Gli Assassin’s Creed Chronicles sono un esperimento che da Ubisoft non ci aspettavamo. Difficile dire cosa abbia spinto la casa a creare ben tre titoli minori del marchio con meccaniche molto diverse da quelle tipiche della saga, ma probabilmente è stato un modo come un altro per tastare le acque, e valutare se attaccando un nome famoso a giochi dal costo di sviluppo limitato i guadagni sarebbero levitati.
Quale che sia la motivazione di fondo, l’esperimento può dirsi riuscito, sia per la qualità più che discreta dei primi due capitoli, che per la chiusura della trilogia con l’ultimo episodio: Russia. Forti di un’ambientazione più moderna, infatti, gli sviluppatori hanno infilato in questa conclusione tutto ciò che di buono era stato fatto coi predecessori, e persino qualche sorpresa inaspettata.
Coltello e fucile da cecchino
Il protagonista di Assassin’s Creed Chronicles: Russia, ben si sposa col grigiore dello sfondo di questa avventura. Nikolai Orelov è infatti un assassino demotivato e desideroso di fuggire dalla confraternita, per raggiungere altri lidi più tranquilli in compagnia della sua famiglia. Accetta dunque un’ultima missione riguardante un possibile frammento dell’eden, con in testa solo una gran voglia di recuperare il mistico artefatto nel minor tempo possibile. Ovviamente, le cose non vanno come previsto e il nostro si ritrova coinvolto in una congiura dei templari contro lo zar, e con l’unica figlia sopravvissuta, Anastasia, appresso.
A livello narrativo non c’è molto altro da dire, se non che questo capitolo riesce a risultare leggermente più interessante dei precedenti vista la velocità con cui la vicenda si sviluppa all’inizio. Le informazioni invece fioccano quando si passa al gameplay, perché come detto stavolta il team di sviluppo si è abbastanza sbizzarrito.
Partiamo dal fucile, un’arma inusuale per un assassino, che permette a Nikolai non solo di eliminare dalla distanza fastidiosi nemici (anche se non in modo silenzioso), ma anche di appostarsi in zone specifiche da cui può uccidere facilmente i templari con un cambio di prospettiva in prima persona. Si tratta già di un piacevole aumento di ritmo, ma a questo si uniscono numerose altre idee brillanti legate a doppio filo alla nuova location.
Prendiamo ad esempio il fatto che varie missioni si tengono all’interno di edifici dotati di impianti elettrici: questo ha permesso ai programmatori di dare a Nikolai un particolare rampino in grado di mandare in cortocircuito i sistemi, spegnendo le luci e portando i campi visivi delle guardie a calare di conseguenza. Nelle case, peraltro, sono presenti anche telefoni con cui distrarre soldati nella stanza adiacente, e condotti di areazione dove il suono si propaga diversamente dal solito, costringendo a utilizzare le proprie abilità solo verso l’entrata o la parte finale del condotto in modo da indirizzare i nemici nella zona voluta.
Basterebbero le altre aggiunte a rendere il sistema nettamente più complesso rispetto a India e China, come i cavi elettrici da disattivare all’entrata di certe aperture, le piattaforme spostabili con il rampino meccanico, le lampade che si spengono a intermittenza di alcune zone, e via così, ma Russia riserva un’altra sorpresa in mezzo al mix: Anastasia.
Esatto, non è Nikolai l’unico protagonista del titolo, durante la campagna si passa anche a controllare la giovane figlia dello zar, che per qualche strana ragione è dotata di… super poteri.
Sì ok, siamo un po’ straniti pure noi, ma Anastasia può comunque sfruttare i poteri Helix, e questo porta il giocatore a utilizzarla in modo completamente diverso da Nikolai. Il baffuto assassino avanza in mappe complesse a forza di proiettili, diversivi, spostamenti articolati e uccisioni, mentre l’aggraziata principessa si fonde con l’ambiente, si teletrasporta di nascondiglio in nascondiglio ed evita i pericoli con agilità. È un piacevole cambio di stile, che varia il gameplay quanto basta da porlo un altro scalino sopra agli altri Chronicles.
Una sola cosa, alla fin fine, accomuna Nikolai e Anastasia: muoiono facilmente. Entrambi iniziano con un singolo punto vita, e in Russia i nemici sono in larga parte armati di fucili e pistole, quindi si saluta il mondo dopo un colpo secco nel 90% dei casi. Considerando l’aumento di complessità abbastanza evidente dei livelli (siamo pur sempre al terzo capitolo) e la scarsa difesa dei nostri alter ego, questo è probabilmente il più impegnativo degli Assassin’s Creed “piccoli”.
Poco da criticare anche per quanto riguarda il comparto tecnico. Il motore è lo stesso, ma ancora una volta l’art direction fa la differenza, e le ambientazioni in bianco e nero spezzate dal rosso di certi elementi e dal colore dei personaggi umani rendono alla perfezione l’idea di trovarsi durante la rivoluzione russa. Chronicles Russia non è un gioco tecnicamente all’avanguardia, ma si lascia guardare, ha comandi responsivi e (quasi sempre) adeguati, e un level design lodevole, sempre legato all’uso piuttosto unico delle due dimensioni e mezzo che caratterizza la serie.
Se amate i giochi molto longevi cascate ancora una volta male, ma dopotutto si tratta di un progetto a basso costo, che riesce a mantenersi divertente per tutta la sua durata.
– Il capitolo più vario e impegnativo nella serie Chronicles
– Due protagonisti, diversificati a dovere
– Ottimo level design
– Piuttosto breve
– Mantiene le debolezze dei predecessori
– La difficoltà non è bilanciata sempre alla perfezione
Gli sviluppatori della serie Chronicles hanno tenuto il meglio per l’ultimo capitolo, ed è proprio grazie a questa scelta che Russia riesce a mantenersi “fresco”, nonostante si basi sullo stesso misto di meccaniche prese un po’ da Prince of Persia e un po’ da Mark of the Ninja dei suoi predecessori. Quella che si tiene nella grigia terra degli Zar è la migliore delle tre avventure digital dedicate alla serie Assassin’s Creed, quella più varia e appassionante. Certo, non siamo ancora a livelli di qualità indimenticabili, ma resta un piacevole diversivo in attesa di un cambio di direzione della serie primaria.