Recensione

Alchemilla

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Non è nostra consuetudine decidere di recensire addirittura una mod, ma considerando la qualità crescente dei titoli indie e quella calante dei cosiddetti tripla A, riteniamo opportuno dare spazio a un progetto di alcuni modder che ha molto da insegnare a chi mette davanti all’effettiva godibilità dell’offerta quasi sempre dei grossi proclami privi di fondamento. 
Alchemilla, oltre a essere il nome di questa mod che celebra la serie di Silent Hill, è anche il nome dell’ospedale apparso per la prima volta nel capostipite della serie, e riapparso poi – anche con profonde rivisitazioni – in Origins, Homecoming e nel particolare Shattered Memories. La scelta del titolo non è affatto casuale, in special modo perché la storia qui narrata è profondamente radicata nei luoghi più popolari visti nei primi quattro episodi, e anche perché mette in mezzo – sebbene in modo collaterale e senza farli mai influire sugli eventi – figure chiave come il Dottor Kaufmann, Lisa Garland e altri personaggi che vi lasciamo il piacere di scoprire mentre vi farete travolgere dalla nostalgia.
Welcome to Silent Hill
Alchemilla è una mod sviluppata col versatile Source Engine di Valve, un tentativo piuttosto riuscito di omaggiare il franchise horror di Konami, che decide però di fare a meno di alcune caratteristiche basilari visti nei capolavori apparsi tra il ’99 e i primi anni del 2000. Innanzitutto, la visuale è totalmente in prima persona (senza transizioni, come avveniva ad esempio in The Room), non esistono armi e nemici, e tutto si configura come un complesso puzzle-game dalla marcata componente esplorativa. Ciononostante, Alchemilla è molto più Silent Hill di quanto non lo siano stati gli ultimi capitoli, perché oltre alla passione viscerale dei mod nel ricreare in modo stupefacente la medesima atmosfera, le ambientazioni malate e una narrativa incredibilmente in linea con la “lore” della serie, c’è un’attenzione per i dettagli che probabilmente solo alcuni membri del compianto “Silent Team” avrebbero potuto avere. Non essendoci nessun tipo di lavoro sul sistema di combattimento, sulle animazioni, sulla modellazione dei mostri e su parecchie altre caratteristiche di gioco lasciate da parte, i modder si sono concentrati su tutto il resto, facendo un lavoro che merita i giusti elogi, specialmente perché le limitazioni e le difficoltà contro cui si sono dovuti scontrare non sono state di certo poche. 
Come hanno spiegato i ragazzi che si sono occupati del progetto, il Source Engine non permetteva di gestire un inventario né tantomeno una mappa, pertanto Alchemilla si è dovuto accontentare di essere una sorta di gita di (dis)piacere lungo i luoghi di culto che tutti i fan ormai adorano, obbligando gli utenti a munirsi di carta e penna per risolvere i complicati enigmi con cui è stato letteralmente farcita questa mod. Non stiamo scherzando: se non avete nulla su cui scrivere, spegnete l’ottimismo ed evitate di avviare il gioco; non c’è alcun modo di andare avanti col solo uso della vostra memoria. L’inventario dovrete insomma scrivervelo da soli, appuntando tutte le informazioni utili che troverete sparse lungo le stanze del dolore e della dannazione che visiterete di volta in volta. I puzzle richiedono conoscenze matematiche, logiche e filosofiche, ma state pure tranquilli: siamo a un livello basilare a cui tutti, si spera, sono già arrivati durante la propria vita. Va però detto, a scanso di equivoci, che sono in larga misura di una difficoltà parecchio più elevata rispetto alla media delle altre produzioni presenti nel mercato: un po’ come dire che si sta giocando alla difficoltà massima degli enigmi che potevate selezionare su Silent Hill 2.
Le colpe dei figli
La storia, come dicevamo, è in linea con le tacite direttive della serie e ha un background arricchito da alcune note che fanno ulteriormente luce sulle controverse azioni di altri personaggi ben noti. Lo sviluppo della sceneggiatura è praticamente tutto legato al reperimento di documenti e a qualche raro filmato, pertanto non aspettatevi acrobazie tecniche capaci di dare nuova forma alla narrazione. E non aspettatevi nient’altro di incredibile, perché la natura di Alchemilla rimane pur sempre quella di una mod, e anche se il livello qualitativo è molto più alto rispetto al resto degli esperimenti che vengono fatti da milioni di smanettoni in tutto il mondo, è chiaro come non ci sia stata la volontà di stravolgere alcunché. Seguirete le vicende di un giovane uomo che si risveglia nella sua casa per l’ultimo giorno prima di venderla, un uomo che vive da solo e che fino ad allora aveva passato diverso tempo chiuso nella propria stanza. Ha la pressante sensazione, però, di aver dimenticato qualcosa, e questo qualcosa, neanche a dirlo, è davvero terribile. In Alchemilla non troverete però le trasfigurazioni del mondo di gioco adattate alla visione e ai traumi del protagonista, ma “solo” una summa creativa di molti elementi che accenderanno di piacere la vostra memoria. Persino alcune musiche appaiono quasi come delle modifiche alla colonna sonora originale, a dimostrazione del fatto che la cura riposta dai ragazzi di White Noise è frutto di dedizione e un po’ di sano fanatismo. C’è anche l’effetto noise da poter inserire a piacimento, ossia quella patina granulosa su schermo introdotta per la prima volta nel secondo capitolo. Tuttavia, è davvero impossibile non notare quanto il Source Engine sia ormai diventato un motore grafico desueto per i canoni attuali, un mezzo attraverso cui probabilmente non si smetterà ancora per molto di sperimentare, ma che sente inevitabilmente il peso degli anni. La modellazione poligonale degli interni e degli esterni rende giustizia alla serie ed è quanto di meglio si sia visto, in termini di fedeltà, dall’era post Silent Team. La fitta nebbia negli ambienti all’aperto, i palazzi dai colori smorti, il senso di abbandono, le strade crollate e la palpabile inquietudine lasciano spazio a pareti ricoperte da sangue e ruggine, ributtanti escrescenze, grate che lasciano intravedere abissi senza fondo, cadaveri martoriati e a quel senso di malattia fisica e mentale che pare saturare ogni squallido anfratto dal momento in cui la sirena dà inizio al passaggio semicosciente all’Underworld. Se vi manca tutto questo – e non solo – in Alchemilla potrete trovarlo senza nemmeno aprire il portafogli. Qui.

– Atmosfera ottimamente ricreata

– Continui rimandi ai luoghi e ai personaggi chiave della serie

– Puzzle complessi e sempre molto soddisfacenti

– Mancano i nemici, il combat system, le mappe, l’inventario ed è tutto in prima persona

– Tutto in inglese, pertanto certi enigmi possono essere ancora più complicati

– Senza minacce tangibili, non può esserci l’ansia opprimente

7.0

Questa mod è riuscita ad attirare la nostra attenzione e si è meritata una recensione per il semplice fatto che a nostro avviso è uno dei migliori esempi di quella che è la potenza immaginifica espressa dalla serie horror di Konami. Consideratelo pure un capitolo apocrifo, se volete, o anche una variazione sul tema, ma non fate assolutamente l’errore di aspettarvi le stesse cose che potrebbe offrirvi un seguito ufficiale: Alchemilla è un puzzle game esplorativo privo di nemici, combat system, mappe e inventario. È una storia nel mondo di Silent Hill, in prima persona, che ha solo la pretesa di farvi risentire quei piacevoli echi dal passato. E inaspettatamente, ci riesce sul serio.

Voto Recensione di Alchemilla - Recensione


7

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