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Perché non dovete perdervi i Racconti di Ghost of Tsushima
A fronte di una storia perlopiù troppo rigida, i contenuti secondari di Ghost of Tsushima gli fanno fare il salto di qualità
a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Sucker Punch
- Produttore: PlayStation Studios
- Distributore: Sony Interactive Entertainment
- Piattaforme: PS4 , PS5 , PC
- Generi: Action Adventure
- Data di uscita: 17 luglio 2020 - 20 agosto 2021 (Director's Cut) - 16 maggio 2024 (PC)
Avrete notato come Ghost of Tsushima abbia polarizzato la critica, suscitando reazioni adoranti come il perfect score di Famitsu – ancor più significativo se consideriamo che arriva da una rivista giapponese, vista l’ambientazione – e sufficienti quali la recensione del magazine EDGE.
Al di là del sacrosanto diritto di un recensore di esprimere liberamente la propria visione su un gioco, facendo contare più o meno la propria soggettività quando mette nero su bianco un voto, noi ci siamo fatti un’idea relativamente a questa disparità di valutazioni emerse sull’action adventure open world di Sucker Punch. In tanti si sono lasciati sfuggire i contenuti secondari accessibili una volta messa da parte magari solo per un attimo la storia principale, e questo è un problema anche piuttosto grave visto che si tratta del meglio che Ghost of Tsushima abbia da offrire una volta immersi nel suo lussureggiante e tumultuoso setting.
Un problema che, adesso che vi apprestate a passare il vostro primo fine settimana in sua compagnia, vi consigliamo caldamente di aggirare con questo speciale.
Racconti di Tsushima
Ghost of Tsushima gode di una struttura piuttosto particolare, che a livello estetico non distingue tra missioni principali e secondarie e nemmeno, all’interno di queste ultime, tra più importanti e meno importanti. La distinzione, naturalmente, sta nell’occhio e nell’esperienza del giocatore, ma non sentirete mai il gioco chiamare i contenuti secondari in altro modo che non sia i Racconti di Tsushima.
Con i Racconti di Tsushima, Sucker Punch si è presa diverse libertà che all’interno della storia principale, per ragioni perlopiù legate al tema di fondo tratteggiato intorno alla visione molto tradizionalista dell’onore di stampo giapponese, ha evitato di assumersi per non estraniarsi – più di quanto non faccia con la “contaminazione” dell’esecrabile, questa è la visione comune del tempo, stealth – ulteriormente dal canovaccio narrativo della storia.
Pur evidenziando pressoché le stesse problematiche dei contenuti principali, che spiccano per valori produttivi non allo stato dell’arte equivalenti all’assenza di animazioni specifiche “disegnate” a mano e il pieno di schermate nere per celarla, vi appassionerete ai Racconti perché vi permetteranno di scoprire di più riguardo ai personaggi che incontrerete strada facendo.
Nel nostro caso, abbiamo ultimato la maggior parte dei contenuti secondari soltanto a Storia finita, e questo ci ha permesso di affrontarli con un legame più stretto con quei personaggi che nella campagna hanno prestato la loro arma alla nostra battaglia con i Mongoli; questo approccio ci ha soddisfatto particolarmente, al netto di qualche lieve sbavatura nella cronologia, ma niente vi vieta di completarli man mano che vi compariranno sulla mappa.
Yuna, Ishikawa e via discorrendo vi forniranno degli autentici archi narrativi (composti da fino a nove quest differenti) in cui avranno bisogno della vostra assistenza per portare a termine missioni soltanto introdotte nella quest primaria, dove semplicemente ci limiteremo a convincerli, svolgendo un solo compito per loro, ad unirsi alla guerra contro l’invasore straniero. A saltare particolarmente all’occhio è la sottotrama di Lady Masako, impegnata in un sanguinoso percorso sull’orlo della follia per vendicare con tanto di lista l’assassinio della propria famiglia, che ci ha ricordato un altro personaggio femminile di un’altra recente esclusiva PS4.
In questo risiede la differenza principale tra Racconti di Tsushima e Racconti Mitici: mentre i secondi si concentrano sull’isola e sulla mitologia antica o recente che su di lei aleggia continuamente, i Racconti sono focalizzati sui personaggi, di cui si prendono la briga di approfondire testi soltanto accennati nella storia principale – relativi pure ad episodi della gioventù di Jin Sakai che illustrano la figura del padre, altrimenti rimasta in genere sempre sullo sfondo, così come di altri affetti famigliari – e persino di chiudere cicli di alcuni dei companion più importanti.
Da un punto di vista tematico, questi contenuti brillano perché riescono a sganciarsi dal racconto tradizionale del Giappone feudale e a farlo in maniera delicata: ci sono storie di relazioni omosessuali trattate con il pudore e la riservatezza che ci si aspetterebbe dall’ambientazione, ad esempio, e che si producono in momenti struggenti capaci di colpire più della prevedibile, almeno per tre quarti, narrazione principale.
Racconti Mitici
Se i Racconti di Tsushima si prendono delle libertà da un punto di vista tematico, molto apprezzate, i Racconti Mitici alzano la posta da un punto di vista artistico e ludico, proponendo meccaniche che nel corso della storia principale sono marginali o non compaiono affatto. Giocarli permette di portarsi a casa mosse speciali (oltre ad armature e armi uniche) che non si possono ottenere in alcun altro modo e passarci durante la storyline facilita alquanto il cammino – ma il gioco non richiede di farlo, ed è dunque terminabile nella componente Storia anche senza di loro.
L’introduzione di ciascun mito è un’animazione a mo’ di vignetta fatta a mano laddove, per tutto il tempo nella Storia, Ghost of Tsushima si “limita” a scene d’intermezzo girate con il motore del gioco. Il risultato è delizioso sia per lo stile, sia per la gradevolezza di storie raccontate da ogni volta da un bardo diverso concentrato su un aspetto del folclore dell’Isola di Tsushima, su leggende e miti, appunto, la cui veridicità dovremo spesso controllare tra demoni o supposti tali.
L’asticella sul versante artistico si alza quindi notevolmente rispetto agli altri contenuti, ma è anche la durata e l’elaboratezza dei compiti assegnati al giocatore a svettare: senza scendere troppo nel dettaglio per non rovinarvi la sorpresa, i Racconti Mitici innestano dinamiche come il freddo che può causare la morte per ipotermia e il fuoco per scaldarsi, o lo studio di un dipinto per identificare un’area in cui dirigersi proprio come in Sea of Thieves.
Funzionalità che, dal momento che la software house di inFamous ha preferito mantenersi su un racconto piuttosto asciutto e diretto, non hanno trovato spazio nella storia principale ma con cui si è invece sperimentato nei contenuti secondari, ma anche situazioni particolari come il pedinamento, l’avvistamento di “segnali di fumo” provenienti da punti diversi dell’isola, ed altro ancora.
Un aspetto interessante dei miti è che raccontano pure qualcosa in più di avvenimenti che ci vengono presentati nel corso della storia, come la ribellione di Yanikawa, e sono dati un po’ per scontati giusto per dare più corpo ai dialoghi che i diversi personaggi si scambiano quando si trovano a parlare della conformazione politica dell’isola.
Se le atmosfere sono più concentrate nel dipanarsi della storia principale e in quello dei Racconti, in questo caso abbiamo un tono che cambia frequentemente tra una leggenda e l’altra, non disdegnando neppure giochi di luce ma soprattutto ombre che ammiccano ora all’horror ora al mistico; col senno di poi, lo sviluppatore avrebbe potuto prendersi del tempo per integrare una porzione di queste trovate almeno nella campagna, che in larga parte soffre della rigidità dei suoi stessi protagonisti.
Di certo, i Racconti Mitici sono più scenografici: non solo perché introducono le gustose illustrazioni di cui sopra, ma anche perché ciascuno di essi si chiude con un duello all’ultimo sangue in ambientazioni spettacolari che altrimenti non avremmo visitato. Tombe, cascate, praterie, chi più ne ha, più ne metta: Tsushima è un posto da cartolina e non a caso abbiamo scattato oltre 200 foto da quando lo abbiamo iniziato a fine giugno, ma le migliori le abbiamo fatte proprio qui.
L’Endgame
Per ovvie ragioni, l’endgame di Ghost of Tsushima non ha la stessa caratura narrativa dei contenuti che abbiamo discusso finora, ma prevede “soltanto” la fornitura di nuove sfide da completare. Il gioco implica che alla fine della storia personale di Jin e della sua trasformazione in Spettro l’invasione mongola – esattamente com’è avvenuto nella realtà, del resto – non risulti esaurita ma che ci sia ancora un nemico da scacciare.
Una volta finito il gioco, la mappa si colora di rosso e riempie le tre regioni di contenuti diversi per tipologia (grossomodo tre). Ci sono i villaggi e le fattorie da liberare, per fare un esempio, e in quel caso potremo ritenerle completate solo dopo aver liberato i contadini tenuti in ostaggio dai mongoli – e potremo liberarli esclusivamente dopo aver eliminato, in maniera silenziosa o a testa alta come vorrebbe Lord Shimura, tutti i nemici nei dintorni.
E ci sono anche sfide relativamente più complesse, che prevedono di abbattere un capo nemico, corazzato a puntino e dotato di mosse speciali, nel corso di un vero e proprio duello in cui avere la meglio su di lui dopo averne eliminato la guarnigione al seguito. Quelle più rapide, segnate non a caso con un puntino rosso più piccolo, riguardano invece la ripulitura di un accampamento stanziato dall’invasore, ed è un tipo di attività che richiede davvero poco tempo per essere ultimata. Grazie a tale sezione è possibile accaparrarsi elementi nell’arco narrativo principale piuttosto rari, come seta, ferro, acciaio, oro da investire nel potenziamento massimo delle armature e dell’equipaggiamento.
Nel complesso, se per terminare la campagna ci sono bastate 20-25 ore, per i contenuti secondari dei Racconti di Tsushima e i Racconti Mitici possiamo stimare un’aggiunta di altre 15-20 ore, mentre per l’endgame – al quale, va contato, arriverete già molto potenziati alla fine della campagna – dovrebbe bastarvene una decina, considerando che non si tratta di materiale narrativo ma in cui non vi servirà altro che immergervi a testa bassa in attività meccaniche o poco più.
Ciò non significa che sia sgradevole giocarli, tutt’altro: nel nostro caso, abbiamo continuato ad apprezzare l’azione fluida, la varietà degli approcci, la raccolta di materiali e la possibilità di goderci scenari da sogno (che costituiscono, di fatto, probabilmente l’open world più bello, nel senso letterale del termine, della generazione), e lo abbiamo fatto sfruttando continuamente la feature del viaggio rapido; Sucker Punch è riuscita a rendere i caricamenti rapidissimi, come per magia a livello di un SSD e in maniera insolita per un esponente del genere su console, per cui non pesa minimamente saltare da un punto all’altro della mappa senza passare per il cavallo.
Questo, naturalmente, a prescindere dai contenuti che vi sarete lasciati indietro nei frangenti in cui eravate impegnati sulla storia: le missioni secondarie non “scadono” e rimangono tutte disponibili a prescindere da quando deciderete di giocarle, e lo stesso dicasi dei duelli, dei minigiochi spassosi come lo Spezza-bambù o degli obiettivi ambientali quali la ricerca di Santuari Shinto (che aggiungono una divertente dinamica di tomb raiding rimasta ai margini della trama), sorgenti termali per allargare la barra della salute o di fari. Al momento, invece, manca una modalità Nuova Partita + ma, guardando il modo in cui gli studi PlayStation si sono comportati sui precedenti titoli a mondo aperto, ci aspettiamo arrivi poco dopo l’uscita.
La natura narrativa di Ghost of Tsushima spicca il volo una volta che si libera della struttura particolarmente rigida della sua storia, ed è soprattutto per questo che vi invitiamo, con questo open world più che con ogni altro, a prendervi del tempo solo per esplorare i contenuti secondari. Fatevi guidare dal vento, è il caso di dirlo, e uscite da un golden path che specie nella prima metà potrebbe deludervi: la vena più autoriale di Sucker Punch si vede proprio qui, dove ha osato prendersi dei rischi e lasciarsi l’abbottonata dinamica dell’onore alle spalle – proprio come farebbe un vero Spettro.