Ormai da diverse settimane sentiamo parlare dell'accostamento tra videogiochi ed NFT, con i token non-fungibili che secondo alcuni publisher, come Ubisoft e Square Enix che si sono espresse in modo molto chiaro, rappresenterebbe un'importante occasione.
Tuttavia, Ubisoft ha visto perplessità tali perfino dai suoi stessi addetti ai lavori da essere arrivata a sostenere che le persone non stiano apprezzando il suo Ubisoft Quartz solo perché «non hanno capito» gli NFT. A questo, si affianca il fatto che alcuni di questi NFT made in Ubisoft stiano venendo regalati proprio ai dipendenti.
Square Enix, invece, aveva riferito di vedere un'importante occasione per i content creator dei suoi videogiochi di monetizzare i loro sforzi: si tratta di un'idea che però sacrifica la componente ludica del dare un contributo a una community, inquadrandola in una logica di mercato in cui anche il publisher, ovviamente, vuole riscuotere una parte.
Le posizioni sono però delle più disparate: se Nintendo se ne tiene lontana e Konami vende NFT di Castlevania a prezzi incomprensibili a noi mortali, mentre Team17 fa retromarce clamorose insieme agli autori di S.T.A.L.K.E.R. 2, ecco che Atsushi Inaba, alla guida di PlatinumGames, si è espresso sull'argomento nel corso di un'intervista a VGC.
Il dirigente della compagnia nota soprattutto per i suoi videogiochi action si è mostrato in realtà molto perplesso, incarnando molti dei dubbi dei videogiocatori stessi. Il punto, a suo dire, è piuttosto semplice: se è vero che rappresentano un'occasione di business per le compagnie, cos'hanno invece da offrire gli NFT ai videogiocatori? Ed è qui che le risposte concrete, secondo la visione di Inaba, latitano.
«Capisco che sia un tema caldo e che sia sempre più sotto i riflettori» ha ragionato Inaba con VGC. «Ma il modo in cui l'argomento ha ottenuto visibilità si concentra su come possa essere un modello di profitto per le compagnie, senza nessun impatto positivi sui creatori o sugli utenti, in nessun senso. È abbastanza frustrante vederlo accadere».
Approfondendo l'argomento, il CEO di PlatinumGames ha aggiunto, a chiarissime lettere:
«La conversazione è estremamente unilaterale: 'hey, ci farai dei soldi!'. Ma quali sono i vantaggi per il giocatore o per il creatore? Se voglio spendere il mio tempo su qualcosa, voglio che il beneficio che mi dà sia volto a fare dei bei giochi».
Ancora più al vetriolo Hideki Kamiya, che come è nella sua indole non ha di certo edulcorato la sua opinione, esprimendosi nella stessa intervista sulla scelta di Konami di tuffarsi subito su questo business: «se una cosa ha odore di soldi, Konami ci arriva in un attimo».
«Ora come ora, è una cosa che non porta nessun beneficio all'utente e io mi sento molto più un utente, che un uomo d'affari. Se in futuro, magari, la cosa si espandesse in modo da proporre un lato positivo per l'utente, allora magari potrei iniziare a interessarmi alla cosa. Ma non vedo niente di tutto questo, al momento» ha aggiunto Kamiya.
Difficile, allora, immaginare un futuro interessamento di PlatinumGames nei confronti degli NFT: la compagnia non li ritiene essere capaci di offrire qualcosa di valore per l'esperienza ludica e pertanto non si considera interessata a lanciarsi nella mischia dei token non-fungibili.
Ad andare a braccetto con loro è di sicuro Josef Fares, autore del GOTY It Takes Two, che si era detto meglio disposto a farsi gambizzare che a includere gli NFT nei suoi videogiochi. Più chiaro di così...
Se volete avvicinarvi al mondo di Platinum, avete già dato un'occhiata a Bayonetta?