È stata una settimana curiosa, quella che si è appena conclusa, perché ha sparpagliato le carte nell’industria dei videogiochi e lo ha fatto ripetutamente. Prima di tutto, abbiamo visto PlayStation fare acquisizioni, un evento abbastanza raro o comunque insolito a confronto del dirimpettaio americano, che ultimamente ci ha quasi abituato a due tornate di presentazioni di nuovi Xbox Game Studios all’anno.
In secondo luogo, abbiamo visto Sony acquisire per i suoi PlayStation Studios un team che su PlayStation in realtà non ci lavora o non ci lavora troppo, poiché ha la propria specialità nei port di giochi console su PC. È una mossa abbastanza significativa, però, e una che illustra a chiare lettere dove l'editore di The Last of Us Part II stia puntando, nel tentativo di coprire fino a due nervi che si sono rivelati di recente inaspettatamente scoperti.
«Sono acquisizioni molto, molto mirate di team che conosciamo bene», aveva detto a margine dell’affare Housemarque Hermen Hulst, a capo di PlayStation Studios. Ma è anche vero che, sebbene ci fossero state ampie aperture all’idea di fare acquisizioni, Sony ha battuto a lungo sul tasto della crescita organica, crogiolandosi nel successo di Sucker Punch con Ghost of Tsushima. Dove sta andando, quindi, il platform owner di Tokyo?
Una differenza sostanziale
Il tema dell’acquisizione accoppia inevitabilmente Sony e Microsoft, poiché è diventato comune e di dominio pubblico in un momento di grande espansione del movimento videoludico. Le corporazioni si ritrovano con una liquidità eccezionale in cassa, per via principalmente (ma non solo: basti pensare Nintendo e Switch) della fruizione di videogiochi sotto steroidi dovuta alla pandemia, e fanno investimenti per “consolidare” la propria posizione in vista di una normalizzazione si spera ormai prossima.
Tuttavia, c’è una differenza secolare tra quello che spinge Xbox ad ampliarsi e l’utilità che PlayStation vede in questo genere di operazioni, ed è qualcosa che Hulst ha tenuto a precisare subito dopo essersi portato a casa la software house di Helsinki dietro Returnal. La prima acquisisce (ha acquisito) per costruire una cultura che non ha (o non ha avuto per ampi tratti della sua esistenza), mentre la seconda fa spese nel pool di studi che sono aderenti alla sua, vuoi perché hanno collaborato per anni, vuoi perché hanno operato nello stesso campo e si sono annusati come simili.
L’ingresso di Housemarque non fa altro che questo: aggiungere carne su una brace che già arde, andando ad arricchire numericamente le portate in arrivo per i commensali. Fuor di metafora, il messaggio che arriva da questa manovra è che – oltre alla certificazione di un rapporto così longevo – i giocatori cui è piaciuto uno dei primi e più caratteristici blockbuster di PS5 ne avranno ancora, e con ambizioni ancora maggiori adesso che la squadra scandinava si è unita al gruppo e non guarderà più i meeting degli studi interni nascosta dietro una siepe.
Microsoft è stata storicamente su una posizione diversa, con un piede entro e uno fuori per quanto riguarda il gaming, e questo l’ha portata col tempo ad acuire sempre di più il gap culturale con la concorrente nipponica. Quando non era coinvolta al 100%, si è fidata troppo delle sue poche IP, per non dire fissata, costringendo ad esempio Bungie a diventare una fabbrica di Halo persino nel momento in cui incubava in gran segreto Destiny.
Bungie, Remedy, BioWare sono solo alcune delle realtà che lavoravano in esclusiva per Xbox e sono state lasciate andare perché in quella fase non si coglieva il valore loro e del settore (che, è pur vero, è cresciuto in maniera esponenziale anni dopo); si riteneva che mantenere un gruppo leggero di sviluppatori avvalendosi dei big soltanto come soluzioni esterne sarebbe stata una mossa vincente in una fase di impegno relativo.
Il tutto avveniva mentre Sony si teneva stretta nomi come Naughty Dog, Sucker Punch, Media Molecule, gettando le basi per quello che sarebbe diventato il DNA PlayStation che oggi tutti conosciamo e ammiriamo, e al quale si ispirano tanti dei team di sviluppo che puntano alla creazione di esperienze story-driven, character-driven, e che siano il trionfo dell’inventiva e della creatività.
Non che questo non sia stato un processo lungo anni: fa specie pensarlo ma Naughty Dog è stata per gran parte della sua esistenza la casa di Crash Bandicoot e Jak & Daxter, ricalibrando il proprio focus soltanto all’alba di PlayStation 3 e tracciando la strada per quello a cui uno sviluppatore PlayStation avrebbe dovuto ambire da lì in avanti (in un momento nel quale la stessa PlayStation aveva bisogno di ritrovarsi, dopo un paio di giri a vuoto).
Da allora si è scherzato col fuoco su Insomniac Games, che prima di farsi mettere l’anello al dito dopo decenni di fidanzamento si è concessa una scappatella col rivale di sempre (Sunset Overdrive), ma intanto si è costruita un’identità corale senza pari e con il solo precedente di Nintendo – un marchio che appena menzioni sai prim’ancora di cosa faccia, chi sia e cosa ci si possa aspettare da un suo movimento.
Quel trio di acquisizioni – Bungie, Remedy, BioWare – sfumate e sacrificate sull’altare del “second-party”, ai tempi di Halo, Alan Wake, Mass Effect, è davvero indicativo di cosa non sia andato nel tempo in Xbox (al di là di chiusure sanguinose come Lionhead Studios ed Ensemble Studios): se certi affari fossero stati chiusi per tempo, non ci sarebbe stata una voragine da colmare, e chi chiede un The Last of Us a Phil Spencer probabilmente lo avrebbe già giocato.
Ma qualcosa è cambiato
Se questo è l’aspetto “storico” della vicenda, la nuova ondata di acquisizioni cambia inevitabilmente qualcosa, e conferma soltanto in parte le parole di Hermen Hulst che parlava di integrazioni nel team di PlayStation Studios solo da realtà che abbiano avuto una collaborazione intima con il publisher, tra gli altri, di God of War.
Housemarque è un’operazione che ricalca quella di Insomniac Games, una in cui “ufficializzi” una relazione lunghissima e forse lo fai in maniera abbastanza tardiva: il coronamento richiedeva forse un passo necessario in modo da allineare gli intenti, e quel passo è stato l’addio sofferto alla scena dei giochi da cabinato sulla scia di Resogun, acclamati sì, ma lontani dagli standard dei blockbuster cui PlayStation ha deciso di aderire.
Questo vuol dire un potenziamento di quello che già fa: la software house di Super Stardust HD crescerà a dismisura sia come staff e ambizione, sia sotto il profilo della qualità, e lo farà sul binario attaccato al terreno con Returnal. A dire la verità, non saremmo troppo sorpresi da un soulslike vero e proprio, vista l’affinità trovata con i roguelike/roguelite nel passaggio da arcade a doppia-A e l’apprezzamento registrato presso lo stesso pubblico dei titoli From Software.
In tal senso, Bluepoint Games – che da tempo vuole una nuova IP originale – potrebbe non essere più una priorità e venire destinata come collaborazione esterna soltanto per i remake con cui ha lasciato finora il segno. Sappiamo delle voci e sappiamo degli indizi, ma due team così gameplay-first nella libreria PlayStation, ormai su un percorso story-driven, potrebbero rappresentare un cambio di direzione e un ampliamento importante del focus dell’etichetta che, pur in un momento di proclami dirompenti, non appare come prioritario adesso.
Nixxes Software, invece, è un’autentica sorpresa nel nome e nelle modalità, ma a dirla tutta non nello scopo. Quest’acquisizione dimostra che non c’è la volontà di accontentarsi dell’essersi ritagliati una propria dimensione in quanto compagnia del single-player, della narrazione e delle console (laddove Microsoft è servizi platform-agonistic e Nintendo… è Nintendo), qualcosa che avevamo adocchiato già in tempi non sospetti.
Il fatto che sia stato assoldato un team esperto nei port su PC e dedito alla “manovalanza”, nel senso più genuino del termine, è emblematico di come si voglia accelerare il processo delle uscite su quella piattaforma; non crediamo che l’intenzione sia fare lanci simultanei tra PlayStation e PC fin dal day one, poiché Sony tiene molto alle gerarchie nella sua clientela, ma perlomeno accelerare il discorso specie per smaltire il portfolio della generazione PS4, con cui si possono ancora far spalancare un po’ di bocche in circolazione.
Ottimisticamente, l’ingaggio di un developer operaio come questo – che ha portato in pratica tutto il catalogo della Square Enix occidentale su PC negli ultimi anni, compreso il recente Marvel’s Avengers – potrebbe essere letto pure come un modo per risolvere i problemi emersi pochi mesi fa nel gruppo, che ha visto studi titolari di IP (vedi Bend Studio) messi a fare da supporto per progetti di big (vedi Naughty Dog).
Con l’arrivo di Nixxes che metterebbe una pezza laddove dovesse servire – abbiamo l’impressione che darà una mano da subito a Guerrilla Games nel nuovo hub PlayStation olandese, tra Amsterdam e Utrecht, magari per portare su PC il gioco multiplayer dal director di Rainbow Six Siege –, le realtà PS Studios in grado di farlo potrebbero essere finalmente libere di sganciarsi per scrivere nuove proprietà intellettuali, aka nuovi titoli per PS5.
In questo senso, sempre premesso che non sappiamo ancora gli scopi cui sarà destinata realmente, l’innesto della software house europea potrebbe essere un contraltare naturale al ridimensionamento di Japan Studio, passato negli anni da casa dei prodotti più strambi a semplice (ma evidentemente fondamentale) supporto per il lavoro “manuale” sia interno che esterno prima di venire eclissato da Team Asobi.
In conclusione
Mentre per Housemarque si può pensare ad una pura formalità, quella di Nixxes Software è un’acquisizione irrituale per PlayStation Studios, e una che parrebbe fin troppo semplice da leggere se non fosse che quella lettura potrebbe significare un cambiamento epocale per la label videoludica giapponese.
Indubbiamente, il fatto che non se ne sia parlato sul blog ufficiale è anch’esso un piccolo grande indizio dell’orientamento PC dell’operazione, un campo su cui vuoi dare una risposta a Microsoft: come su PlayStation Plus Collection e i day one su PS Plus, questa risposta non sarà convinta al 100% allo stesso modo di un Xbox Game Pass, ma Sony vuole mandare un messaggio: ci siamo anche noi, anche lì.
È un tipo di aggressività cui il platform owner ci ha abituato durante la gestione di Jim Ryan: segreta, sorniona, un po’ subdola, ma che proprio non ci sta a parlare solo alla propria (pur enorme) cerchia di utenti e che, in una fase palesemente di evoluzione, si farebbe solo del male se proseguisse sulla strada delle mezze verità - sul cross-gen, sul cross-play, sui servizi e sul PC, tutti supportati opportunisticamente a targhe alterne.
Uno step che probabilmente non è nella natura del marchio e arriva come risposta alla sfida a tutto campo di Xbox ma che, per giunta con il potenziale di un logo che in gran parte del pianeta vuol dire “videogioco” e dopo le frecciate di Spencer su quella che è una spina nel fianco, potrebbe rivelarsi un errore continuare a non compiere.
Se siete in vena di un'esclusiva PS5, Ratchet & Clank Rift Apart è disponibile solo su console next-gen ad un ottimo prezzo.