Penso di essermi innamorato di Halo Infinite

Ci siamo confrontati con il primo flight di Halo Infinite e, da quello che abbiamo provato, è scattato l'amore. Vi raccontiamo perché.

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a cura di Paolo Sirio

Sembra passata una vita dall’esibizione, passata tristemente alla storia, in cui abbiamo potuto assistere alla presentazione del gameplay di Halo Infinite. A ridosso dell’inizio della nuova generazione di console, le aspettative erano elevatissime – così elevate che neppure i giocatori sapevano cosa attendersi davvero, in quel turbinio di hype e sogni ad occhi aperti che accompagna tipicamente il lancio di un hardware più potente.

Ho sempre sostenuto che, sia perché il gameplay viene prima di tutto e Halo ha sempre fornito prestazioni di alto livello quando si è trattato di impugnare un controller, sia perché quello che avevo visto in termini di direzione artistica e ludica mi aveva intrigato, per quanto mi riguarda il first-person shooter sandbox di 343 Industries avrebbe potuto varcare la soglia dei negozi in quello stesso stato.

Lo avrei valutato come tutti i capitoli della saga, non produzioni che abbiano mai ridefinito il concetto della prestanza visiva (non dimenticherò mai la baraonda per quell’Halo 3 che avrebbe dovuto rispondere ad Uncharted e finì con l’essere, invece, “soltanto” un grande titolo di Bungie) ma che hanno alzato ogni volta l’asticella quando c’è stato da ridiscutere le regole del gioco: ricco, frenetico, strategico – e questi sono solo alcuni degli aggettivi che calzano a pennello sul franchise.

Però, adesso, quella parentesi tribolata è ormai alle spalle e l’arrivo su tutte le piattaforme servite da Xbox Game Pass – PC, Xbox One, Xbox Series X|S e Xbox Cloud Gaming – è dietro l’angolo. Lo sviluppatore di Seattle ha portato avanti, com’è stato per The Master Chief Collection, l’idea dei Flight – qualcosa in più di un’alpha, qualcosa in meno di una beta – per concedere ai fan l’opportunità di provare il gioco prima del lancio e al contempo testarne diversi aspetti fondamentali: a questo giro, il debutto è toccato ai bot, anche se sarebbe riduttivo concentrarsi soltanto sulla (sorprendente, per certi versi) qualità dell’IA.

Le sensazioni

Mi sono probabilmente tradito nel titolo “un po’” rivelatorio di questa anteprima, ma Halo Infinite mi ha decisamente rapito, e mi ha lasciato sensazioni così positive che forse non provavo dai tempi dell’indimenticato Halo Reach – l’ultima gemma lasciata in eredità al franchise da quello che sarebbe diventato poi lo studio di Destiny 2.

Ho avuto grossi problemi a staccarmici, finendo rapidamente nel vortice di “un’altra partita”, e questo penso valga molto più di mille valutazioni tecniche per una saga che negli ultimi tempi, tra un appuntamento non proprio riuscitissimo e una comparsata deludente per i più, si era rattristata e non riusciva a trovare il divertimento, come si dice in gergo.

Il gioco esibisce fin da subito di che pasta sia fatto e alcuni guizzi che colpiscono nel segno. Il gunplay è ad esempio solidissimo e, nel complesso, le dinamiche dello shooting sono molto più “boots on the ground”, ovvero rinunciano a talune delle dinamiche eccessivamente macchiettistiche introdotte in Halo 5 Guardians per concentrarsi sullo scontro a terra, all’ultimo respiro e spesso sporco tra Spartan.

Il BR75, alias il DMR, è diventato rapidamente la mia arma preferita ed esige una bella sessione di Swat il prima possibile, mentre il fucile d’assalto tradizionale, che non avevo mai amato nella controparte multiplayer, ha dimostrato in questa primissima fase di test – lo passeremo poi al vaglio contro giocatori umani, per dargli la sentenza finale – contro le intelligenze artificiali.

Di armi sparse per le mappe ce ne sono a decine, in effetti, ma in questo stadio embrionale ho preferito concentrarmi su queste due dall’affidamento sicuro più sul Command Rifle, un fucile d’assalto pesante un po’ lento ma molto efficace, specie mirando alla parte alta dell’armatura; anche se, lo ammetto, l’ho giocato soprattutto perché era compreso nelle sfide per mandare avanti il battle pass, e se fosse per me andrei pure in bagno con il DMR di Halo.

Si potrebbe dire che il gioco conta molto sull’attacco melee, ed è in buona parte così – è sempre stato così in questo franchise –, ma è importante scegliere il tempismo giusto. L’1v1, persino con un bot, è davvero una gara di nervi e se ne creano di continuo durante le sessioni di Massacro, dove partire un istante prima all’attacco frontale in sprint contro un avversario, sparare fuori bersaglio per un attimo o anticipare troppo il colpo melee ti porta inevitabilmente alla morte.

Quando parlavo di una concentrazione maggiore sull’aspetto “boots on the ground” mi riferivo specialmente alle abilità. Portando avanti la tradizione inaugurata con Reach (preparatevi, lo menzionerò spesso), le abilità fanno il loro ritorno ma sono stavolta meno spettacolari rispetto ai salti a base di propulsori posti sulla schiena degli Spartan e altre trovate simili.

Nel primo flight abbiamo avuto a disposizione uno scudo ambientale da gettare a terra e sfruttare come copertura addizionale per sé ma soprattutto per il resto della squadra nei paraggi; uno scudo aggiuntivo per il nostro emulo di Master Chief; un sistema di camo per rendersi brevemente invisibili; un rampino.

Mentre per le prime tre non sembrano esserci rischi di particolari distorsioni nel flusso del gioco, dovremo capire col tempo se il rampino – pur limitato ad un numero piuttosto ristretto di utilizzi – ne potrà creare, se consideriamo che lo si può usare per agganciarsi al nemico e rifilargli subito un colpo melee (esaltante, lo ammetto, quando la giocata riesce a mandare al tappeto il nemico), oltre ad arrampicarsi in aree della mappa difficilmente accessibile, e rubare armi qua e là in tutta comodità.

Il ritmo dell’azione mi è piaciuto molto: il time to kill è stato piuttosto basso, anche considerando il comportamento dei bot che tendono a nascondersi soltanto sul finire delle partite, e allo stesso tempo azioni come la scivolata – con la quale è possibile effettuare giravolte di 180 gradi e sorprendere l’avversario che ci segue dalla distanza, ma pure sbucare da un angolo e colpire duro da vicinissimo – accelerano il flusso degli scontri favorendo la fase offensiva.

Il fatto che mi si piaciuto questo ritmo avanza delle perplessità: Halo Infinite sta colpendo me che sono un fan di vecchia data della saga, ma funzionerà con il nuovo pubblico cui si rivolge, alimentato a pane e free-to-play dei più frenetici? È una domanda che mi sono posto durante ogni sessione e, vedendo come mi sono sentito a casa tutto il tempo, resterà aperta fino a quando non valuteremo la presa del gameplay su una userbase abituata a velocità folli anziché alla giocabilità relativamente ragionata di un multiplayer arena.

Un aspetto che mi ha incentivato a giocare e praticamente arrivare alla fine della “beta”, ammesso che ne esista una fine, è la nuova struttura della progressione. Il battle pass ricalca le meccaniche introdotte con la MCC nella sua seconda vita ed è incentrato su sfide che potrete modulare sulla base dei vostri gusti, in modo da scartare quelle che non pensate potrete completare in tempi accettabili o accogliere soltanto le challenge che vi piaceranno (e vi potranno dunque far andare avanti nella dialettica della stagione).

I refresh della lista sono forniti, chiaramente, in un numero contingentato, mentre le singole voci sono su base giornaliera o settimanale, e possono essere potenziate con i boost di XP, dei consumabili acquistabili con valuta di gioco e guadagnabili con lo stesso battle pass così da avanzare più rapidamente non appena completata una sfida (guadagnerete 500 punti esperienza, ad esempio, per una che in teoria ne vale 250).

Gli altri oggetti ottenibili con il battle pass (che alterna ricompense gratuite con altre della versione da acquistare, anche con valuta in-game, tutte con i propri tempi e persino slegate dal concetto di stagione) sono funzionali alla personalizzazione dello Spartan, ispirata a quella di Reach: oltre al colore dell’armatura, è possibile decidere la forma di spallacci, pettorali, caschi e molteplici particolari della dimensione estetica del personaggio – comprese protesi di vario genere e il colore della visiera. Tali oggetti possono essere acquistati con valuta di gioco pure nello store interno e non necessariamente tramite il battle pass.

Questa struttura “a scalata” che i giocatori hanno potuto testare nel primo flight – una versione in miniatura creata ad hoc di quello che vedremo nel titolo completo – si è rivelata piuttosto soddisfacente, sebbene sia stata la buona riuscita dell’esperienza di gameplay a lasciare il sapore più dolce: fin da adesso, Halo Infinite sembra oltremodo curato, apprezzando alcune sfaccettature dell’IP come la sua caratura musicale nei menu, prima, durante e dopo il match, lasciando un accento dei suoi temi in ogni partita come una traccia per dettare il passo della tensione e della gloria accumulata con le proprie gesta.

Bot e mappe

Questa prima technical preview di Halo Infinite è servita principalmente a mettere alla prova l’intelligenza artificiale ed è per questo che i grandi protagonisti sono stati i bot. I giocatori, uniti in squadre da quattro umani, si sono dunque confrontati con l’IA e i risultati – per quanto a spuntarla siano stati sempre gli utenti in carne ed ossa – sono stati piuttosto sorprendenti, alla fine.

I bot sono già diventati un piccolo meme in rete grazie alla loro aggressività e proattività, qualcosa di nient’affatto scontato quando si tirano in ballo personaggi gestiti dalla CPU, dimostrando – salvo sparuti e comprensibili casi di incagliamento e incantamento – una buona reattività e una capacità di emulare i comportamenti dei giocatori, con un turbinio di granate e colpi melee assai simile a quello che ci aspetteremmo da un match regolare.

In particolare, nonostante l’incrocio con un bot mi abbia portato frequentemente a pensare di essere superiore, questo è tutt’altro che assodato (gli 1v1 che menzionavo prima non sono finiti sempre in mio favore…) e l’inferiorità numerica è una situazione dalla quale è stato difficile uscire vivi se non svicolando e trovando riparo per aspettare che gli scudi si rialzassero. Specialmente all’inizio della partita, girare l’angolo sbagliato e ritrovarsi davanti a tutto il team avversario è valso di continuo la morte, proprio come sarebbe stato in una partita multiplayer tradizionale.

Peraltro, confrontandomi con alcuni giocatori nella chat vocale delle partite, ho preso nota del fatto che qualcuno abbia osservato un cambiamento nelle caratteristiche dei bot lungo il test, evidenziandone in primis una maggiore velocità nella seconda parte del flight. Questo al di là dei livelli di difficoltà regolati prima del match, con ODST che è diventato rapidamente lo standard (più probante, e non di poco, rispetto all’avvio).

Le mappe messe a disposizione in questa versione di Halo Infinite sono state in origine soltanto due, Live Fire e Recharge, cui si è aggiunta sul gong Bazaar che da un punto di vista estetico e meccanico ha ambizioni sostanzialmente diverse. Entrambe Live Fire e Recharge hanno qualcosa di Halo Reach, la prima soprattutto mi ha ricordato il livello iniziale della campagna (diventato poi anch’esso una mappa multiplayer molto popolare, Powerhouse) grazie alla sua commistione di ambienti esterni a cielo aperto e interni – la seconda, se dovessi accostarla ad una mappa di Reach, la avvicinerei a Countdown.

In tutti e due i casi parliamo di mappe Arena piuttosto tradizionali, con un punto centrale nel quale convergono spesso e volentieri gli sforzi delle due squadre in battaglie campali molto rischiose (che si presteranno abbastanza di sicuro a battaglie di granate, una volta che ci saranno giocatori reali da una parte e dall’altra). Si è subito capito come sarà determinante memorizzare il posizionamento dei vari oggetti, nel mio caso più le armi delle abilità, almeno per quanto riguarda ciò che è stato testabile finora come elementi giocabili.

Le dimensioni ristrette, aspettando altre modalità come Big Team Battle che introdurranno i veicoli, hanno favorito scontri veloci che, se da un lato si sono risolti in poco tempo, dall’altro hanno evidenziato alcune delle caratteristiche più importanti di Halo nella sua inedita declinazione free-to-play. Qui, per la conformazione delle mappe, non c’è stato troppo spazio per i ragionamenti raffinati (o meschini, come il camping) e ciò ha favorito la dinamicità delle partite.

Diversamente dalle precedenti iterazioni, potrete prepararvi a dovere alle sfide “live” grazie all’Accademia, una nuova modalità che funge da poligono di tiro. La modalità verrà arricchita col tempo, sebbene per il momento sia incentrata sulle armi in tre situazioni differenti per ciascuna di loro, ovvero con Spartan fermo a diverse distanze e con vari tipi di movimento.

Il giocatore viene valutato da una a tre stelle in base al numero di kill e al tempo impiegato, ma non aspettatevi qualcosa di particolarmente probante se siete giocatori già skillati; certo è interessante, grazie alla rilevazione in tempo reale sul corpo del nemico, capire esattamente dove vada a finire un colpo e vorrò vedere se questo promesso ampliamento potrà portare qualcosa in più anche per i veterani.

In conclusione

Nel complesso, è stato inevitabilmente su PC (via Steam) dove si sono registrati i problemi più sostanziosi in questa fase iniziale della “sperimentazione” di Halo Infinite: tutti minori e perlopiù consistenti in loop interminabili all’avvio e qualche attesa di troppo nell’introduzione alla partita. Nonostante questo, resta evidente la cura riposta anche in questo primo test, dopo qualche intoppo iniziale e tenendo bene in mente la sua finalità, assolutamente godibile.

Volendo tirare le prime somme, è evidente come Halo Infinite si porti a casa dalla sua prima apparizione giocabile delle forti vibrazioni di Halo Reach, ed è qualcosa di cui da fan di quell’episodio non posso che essere entusiasta: con ogni probabilità, e con tutte le limitazioni del tempo, il canto del cigno di Bungie fu l’originale evoluzione in senso moderno del franchise, senza contare un setting e una storia da brividi.

Halo Infinite ha tutte le carte in regola per ripercorrere quel sentiero, da quello che abbiamo apprezzato finora. Sarà il migliore? Difficile, e difficile dirlo adesso, soprattutto. Ma di certo ha la possibilità – grazie ai mezzi con cui potrà diffondersi, in primis gratuità del multiplayer e inclusione multipiattaforma su Xbox Game Pass (e su Steam) – di diventare quello più popolare. Resto in attesa di spolpare il pacchetto completo e sciogliere gli ultimi dubbi ma, una volta di più, faccio il tifo per lui.

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