Rendiamo onore ad Halo Infinite, che sceglie di non imitare Fortnite (e non diventare un fortlike)

Halo Infinite ha il coraggio di non volersi accomodare tra la massa.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Ho la sensazione che Halo Infinite abbia ormai un marchio indelebile. Che l’8 dicembre prossimo vedremo uno shooter dai voti stellari, oppure una produzione in parte deludente, il titolo di 343 Industries sarà per sempre quel videogioco di Craig il Brute, dei meme e delle perculate sugli 8K e i 120fps.

È così che funziona, oggi, la community dei videogiocatori. Ne abbiamo parlato un sacco di volte su queste pagine, non esiste una percezione diversa dalla propria nonostante i tentativi della critica di raccontare le cose come stanno.

Non ho dubbi che ci sarà chi cambierà idea, che tra chi ha sbeffeggiato il primo reveal di Halo Infinite c’è chi si ricrederà una volta provato il nuovo corso della saga di Master Chief. Ma sono sicuro che ci saranno altrettante persone che non faranno altro che continuare la loro battaglia contro i mulini a vento.

In fondo sono queste le regole del gioco dei… videogiochi nell’era dei social network e dei giudizi sommari da una manciata di secondi dei trailer. Sia dal punto di vista negativo che positivo, con reazioni troppo fredde o troppo calde a fronte di brevi spezzoni di gameplay montati ad arte.

Ma ora che Halo Infinite è tornato a mostrarsi, con un nuovo trailer che ci mostra una campagna finalmente in stato di grazia, c’è appunto chi non ne ha voluto sapere e, nelle community, ho notato esattamente quel tipo di atteggiamenti che descrivevo poco sopra.

Non c’è niente da fare: ormai per molti Halo Infinite è quel gioco con la “grafica vecchia di dieci anni”, con Craig, e soprattutto, apriti cielo, con un open world pure vuoto e senza cose da fare.

A prescindere da cosa vedremo sulle nostre Xbox a fine anno, credo che Halo Infinite vada lodato perché, una volta tanto, è un tripla A che non vuole inseguire Fortnite a tutti i costi.

Halo Infinite contro il fenomeno Fortnite

Chi di voi giocava Rainbow Six Siege al lancio si ricorderà dello stile assolutamente serioso adottato da Ubisoft. Talmente serio che, ricorderete, venne rimossa la modalità PvP con i terroristi per impedire ai giocatori di immedesimarsi nei panni degli autori delle stragi che, all’epoca, imperversavano anche in Europa.

Ricordo anche dichiarazioni del team di sviluppo, che sfortunatamente non sono riuscito a recuperare per il raffronto, sul fatto che eventuali contenuti cosmetici non avrebbero mai influenzato troppo l’estetica dei personaggi sia per una questione di stile, ma anche per impedire che i personaggi e le armi siamo impossibili da riconoscere dagli avversari.

Sei anni dopo, Rainbow Six Siege è pieno di costumi e skin per le armi di ogni tipo, alcune delle quali coloratissime e inevitabilmente affini allo stile di Fortnite.

Rimanendo in casa Ubisoft basti vedere XDefiant, il nuovo shooter i cui colori ed estetica sono ancora più ispirati al battle royale di Epic Games, come Riders Republic che tra una strizzata e l’altra a Forza Horizon non può non ricordare sempre Fortnite.

Non sono questi gli unici esempi, affatto. Che sia per l’idea dei battle pass, delle skin a tempo e un’estetica coloratissima, molti videogiochi tripla A nascono, o si sono trasformati, per somigliare sempre di più al fenomeno mediatico di Epic.

Apex Legends ha fatto un percorso simile, partendo dall’essere uno shooter con eroi molto distintivi, ad integrare al suo interno elementi estetici e cosmetici che ricordano sempre Fortnite.

Nell’epoca dei videogiochi multiplayer moderni ci sono state due wave sostanzialmente, due grandi ondate tematiche e culturali.

La prima nacque da Overwatch, con la necessità di lavorare egregiamente dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi principali, con attenzione all’inclusività estetica, geografica e culturale.

La seconda è quella di Fortnite, dove i colori accesi e l’estetica da cartone animato la fanno da padroni, con skin ed elementi estetici che inseguono questo stesso canone.

In tutto questo, Halo Infinite non insegue il canone e si mantiene fedele a sé stesso. Si rinnova perché approccia con più coraggio l’idea di un open world, sempre con il gunplay tipico della saga, ma senza cambiare perché è sempre Halo.

Lo è nella colonna sonora, nello stile, nei colori, ma soprattutto nel ritmo di gioco. Pochi videogiochi come Halo hanno bisogno di una valutazione con pad alla mano, tanto è solido e pulito il gunplay, ma già da quello che si è visto di Halo Infinite si può tranquillamente dire che non insegua nient’altro che sé stesso.

Certo la formula di gioco più aperta potrebbe non funzionare, perché sappiamo che la dinamica dell’open world nasconde molte più insidie che opportunità in rapporto, e ci sono tante altre cose che potrebbero non reggere quando Infinite sarà sugli scaffali.

Lo shooting potrebbe risultare troppo antico, magari l’epica a cui siamo stati sempre abituati potrebbe stridere con i canoni attuali, e semplicemente il gioco potrebbe non essere all’altezza per un'altra serie di motivi. Ma al di là di quello che potrà uscire fuori in sede di recensione, non importa.

Una sfida contro sé stesso

Nel momento in cui molte saghe rimangono nel congelatore perché non funzionerebbero, a meno che non vengano snaturate per trasformarle in qualcosa che insegue i trend del momento, bisogna dare atto a 343 Industries di avere il coraggio di non inseguire nessuna moda.

Verrebbe da pensare che Halo Infinite abbia un nome così importante alle spalle che sia impossibile immaginare di vederlo trasformato in qualcos’altro. Pensate allora ai nomi che vi ho citato in questo articolo, e vi basterà dare un’occhiata a quello che il mercato offre oggi: quanti grandi nomi sono cambiati per inseguire i trend?

Quante modalità battle royale sono arrivate in giro? Quanti videogiochi si sono ispirati ai colori di Fortnite? Quante saghe sono diventate open world perché i videogiocatori vogliono i videogiochi un tanto al chilo?

Che Halo Infinite si riveli GOTY oppure spazzatura, a proposito di giudizi tranchant e sommari di cui sopra, bisogna almeno avere l’onestà intellettuale di essere riconoscenti a Microsoft di non aver ceduto alla tentazione. Il comparto multiplayer del gioco sarà free to play, avrà dei battle pass, ma sarà sempre tutto a misura di Halo, con i suoi modi, tempi ed estetica.

Se il gioco andrà bene sarà un messaggio molto importante, perché significherà che la ruota si può rompere. Non è obbligatorio seguire i trend per non rischiare, con una buona idea ed una realizzazione di qualità ci si può imporre sul mercato e guadagnarsi il proprio posto rispetto alle mode.

Se andrà male, invece, arriveremo forse al punto di dover inserire anche Halo in quei franchise da mettere nel cassetto, perché troppo unici e peculiari per essere attraenti sul mercato. Ma sarà un momento molto triste perché i grandi franchise stanno finendo.

Il tempo dei dubbi è legittimo come detto sopra, perché quando si cambia così tanto in una saga dalle fondamenta così solide c’è sempre rischio di non ritrovare più l’equilibrio che c’era prima. Però Halo Infinite è il momento di una saga che deve cambiare e, di tutti i modi in cui poteva farlo, non ha scelto la via più semplice del fortnitelike (anche se forse mi piace di più fortlike).

Oggi è una scelta coraggiosa, in un modo o nell’altro.

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