PlayStation Now: l'oggetto misterioso dell'offerta Sony in ambito gaming. La parabola di questo servizio parte da molto, molto lontano, quando la casa giapponese acquisì le infrastrutture di Gaikai e OnLive (li ricordate? Gli embrioni del gioco in streaming), e si diede al modello del noleggio ad ore di videogiochi – persino sui televisori Bravia.
Da quegli anni, tanto è cambiato: il mondo ha abbandonato la visione elastica dell'intrattenimento indicata da Blockbuster e ha abbracciato quella un po' ingorda di Netflix, per cui, dietro un singolo pagamento mensile o annuale, hai tutto ciò che ti potrebbe servire. Una dimensione su cui Microsoft, dall'alto della sua opulenza, si è fiondata con una ferocia senza precedenti (e un successo, chi lo avrebbe detto dopo la gen di Xbox One, sempre crescente).
Ingolosito, probabilmente, da questo successo dei dirimpettai colorati di nero e verde, i consumatori che hanno invece optato per una PS4 o una PS5 sono sempre più curiosi nei confronti di PlayStation Now, quello che almeno in origine avrebbe dovuto essere il contraltare ante litteram di Xbox Game Pass. In tanti ci chiedete cosa ne pensiamo o, cosa più preoccupante, che fine abbia fatto, ed eccoci qui per darvi qualche risposta sullo stato della piattaforma e della sua libreria nel 2021.
Prima di cominciare, ha suscitato clamore l'accostamento, in un articolo di GamesIndustry che abbiamo molto apprezzato, tra Xbox Game Pass e PlayStation Plus, e non con PlayStation Now; in tanti, abbiamo visto nei vostri commenti, hanno pensato si trattasse di un errore – una libreria on demand/in streaming dovrebbe giocare contro un'altra libreria on demand/in streaming, avete osservato. Secondo noi, invece, la sfida è proprio tra Pass e Plus, con Now che si ritrova, suo malgrado, a fungere da terzo incomodo, una posizione in cui rimarrà fintanto che Sony non deciderà cosa fargli fare da grande. Ma, anche per approfondire questo tema, vi consiglio di continuare a leggere.
Rispetto a PlayStation Plus e Xbox Game Pass
Quando c'è stato da investire il tesoretto consegnato dall'ascesa dei servizi durante la floridissima gen di PS4, in cui vanno incluse pure le vendite digitali di PlayStation Store, Sony ha deciso in maniera nitida su cosa puntare: PlayStation Plus. Il servizio premium per eccellenza della casa giapponese ha infatti ricevuto due upgrade sostanziali nel momento in cui si è affacciato alla next-gen, mentre PS Now è tenuto scientemente in secondo piano, almeno in questa fase.
PlayStation Now ha portato a casa ben due benefit aggiuntivi, e neanche di poco conto, dopo il reveal di PS5. In primis, giochi integrati nell'abbonamento fin dal day one: per ora, siamo molto lontani da quanto fa la concorrenza col suo Pass, ma l'afflusso di produzioni third-party, che siano update dalla passata generazione o produzioni completamente nuove, inizia a farsi importante e ad assumere una rilevanza nello scacchiere del Plus.
In secondo luogo, la PlayStation Plus Collection: la collezione con alcuni dei migliori giochi della generazione PlayStation 4 – gran parte dei quali non è disponibile su PlayStation Now – è stata vista da molti come uno smacco nei confronti di quello che per sua stessa costituzione veniva dato quale competitor perfetto, con giusto un paio di boost qui e lì, di Xbox Game Pass. Sul più bello, all'alba di una nuova gen, questo step ha rappresentato invece una cessione di sovranità abbastanza inaspettata, poiché la Collection non solo sfama lo stesso fabbisogno, ma è persino meglio se rimaniamo nell'alveo dei titoli più moderni.
In sostanza, mentre i giocatori vengono dirottati su un abbonamento PlayStation e quell'abbonamento risulta essere alquanto sorprendentemente (per alcuni) il più mediatico PS Plus, PlayStation Now pare quasi messo in pausa e alimentato con il minimo indispensabile – quanto basta per mantenere una base d'utenza significativa e generare il pochino di buzz necessario a non farlo sparire del tutto dai radar.
Dopo la doverosa ristrutturazione – con nuovi prezzi, new entry mensili e download affiancato allo streaming per i giochi PS4 – ora non si aspetta altro che un upgrade della piattaforma, che potrebbe arrivare proprio sotto l'egida di PlayStation Plus (all'interno di un tier “Ultimate”? Se n'è vociferato già in passato) e magari proprio con l'aiuto di Microsoft, la cui collaborazione sarà utile nel pianificato salto dai 720p attuali ai 1080p.
Lato Xbox Game Pass, non si tratta di essere avanti col discorso, ma di averlo intavolato con maggiore convinzione. Con la sua libreria on demand, Microsoft ha fatto il percorso inverso rispetto a quello di Sony: il Pass ha inglobato e oscurato Games With Gold con un'offerta qualitativamente e quantitativamente difficile da pareggiare, mentre con PS Now e PS Plus è accaduto l'esatto opposto. Su un piano superficiale, la proposta current-gen è sensibilmente superiore (e/o lo sarà nel futuro a medio termine) e le date di scadenza, per quanto esistano anche qui, non impediscono la formazione di un catalogo stabile - specie sul versante dei first-party, che si sa già a prescindere che non saranno toccati dalla logica delle rotazioni.
È un livello, quello raggiunto dal servizio made in Redmond, raggiunto attraverso scelte decise e coraggiose al punto da far pensare che non fossero sostenibili sul lungo periodo: ci sono refresh più profondi e spesso non costituiti da “seconde scelte” due volte al mese; ci sono i day one, e non solo di terze parti come invece introdotto di recente (senza l'impegno a farlo sempre) su PS Plus; ci sono capisaldi come Xbox Game Studios, Bethesda, EA Play, che – nella loro relativa incompletezza – non hanno cartellini con su scritto quando i loro giochi non saranno più disponibili. In più, ed è un fattore di non poco conto, Microsoft ha risolto ogni possibile faida interna realizzando un grado superiore che comprende tutti i suoi abbonamenti in un singolo pacchetto, con un sovrapprezzo ritenuto accettabile vista l'offerta messa sul piatto – una soluzione che, lo accennavamo, toglierebbe un po' di castagne dal fuoco di PlayStation.
In generale, essendo in primo piano e protagonista dei servizi Xbox, il Pass ha un altro tipo di cura (simile a quella di Sony con PS Plus, sebbene con risultati forse diversi) rispetto a PlayStation Now, e già questo lo pone su un gradino più in alto; inoltre, è pure un ecosistema in movimento e dinamico, sai che un'acquisizione – con Microsoft che è stata brava nel veicolare il messaggio che i nuovi ingressi in termini di studi non finiranno mai davvero, dando una prospettiva esaltante per gli abbonati – porterà subito giochi nella libreria, e lo stesso non si può dire di una Sony che appare, su questo tema, indecisa se fare il grande passo un po' come lo è sul tema del supporto al PC.
Cosa funziona...
Ciò detto, PlayStation Now rimane una proposta interessante nel 2021, ed è per questo motivo che abbiamo sottoscritto un abbonamento da un mese (fino al 12 marzo lo trovavate a 5 euro per un mese, anziché 10 euro) per valutarne sia la libreria, sia l'aspetto prestazionale che al lancio italiano aveva lasciato abbastanza a desiderare.
Al netto di tutte le difficoltà sottolineate finora, questo abbonamento rivela una grande piattaforma per i recuperi: in una sola sottoscrizione ritrovate, spesso in esclusiva, intere serie, come tutto lo scibile di Metal Gear Solid tranne il primo capitolo (compreso Revengeance e quel Guns of the Patriots che ormai è da criminali tenere relegato su PS3), la collection di Silent Hill, tutti i God of War classici, tutti i Devil May Cry fino al quinto escluso, tutti i BioShock, tutto Sly Raccoon, quasi tutti i Disgaea, Deadly Premonition, un sacco di Atelier, Ico in HD, parecchi degli indie della prima ondata su console (quella di Braid, per intenderci), diversi Yakuza e un mare di perle di due generazioni or sono, compresi giochi difficili da trovare, come Heavenly Sword di Ninja Theory, Puppeteer e Rain di Japan Studio, e altro ancora.
Insomma, da questo punto di vista, PS Now ha un grande valore storico e può aiutare in un colpo solo a 1) preservare alcuni prodotti che finirebbero altrimenti nel dimenticatoio se non rimasterizzati, per via della complicata questione della retrocompatibilità con il processore Cell; 2) far recuperare, ai giocatori magari dell'ultima ora o a quanti siano in vena di sessioni nostalgiche, taluni dei capolavori del passato recente in un formato praticamente antologico.
Quanto a PS4 e nel complesso alle produzioni più moderne, è stato alzato evidentemente il ritmo delle integrazioni mensili nell'ultimo anno – basti pensare al ritorno in pianta stabile di Horizon Zero Dawn, all'ingresso di Detroit Become Human, che completa la trilogia di Quantic Dream disponibile sul servizio, o all'implementazione di prodotti multipiattaforma con una gittata più lunga, come F1 2020 o Wreckfest – anche se il livello raggiunto non può definirsi soddisfacente o tale da spingere a sottoscrivere un abbonamento solo per loro. Basta guardare alla voce delle esclusive per scoprire che la logica è stata finora di inserire soltanto quella con un appeal commerciale inferiore, perché magari di nicchia o semplicemente vecchie, e con un simile atteggiamento è difficile diventeranno mai un selling point.
Tecnicamente, pur avendolo testato su una connessione da 200 mega che sappiamo non essere lo standard in Italia, ci possiamo invece dire molto soddisfatti: l'esperienza di streaming è stata lag-free, il che non è dipeso (come per il momento su xCloud) dal “peso” del singolo gioco poiché tutto è filato liscio a livello di piattaforma e a prescindere da cosa stessimo provando. Ci abbiamo giocato Bloodborne, per intenderci, e non sono volate imprecazioni in quantità superiore a quanto non avesse già programmato in partenza From Software.
Si avverte giusto che l'immagine è un po' granulosa e sfocata sui titoli PlayStation 4 per via dei 720p – più bassi della risoluzione base della stragrande maggioranza dei giochi last-gen -, e in particolare su titoli della seconda metà della generazione come Detroit Become Human si percepisce come il sistema giri sulla versione base della console a causa di scatti (proprio all'interno del gioco) e aliasing più marcati. Ma, considerando che probabilmente vi farete ricorso per produzioni native PS3 e magari su laptop poco performanti, non possiamo dire si senta l'urgenza di un upgrade.
... e cosa no
Catalogare i “contro” di PlayStation Now potrebbe sembrare qualcosa di vicino a sparare sulla Croce Rossa, una sequela di ovvietà, ma dopo averlo (ri)provato, aggiornandoci sullo stato della piattaforma nel marzo 2021, abbiamo qualche elemento in più per dire cosa vada e cosa no – ed ecco qui, dunque, un po' di osservazioni utili al riguardo.
In primis, leviamoci subito il dente, l'offerta current-gen è limitata all'osso: nonostante i miglioramenti in tempi recenti, con uno sforzo che è andato via via assestandosi su uno standard accettabile (ma la cui rincorsa a questi ritmi difficilmente porterà ad un livello premium), la libreria delle produzioni native PS4 rimane troppo scarna e non sappiamo ancora se crescerà, da un punto di vista quantitativo, quando PS5 avrà cominciato a sedimentare.
I first-party sono pochi e vecchi, risalenti perlopiù alla prima metà della gen (quella precedente alla svolta tripla-A story-driven, per intenderci), e i più recenti sono incredibilmente – per dove ha piazzato l'asticella la concorrenza, almeno – soggetti a rotazioni: l'ultimo caso è relativo a Days Gone, che è stato inserito con una data di scadenza a gennaio mentre, curiosamente, fa parte di PlayStation Plus Collection sulla console next-gen della famiglia.
Questo aspetto non costituisce la sola criticità di PlayStation Now per come si presenta oggi: come se non bastasse l'idea di una piattaforma un po' stagnante a causa della penuria di new entry, alcune storture, una su tutte la disponibilità di un gioco rimasterizzato per PS4 soltanto nella sua versione per PS3 (ad esempio, The Last of Us, ma lo stesso dicasi per Shadow of the Colossus e diversi altri casi simili), restituiscono l'impressione di una certa incuria – basterebbe veramente poco, insomma, per fare un passo in avanti, se non su tutto, su tematiche del genere.
Infine, abbiamo elogiato il valore del servizio di gioco on demand e in streaming di Sony come piattaforma “storica”: e, in effetti, avviarlo e ritrovarsi in un colpo solo circondato non solo da classici moderni irreperibili altrove, ma anche da interi franchise i cui capitoli sono disposti uno in fila all'altro per essere recuperati in una sorta di binge playing, è qualcosa di estremamente affascinante e che per noi vale il prezzo del biglietto per un periodo limitato.
In quest'ottica, però, non possiamo non sottolineare come PlayStation 2 sia poco rappresentata: gli esponenti della console delle meraviglie si contano sulle dita di due mani e probabilmente il loro innesto sarà stato progettato in origine in previsione di un ampliamento della libreria dedicata poi interrotto una volta ridimensionato l'intero PlayStation Now. A questo punto, vista la sfida ingegneristica indubbiamente richiesta per il passaggio da PS2 a cloud gaming – e bene o male lo stesso vale per PS3 – non è il caso di aspettarsi integrazioni da quella piattaforma e quest'amara consapevolezza è un po' un controsenso rispetto al target a cui la casa giapponese potrebbe puntare una volta alzata bandiera bianca sui prodotti più moderni.
In conclusione
Provato nel 2021, con oltre 700 giochi a disposizione, PlayStation Now è una piattaforma – che la si provi su PS4, PS5 o PC, dove per quanto ci riguarda ha molto più senso (sebbene solo in streaming) – in cerca d'autore: così com'è, non può competere con Xbox Game Pass e addirittura nemmeno con PlayStation Plus, su cui Microsoft e Sony riversano molta più attenzione, ma ha un suo perché, che potreste esaurire con una sottoscrizione relativamente breve, e sarebbe interessante capire dove quel quid potrebbe portarla se diventasse il fulcro della propria operatività.
Evidentemente, però, si ritrova in una sorta di limbo nel quale si limita ad esistere e mantenere il catalogo su standard passabili, togliendo e mettendo (spesso rimettendo) giochi in lista per sottolineare che è ancora in vita; un limbo da cui uscirà soltanto quando, ma pure “se”, arriverà il tanto agognato upgrade e magari un'integrazione nel più mediatico PlayStation Plus.
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