PS5 compie un anno e come lei siamo tutti un po' più vecchi

Auguri, PlayStation 5.

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Ogni volta che una console compie gli anni, giocatori e redazioni sono percorsi da brusii eccitati: è una festa grande. Il giorno in cui prenotai PS5 lo feci senza ripensamenti, cliccando avidamente sul tasto "acquista ora" quasi fino a incrinare il vetro del mio smartphone. Lo feci, anche e soprattutto per respirare - anche solo per una decina di minuti - un'aria di normalità, in un momento storico in cui la normalità era tutto fuorché legata alle piccole cose. Era settembre dello scorso anno, pensavo (anzi, pensavamo) che la pandemia fosse sconfitta assaporando - seppure in maniera molto rarefatta - il gusto di stare all'aria aperta.

Dopo aver attraversato un 2020 scandito da una pandemia mondiale che ha scosso per sempre la quotidianità così come la conoscevamo, i videogiochi - come spiegato svariate volte anche su queste stesse pagine - hanno rappresentato e rappresentano tuttora una via d'uscita da non sottovalutare, un mondo altro in cui rifugiarsi per entrare nuovamente in contatto con una realtà che - ora più che mai - deve guardare al futuro.

Curioso quindi come il 19 novembre 2020, Sony abbia deciso di far partire ufficialmente la sua nuova generazione di console in un momento storico in cui le attenzioni erano rivolte ad altro, e dove tutto appariva più difficile, anche solo produrre una piattaforma da gioco casalinga.

Oggi, 19 novembre 2021, PS5 compie il suo primo anno dall'uscita italiana, un anno che va ricordato per un gran numero di motivazioni, più o meno interessanti, più o meno personali, più o meno condivisibili, ma pur sempre in grado di lasciare una traccia indelebile nell'industria dei videogiochi.

Del resto, solo pochi giorni fa è emerso che la community è inoltre riuscita a raggiungere oltre 4,6 miliardi di ore di gioco combinato su PlayStation 5, delle quali ne sono state condivise più di 26 milioni tra i gamer di tutto il mondo. Non proprio bruscolini. Così come bruscolini non erano gli euro necessari a portarsi a casa una delle due versioni: una Digital Edition, solo digitale, che quindi non ha il lettore ottico Ultra HD Blu-ray e può eseguire solo giochi scaricati, e l'altra Standard, più canonica e in linea con le precedenti, che può quindi leggere i cari e vecchi dischi. 399,99 euro per il primo modello e 499,99 euro per il secondo, e passa la paura.

Facile a dirsi, un po' meno a farsi, visto che la cronica mancanza di scorte in tutto il mondo ha rappresentato - e rappresenta - una piaga dell'industria ormai da molti mesi, in un mercato ormai asfissiato da un bagarinaggio che puzza di truffa legalizzata lontano un miglio e che non accenna ad arrestarsi. Vero anche che Sony ha dichiarato che inizierà con degli investimenti decisamente cospicui per creare stabilimenti che produrranno hardware, sperando che ciò basti a soddisfare la richiesta.

Prima di tutto non credevo che ciò potesse mai essere un problema: «una pandemia mondiale rallentare o fermare la produzione di console, che scemenza!». E invece eccoci qua. Neanche i migliori scienziati e ricercatori del mondo dell’industria videoludica avrebbero potuto prevederlo. Mi sono passati sotto il naso anni di console casalinghe e non, e mai nulla di anche solo lontanamente simile a quanto stiamo vivendo in questi mesi.

Questo primo anno di PS5 è però stato anche scandito dai giochi. Forse non quanti speravo, ma comunque giochi. Belli, bellissimi, anche se forse non ancora memorabili. Returnal non è certo un titolo che le manda a dire, dimostrando quanto il team Housemarque meriti ancora più spazio su quel palcoscenico del teatro PlayStation. E ancora, lo sfarzo grafico di Ratchet & Clank Rift Apart, così vicino a un film d'animazione che quasi non si nota la differenza coi migliori lungometraggi Pixar o Dreamworks, passando per il remake di Demon's Souls, un gioco che ti prende a schiaffi ma con un savoir-faire che ti fa esclamare «ne voglio ancora, voglio morire male». E giù di game over come se non ci fosse un domani. I giochi PS5 usciti durante il primo anno di vita della console sono bellezze non convenzionali che col tempo verranno sicuramente rivalutate con più attenzione.

E poi c'è la questione dei titoli cross-generazionali. Già a novembre dello scorso anno il responsabile della pianificazione della piattaforma di SIE, Hideaki Nishino, discusse della cosa, rivelando che la compagnia nipponica non avrebbe avuto alcuna intenzione di lasciare indietro gli oltre 110 milioni di giocatori di PS4. Chiamala scema.

Ed ecco quindi che il prossimo God of War, il sequel di Horizon e il nuovo Gran Turismo usciranno anche per la vecchia generazione, lasciando quindi un senso di insoddisfazione agli affamati di vera next-gen (se così possiamo definirla). Al netto di tutto questo, può tranquillamente starci un bel chissenefrega. Chi scrive è infatti dell'idea che non esistono più generazioni di console in grado di fare lo "scatto", come magari ai tempi di PSOne e PS2, bensì passaggi più lenti e diluiti verso quella che sarà la massima espressione generazionale (sì, se state pensando a un eventuale The Last of Us Part III non siete i soli). Ergo, i grandi problemi a volte esistono solo nella testa dei giocatori.

Quindi, a un anno di distanza, cosa mi ha lasciato PS5? A leggere gli editoriali, le opinioni sui social network e il commento di amici e colleghi, pare gli unici problemi della nuova generazione di Sony siano prettamente comunicativi e/o legati al fatto che PlayStation 5 non è riuscita a superare indenne il problema di non essere riuscita a entrare nelle case di - davvero - tutti i giocatori. Tutti abbiamo visto e sentito interviste – o letto articoli fatti apposta – che raccolgono opinioni su quanto PlayStation questa volta abbia toppato, o robe del genere.

Io so solamente una cosa: il 19 novembre 2020 ero con mio padre, quando suonò il campanello di casa. Era il corriere. Era arrivata PS5. Una volta aperta la scatola e tirata fuori il nuovo e imponente hardware griffato Sony un brivido ha percorso la schiena, e forse anche quella del mio papà (classe '60, uno che i videogiochi li ha sempre guardati con fanciullesco interesse, specie i racing game). Fu lui, infatti, a comprarmi la prima e indimenticata PlayStation oltre vent'anni fa, dopo averla cercata in ogni dove alla faccia della carenza delle scorte già a fine anni '90. «Ma una roba del genere è la nuova PlayStation?» esclama mio padre. La console, dal vivo, ha infatti un aspetto quasi minaccioso, un misto tra una piramide e un altare che tocca il soffitto. «Sarà pesante almeno cento chili, ma l'importante è che funzioni il dischetto di Gran Turismo.»

Il resto della giornata fu impiegato per capire come assemblare e posizionare PS5 e impostare le varie robe tecniche. Ecco, il movente era che un ragazzino di 16 anni era tornato a "vivere" nel corpo di un non ancora quarantenne. Oggi fa ridere, immagino, ma guardando l’insieme, ero allibito. Questo perché, nonostante avessi preso in mano un pad già da ben prima dell'avvento dei 32-bit, l'era della prima PlayStation era tornata improvvisamente ad aleggiare nell'aria, tanto per me quanto per tantissimi di voi, anche se forse non ve ne siete accorti. E sarà bellissimo quando, tra una manciata di anni, vedremo finalmente PlayStation 5 nel fiore della maturità, magari dopo esserci lasciati alle spalle anche questa infame emergenza sanitaria, dando finalmente un senso a questi dodici mesi così strani.

«Ti ricordi quando…» inizia mio padre, ma si interrompe e sorride. A quel punto lo abbraccio. E per un attimo il tempo ha davvero smesso di scorrere. Buon compleanno, PS5.

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