Dopo 8 episodi, per American Gods si chiude la prima stagione. Il romanzo di Neil Gaiman, ciò nonostante, è stato raschiato solo superficialmente, lasciando il grosso della storia per le stagioni successive.
All’ombra della Luna
La serie parte con la scarcerazione anticipata di Shadow Moon, la morte della moglie Laura e lo strano incontro con Wednesday. I due partiranno per un viaggio tra i vari Stati americani in cerca di alleati per una fantomatica guerra ormai prossima. Durante le otto puntate scopriremo che l’America non è formata solo da esseri comuni, ma anche da altre strane creature. Intanto, Wednesday nasconde molti particolari a Shadow, particolari che scopriremo con il passare delle puntate…
Up and Down, strane situazioni, strani personaggi
American Gods non è una serie facile. I piani narrativi su cui si struttura e si dipana l’intera trama sono uno degli esperimenti televisivi più assurdi e azzardati della storia del piccolo schermo. Partire da un romanzo dettagliato come quello di Neil Gaiman era un aiuto non da poco, ma gli autori si sono concentrati sul costruire e andare oltre il materiale originale. Non vedremo il libro scritto dall’autore britannico, no. Vedremo anche quello. Le otto puntate ci permettono di capire molte cose, anche troppe, portando ad una rivelazione finale fin troppo telefonata e ad un season finale che non dà quel colpo di coda necessario, quel cliffhanger che ti fa rimpiangere di dover aspettare un anno per vedere come va a finire. L’ottava puntata si chiude con l’arrivo di Pasqua, la dichiarazione di guerra dei Nuovi Dei e la rivelazione di Laura, ma nulla di tutto questo riesce a raggiungere quel climax di tensione narrativa necessari ad un finale di stagione. Bello, forse uno degli episodi più intriganti, ma non ha portato a quell’effetto WOW necessario e sacrosanto per rendere omaggio al romanzo.
Paradossalmente, uno dei problemi fondamentali di American Gods è rappresentato dalla seconda stagione. Si, sembra assurdo, ma si capisce che la prima stagione è semplicemente un prologo a quello che verrà dopo. Ogni azione, ogni scena, ogni dialogo è dilatato all’inverosimile. Il problema è che American Gods non è Twin Peaks e i due showrunner Fuller e Green non sono Lynch e Frost. Si tenta di tirare a campare fino alla seconda stagione, introducendo puntate quasi al limite del filler, come la settima, in una serie formata da solo otto episodi. Questa stagione copre a malapena il primo terzo del libro e succede davvero poco o nulla. La prima puntata è stata uno dei migliori prodotti della stagione televisiva 2016/2017, se non degli ultimi 5-10 anni. A lungo andare, però, la serie TV è andata spegnendosi lentamente, con colpi di scena qua e là ma che, superato l’iniziale momento di stupore, hanno semplicemente affievolito la fiammella di American Gods.
Ma la serie di Fuller e Green è e rimane, comunque, un buon prodotto televisivo. La scelta del cast è, senza dubbio, uno dei punti di forza maggiori della serie. Ian McShane riesce a trasmettere una profondità e delle sfumature incredibili al suo Wednesday, risultando, di gran lunga, il migliore dei protagonisti. Emily Browning è perfetta nel ruolo di Laura, seppur le parti dedicati alla “moglie morta” sono le più antipatiche e noiose dell’intera serie. Per quanto riguarda i nuovi dei, Bruce Langley e Gillian Anderson sono la rappresentazione più fedele e coerente con la visione di Neil Gaiman di Technical Boy e Media; mentre Crispin Glover, seppur visto pochissimo, riesce a trasmettere un senso di inquietudine, e allo stesso tempo di potenza, nella sua interpretazione di Mr World, leader dei nuovi dei.
Visivamente, inoltre, American Gods è la serie del 2017. Uno spettacolo per gli occhi. La fotografia è dinamica e sempre in evoluzione, pulita o sporca a seconda della volontà e della necessità di trasmettere determinate sensazioni al pubblico, talvolta in modo da riflettere le sensazioni e i sentimenti dei protagonisti sullo schermo. Gli effetti speciali, per quanto poco raffinati, riescono a trasmettere quel senso di angoscia, quell’ansia, quel senso di imperfetto che ci fa capire che, forse, non è solo un sogno. Ogni cosa che vediamo in American Gods esiste, sta succedendo e, fin dal primo episodio, fanno di tutto per farcelo capire.
Abbastanza fedele al romanzo di Gaiman
Trama intrigante
Ottimo cast
Tempi talvolta troppo dilatate
Alcune puntate sono meri riempitivi
La prima stagione di American Gods è tutta un vorrei ma non posso. L’esigenza, di conservare la parte centrale del romanzo per una seconda stagione, ha condannato la serie ad una prima parte monca. I colpi di scena sono lì, piazzati col contagocce, ma non riescono mai a far sussultare lo spettatore. Se le parti con Shadow e Wednesday funzionano, la scelta di dedicare ben tre puntate a Laura Moon non paga, anzi fa sì che su una stagione di otto puntate, quasi la metà sia dedicata ad una storia che non ci lascia nulla, concedendoci rivelazioni di poco conto che, tra l’altro, avrebbero potuto essere inserite anche in altri contesti. Intelligente, invece, la volontà di inserire la storia dell’arrivo degli Dei in America, contestualizzando il tutto e andando a fornire un background di peso all’intero Pantheon di American Gods. Peccato, come già detto, che tutto vada avanti col freno a mano tirato facendo scivolare una serie TV partita fortissimo nella mediocrità di una sceneggiatura scialba, monocorde e poco ispirata.