c’è, e si vede, poiché in certe zone con un gran numero di modelli si notano scatti marcati nella scalabilità del motore. Per reggere tutto questo ben di dio infatti il motore abbassa la qualità del motore grafico, e questi switch improvvisi tra un modello e un altro a volte si notano anche da vicino. Non è poi l’unico glitch visivo del gioco, purtroppo. Unity non è una colonna d’acciaio quando si parla di stabilità, e i bug non sono mancati durante la nostra esperienza. Nulla che fosse capace di bloccare la campagna, ma qualche quest secondaria ci ha dato problemi, il frame rate alle volte ha avuto cali sorprendenti e abbastanza ingiustificati, ed è evidente una certa mancanza di pulitura generale nelle piccole cose, come i suggerimenti che vanno spesso a coprire informazioni importanti legate alle quest.
Con il nuovo motore sottobraccio gli sviluppatori hanno voluto sbizzarrirsi, inventandosi delle anomalie temporali che trasportano Arno in altri periodi storici. Un modo come un altro per inserire nel proprio gioco chicche come la Tour Eiffel, e per stupire ulteriormente il giocatore con la bellezza di Parigi. Perché l’elemento intoccabile di Unity è proprio questo, Parigi, una città virtuale enorme, splendida, e che resta un piacere visitare per ore ed ore. Dal gioco traspare un enorme amore per la capitale francese, ed è impossibile non apprezzarla un po’ di più dopo averlo completato. La sua resa e la fedeltà di certi monumenti fanno impallidire qualunque cosa l’abbia preceduta.
– Parigi è meravigliosa ed enorme
– Contenutisticamente impressionante
– Introduce finalmente uno stealth system e uccisioni sandbox nella serie
– Nuovo sistema di Free Running più complesso
– la co-op diverte molto con amici
– Svariati glitch e cali di frame rate
– L’IA nemica rimane ebete e sminuisce il sistema stealth
– Grossi sbilanciamenti nei gadget
– Il complicarsi del free running porta Arno a bloccarsi a volte
Non infuriarsi di fronte alle potenzialità sprecate di Assassin’s Creed Unity è difficile. Siamo davanti a un titolo che, con un minimo di sale in zucca nel game design e qualche mese di rifinitura extra si sarebbe quasi di certo rivelato un capolavoro, oltre che un mostruoso passo avanti per la serie intera. Invece Ubisoft non ha avuto il coraggio di ritoccare alcuni degli elementi più problematici della sua saga numero uno, e la scelta è risultata in un titolo le cui meccaniche a volte vanno a cozzare tra loro, rovinando l’esperienza.
Ma allora perché svetta un voto così alto in cima all’articolo? Semplice, i valori produttivi di Unity restano impressionanti, e tra gli Assassin’s Creed si pone comunque al top in virtù dei suoi contenuti mostruosi, della meravigliosa città in cui è ambientato, e delle tante novità inserite nel gameplay. Non è un gioco noioso, né un titolo mediocre, semplicemente le sue fondamenta sono crepate da una fastidiosa muffa che va ripulita. Speriamo che il prossimo capitolo sia più coraggioso.