“Vai allora, ci sono altri mondi oltre a questo“
La Torre Nera – Stephen King
Citare un’opera magna letteraria come unica fonte d’ispirazione per un gioco come Alter World, può essere pericoloso e fuorviante. Pericoloso perché le aspettative degli utenti potrebbero inevitabilmente spingersi troppo oltre, fino a immaginare scenari di cui in fin dei conti non troveranno alcuna traccia; fuorviante perché quando ci si rende conto che la serie di romanzi ha ben poco da spartire col gioco, si crea una sorta di ingenuo inganno che va a danneggiare sviluppatori e acquirenti.
È esattamente ciò che è accaduto al creatore di Alter World – Giorgi “Abelix” Abelashvili – a cui deve essere mancato per un attimo il contatto con la realtà, ancora più del suo personaggio che può spostarsi da un mondo all’altro per superare ostacoli che odierete in brevissimo tempo.
L’iride del Mago
In Alter World non siete Jake Chambers alla ricerca del suo Oy, non c’è nessun Ka-tet ad accompagnarvi e manca una forma di narrazione tangibile che possa fare da filo conduttore tra un livello e l’altro. Se considerate che si tratta di un platform 2D con una spiccata propensione per i puzzle, non ci metterete molto a capire che questa soluzione potrebbe essere in parte accettata, ma visto che il riferimento alla fonte di ispirazione è importante e proietta sul titolo un’ombra decisamente ingombrante, non si può fare a meno di puntare il dito contro l’inadeguatezza di quella che è in fondo una strategia comunicativa dettata da grande inesperienza. Appurata la mancanza di testi (un abbozzo di frase per ogni livello non è nemmeno un timido tentativo di raccontare), la trama poteva svilupparsi solo tramite una narrativa affidata all’ambientazione, ma anche qui, in tutta onestà, c’è davvero poco che possa essere considerato qualcosa di diverso da un pretesto per condurre il giocatore lungo ottanta livelli di incredibile sadismo.
“Il mondo è andato avanti“, avrebbe detto Roland di Gilead ne La Torre Nera, ma in Alter World la possibilità di progressione è una concessione a cui solo pochi eletti possono realmente aspirare. Il motivo è presto detto: la difficoltà di gioco è tremendamente alta, e taglierà fuori tutti coloro a cui manca pazienza, dedizione, riflessi pronti, grande tempismo ed elevata abilità col pad. Sì, col pad, perché è il gioco stesso a consigliarvelo, ancora prima che cominciate l’avventura dello strano ragazzino e del suo cane disperso in un mondo onirico che mostra costantemente due volti. È certamente possibile usare la sola tastiera, ma dopo aver fatto qualche tentativo vi possiamo assicurare che morirete qualche migliaio di volte in meno usando un controller. Statene certi.
Non siate però portati a pensare che ciò sia dovuto alla complessità dei comandi o alla loro mappatura, perché in realtà Alter World vi chiede di usare appena due tasti: uno per saltare, e uno per passare da un mondo all’altro.
“La Porta Introvata”
È esattamente questa la meccanica di gioco principale di
Alter World, che obbliga il giocatore a passare da un mondo all’altro per poter arrivare incolume alla porta che lo trasporterà al prossimo livello. Livelli che sono strutturati con piattaforme, interruttori e una miriade di pericoli inseriti all’interno di una sola schermata fissa. Ognuno di essi, poi, ha due versioni che possono (e devono) essere scambiate di continuo tramite un tasto dorsale, poiché la presenza di piattaforme tra le due versioni non è mai uniforme e la disposizione degli ostacoli è differente. Nulla di realmente innovativo, in fin dei conti, perché è tutto sommato una meccanica già ampiamente sperimentata da diversi titoli indie; non ultimo
Disorder, che presentava al contrario una buona trama di fondo ed era decisamente più elaborato e concettualmente meno semplicistico.
Il punto di forza di Alter World non è tanto il suo particolare stile grafico, con sfondi indistinti che sembrano realizzati con una mano timida di acquerello, ma il senso di sfida contro se stessi che è in grado di generare negli utenti più tenaci. Diventerà una consuetudine trascorrere anche tre quarti d’ora per provare a superare un livello particolarmente ostico, perché la vera sfida lanciata da Alter World è soprattutto quella di non perdere la calma e ritentare fino a quando non viene raggiunta la perfezione. Progredendo, inoltre, lo spazio per gli errori diminuirà drasticamente e i tempi di reazione diverranno più celeri. Vi ritroverete insomma a stare coi nervi tesi e i sensi acuiti pur di non fallire per l’ennesima volta, e questo è assolutamente normale, perché dietro l’apparenza paciosa e delicata del titolo si nasconde un’anima da demone inferocito, sempre pronto a mettervi sotto pressione e causarvi sconforto e frustrazione.
– La sua difficoltà vi metterà davvero alla prova
– Qualche buon puzzle
– Solo per giocatori che non mollano mai
– L’ispirazione kinghiana si è persa lungo il cammino che porta alla Torre
– un paio di frasi smozzicate non hanno mai narrato nulla di concreto
Alter World non ruota esattamente attorno a una delle idee più originali, ma replica anzi ciò che si è già visto in giochi simili e meglio riusciti. Il creatore dichiara inoltre di essersi ispirato a La Torre Nera di Stephen King, ma i riferimenti all’opera magna del Re sono talmente deboli da essere praticamente trascurabili. Manca inoltre un’ossatura narrativa decente, pertanto chi si vorrà avvicinare al gioco, lo farà solo ed esclusivamente per mettere alla prova tutta la propria abilità. Alter World è davvero molto difficile, ed è assai probabile che desistiate ben prima di aver perso completamente l’ultimo barlume di pazienza.