Onimusha Warlords - La vera storia
Approfondiamo le radici storiche autentiche dietro la quadrilogia di Onimusha.
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Malgrado siano passati ormai più di quindici anni, la serie di Onimusha è rimasta nel cuore di moltissimi fan, non solo giapponesi. Eppure fino a poco tempo fa la Capcom non ne voleva proprio sapere di farla uscire dalla sesta generazione di console. Questa parete di ghiaccio si è sciolta a metà gennaio 2019, quando è finalmente uscita (in digitale) la remaster di Onimusha Warlords, il primo celeberrimo capitolo. Quello che è meno noto è che la storia di Samanosuke Akechi non è solo fantasy, bensì ha delle precise radici storiche e storiografiche che indagheremo in questo speciale.
Contesto: il feudalesimo giapponese
La quadrilogia di Onimusha (termine traducibile letteralmente come “guerriero demone” o “demone guerriero”) si ambienta nel periodo storico chiamato “feudalesimo giapponese”. Conosciuto anche come “Epoca Sengoku”, ha come datazione convenzionale il 1467 per l’inizio e il 1603 per la fine. Esse sono rispettivamente lo scoppio della Guerra Ōnin e l’insediamento di Ieyasu Tokugawa come Shogun del Giappone. Molta tradizione storica popolare però spinge in avanti la conclusione al 1615, anno in cui cade l’ultima roccaforte del precedente shogunato Toyotomi (a sua volta subentrato agli Ashikaga), ovvero il castello di Osaka. Tale assedio è rimasto famoso nella terra del Sol Levante perché a schieramenti opposti si scontrarono i due condottieri Yukimura Sanada e suo fratello Nobuyuki Sanada. Malgrado gli eventi abbiano poi portato alla morte di Yukimura (la quale comunque non avvenne per mano di Nobuyuki), la loro lotta fratricida ha assunto valore simbolico di tutta l’epoca.
La parte che però è universalmente la più “famosa” dell’epoca Sengoku va dal 1555 in poi. I continui scontri avevano ridotto i feudatari (daimyo) importanti a poco meno di una ventina, dai trecento che erano in origine. In tale contesto si svolsero eventi rimasti nella storia del folklore giapponese ed emersero personalità tuttora leggendarie. L’evento “inaugurante” furono le cinque battaglie di Kawanakajima, che videro affrontarsi Shingen Takeda e Kenshin Uesugi in un estenuante confronto strategico che si concluse con un nulla di fatto. Il tutto mentre l’autorità centrale rimaneva sorda, all’apparenza indenne all’alternanza di crescite e recessioni del paese. Sempre più staccati dalla realtà, gli shogun della famiglia Ashikaga si avviavano a un inesorabile declino. Circa una decina di anni dopo il duello tra i Takeda e gli Uesugi le congiure di corte spinsero Yoshiaki, pretendente allo shogunato, a riparare a est. Aveva bisogno di una personalità forte per poter di nuovo anelare a un posto sulla cima, e la trovò in Oda Nobunaga.
Fortinbras, il demiurgo nella nebbia
Malgrado le sue origini non propriamente regali (era figlio di un feudatario minore di Owari) la fama di Oda Nobunaga lo precedeva. Dalle sembianze di un uomo calcolatore e spietato, aveva represso nel sangue i dissidenti interni al clan dopo la morte del padre Nobuhide. Ma aveva anche un grande senso strategico, già dimostrato nella sua prima battaglia importante a Okehazama, contro lo svagato Imagawa Yoshimoto. L’ebbe vinta sfruttando sia i trucchi di sua conoscenza (si dice che abbia fatto piantare fantocci in modo che il suo esercito da lontano sembrasse più numeroso) che il clima vero e proprio, approfittando del temporale e della nebbia. Qui finisce la parte storica e comincia Onimusha: Warlords.
Samanosuke Akechi (con il volto dell’attore Takeshi Kaneshiro) ci viene presentato come legato a uno dei maggiori luogotenenti di Nobunaga, Mitsuhide Akechi. Il potente condottiero degli Oda è stato ferito e dato per morto a seguito della battaglia, ma sopravvivrà per motivi sconosciuti. Un anno dopo il conflitto a Okehazama, Samanosuke porterà avanti la missione personale di salvare la principessa Yuki al castello di Inabayama. Ben presto il suo viaggio gli renderà chiaro che dietro l’apparente immortalità di Nobunaga vi sono i demoni Genma, il cui demiurgo Fortinbras ha deciso di appoggiarne l’ascesa. Samanosuke riuscirà ad avere ragione di lui, ma Nobunaga erediterà il controllo sui demoni iniziando la propria ascesa.
Oda Nobunaga, la solitudine del leader
Con o senza l’appoggio dei soprannaturali Genma Nobunaga colse l’occasione datagli da Yoshiaki e irruppe a Kyoto con l’esercito, mettendo il suo assistito al potere. Pur se legittimato dalla nomina a rappresentante ufficiale dello shogun, il signore degli Oda aveva obiettivi ben più ambiziosi. L’alleanza con Yoshiaki divenne quindi ambigua, e ciascuno cercava la soggiogazione dell’altro. Inutile dire che la spuntò Nobunaga, che umiliò l’ex-alleato in battaglia e poi lo esiliò. Era il 1573 e Nobunaga era ormai pronto per il suo obiettivo più grande: l’unificazione del Giappone.
A questo scopo negli anni aveva raccolto attorno a sé molti uomini intelligenti, alcuni dei quali si erano fatti strada da origini umilissime. Uno di loro era Tokichiro Kinoshita, che da figlio di contadini era con lui divenuto comandante di armate. L’altro era il già citato Akechi Mitsuhide, che divenne ben presto uno degli uomini più vicini all’Oda. Ma di contro l’unificazione di Oda Nobunaga si trasformò ben presto nel più esemplare dei buoni propositi portato avanti con mezzi efferati. Le campagne militari condotte da lui e dai suoi luogotenenti divennero sempre più sanguinarie. Tanto i nemici quanto coloro che li appoggiavano facevano una fine cruenta, senza badare a vincoli parentali o morali. Nobunaga fece giustiziare il cognato Azai Nagamasa e ne espose pubblicamente la testa decapitata, massacrò il monastero buddhista di Enryakuji e distrusse ciò che rimaneva del clan Takeda dopo la morte di Shingen (quest’ultima vicenda è stata raccontata anche dal regista Akira Kurosawa nel suo Kagemusha – L’ombra del guerriero).
È da queste premesse che la nebbia della storia cala e riprende la vicenda di Onimusha, con Onimusha 2: Samurai’s Destiny. Durante la sua apparentemente infinita serie di conquiste Nobunaga assalta il villaggio di Yagyu con i Genma. Unico sopravvissuto per un caso fortuito è Jubei Yagyu, un samurai che giurerà vendetta e che diverrà il secondo Onimusha. In suo aiuto verranno la oni Takajo e numerosi altri comprimari più o meno storici, tra cui anche Oichi, sorella di Nobunaga realmente esistita e sposa di Azai Nagamasa. Pur se Jubei riuscirà nella sua vendetta sarà comunque incapace di spazzare via Nobunaga una volta per tutte, non essendo in possesso del Guanto Oni di Samanosuke. Le nebbie della fiction si risollevano e il condottiero degli Oda ben presto riprende il suo sentiero insanguinato.
Il portale di Honnoji
Nobunaga si guadagnò presto la nomina di “demonio”, vocativo sussurrato dai dissidenti quando ovviamente erano sicuri che non sentisse. Era solo questione di tempo prima che qualcuno non tollerasse più una simile condotta. Una prima avvisaglia si ebbe nel 1579: Akechi Mitsuhide aveva conquistato il castello di Yakami e fatto un accordo con lo sconfitto Hatano Hidearu, ma Nobunaga rinnegò i patti e lo fece giustiziare. Malgrado non sia mai stato dimostrato con certezza, c’è chi pensa che furono proprio gli eventi di Yakami che fecero realizzare a Mitsuhide Akechi la vera natura del suo signore. La famiglia Hatano si era tra l’altro vendicata proprio su di lui, uccidendone la madre.
Certo è che qualcosa in Mitsuhide si spezzò, portandolo a ordire uno spietato tradimento. La tragedia si compì il 21 giugno 1582, alla residenza di Honnoji dove Nobunaga si era stabilito da un paio d’anni. La mattina molto presto Mitsuhide arrivò con le sue divisioni e circondò il tempio alla ricerca del suo ex-comandante. Sugli ultimi istanti di Nobunaga abbiamo il resoconto del monaco portoghese Luis Frois, testimone oculare della vicenda. Il gesuita racconta che Nobunaga fu colto di sorpresa dopo essersi lavato, e che fu colpito da una freccia. Riuscì a strapparla via e a difendersi ma poi sfiancato si rifugiò nelle sue stanze serrando le porte. A quel punto le testimonianze divengono meno chiare: l’edificio venne incendiato, seppure non sia noto l’autore del gesto. È certo che Nobunaga morì nelle sue stanze, ma non si sa se carbonizzato oppure che si sia suicidato prima che le fiamme lo raggiungessero; certo è che Frois fu uno degli ultimi a vederlo vivo.
Qui si interrompe di nuovo la vicenda storica e inizia Onimusha 3 (in America sottotitolato Demon’s Siege). Samanosuke torna dal suo viaggio di allenamento ed è tra coloro che seguono Mitsuhide a Honnoji per concludere una volta per tutte la mattanza di Oda Nobunaga. La sua nemesi è però ancora troppo forte per lui, e a salvarlo da morte certa è uno strano portale temporale, che lo catapulta nella Parigi del 2004. In maniera parallela, il membro delle forze speciali francesi Jacques Blanc (interpretato dall’attore francese Jean Reno) viene trasportato nel Giappone feudale, poco meno di due settimane prima di Honnoji. Il poliziotto e il samurai dovranno quindi aiutarsi attraverso i secoli, impedendo che l’esercito dei Genma conquisti anche il mondo contemporaneo. La vicenda si concluderà in maniera dolceamara: Jacques tornerà al suo tempo ricongiungendosi con i suoi cari, mentre Samanosuke sconfiggerà Nobunaga una volta per tutte imprigionandone lo spirito nel Guanto Oni. L’epilogo lo vedrà partire per nascondere l’artefatto e impedire a Nobunaga di liberarsi nuovamente.
Dopo Honnoji, dopo Samanosuke
Il diradarsi della nebbia ci permette di tornare alla storia autentica. Nobunaga quindi muore a Honnoji in circostanze non chiare, ma lo scettro viene subito raccolto dall’altro suo fidato luogotenente: Tokichiro Kinoshita. Cambiato nome prima in Hideyoshi Hashiba e poi in Hideyoshi Toyotomi, l’uomo si ritrova tra le mani una quantità spropositata di potere e ricchezza. Tuttavia la sua prima mossa è quella di stipulare una pace con il clan Mori e smettere di combattere. Questo perché deve prepararsi alla rappresaglia contro Akechi Mitsuhide, ancora non sazio della sua vendetta contro gli Oda. Eppure Mitsuhide viene portato alla rovina dalla sua stessa frenesia: uccide Nobutada Oda (figlio maggiore di Nobunaga) e ne saccheggia il castello. Viene raggiunto poco dopo a Yamazaki, dove si consuma una grande battaglia che lo vede perdente. Ancora una volta Mitsuhide fugge nelle campagne ma viene assalito e ucciso a bastonate da alcuni banditi. Era il 2 luglio 1582, neanche due settimane dopo la morte di Nobunaga.
Dal canto suo Hideyoshi sfruttò la legittimazione ottenuta dall’aver sconfitto il traditore per proclamarsi successore di quest’ultimo, inaugurando il proprio percorso di affermazione prima all’interno degli stessi Oda e poi in tutto il Giappone. Fondamentale in tal senso fu l’alleanza con Ieyasu Tokugawa. Nel frattempo si sviluppò presso il popolo la credenza che Mitsuhide avesse solo inscenato la propria morte, e che volendo fare ammenda per il suo passato si fosse ritirato a vita monacale sotto lo pseudonimo di Nankobo Tenkai.
Con l’assedio di Odawara del 1590 si concluse la seconda macro-fase del periodo Sengoku, con Hideyoshi che unificò praticamente tutto il Giappone proclamandosi kampaku (traducibile alla buona come “dittatore”). Continuò a inseguire la stabilizzazione nazionale per tutti e otto gli anni del suo dominio, cacciando i missionari cristiani (è rimasto tristemente famoso l’episodio dei “ventisette martiri del Giappone”) e cercando uno sfogo alla prominente classe guerriera del paese. La cosa sfociò in due invasioni della Corea, entrambe destinate al fallimento. Hideyoshi sarebbe poi morto nel 1598, segnando il ritorno ad altri due anni di conflitti interni che avrebbero poi visto la definitiva vittoria di Ieyasu Tokugawa.
È negli anni di governo di Hideyoshi che le nebbie della fiction si addensano per l’ultima volta. Qui infatti si colloca Onimusha: Dawn of Dreams. Da una breve scena dopo i titoli di coda del precedente Onimusha 3 si veniva a sapere che morto Nobunaga i Genma avevano deciso di appoggiare appunto Hideyoshi nella conquista del paese. L’ultimo capitolo della saga si apre quindi nel 1597 a unificazione avvenuta, e vede protagonista un esteso cast di personaggi più o meno di finzione, da Soki a Sakon Shima fino al missionario spagnolo Roberto. Ancora una volta la vicenda si sarebbe riallacciata alla storia autentica nel finale, con l’inizio dell’ultima fase di guerra poi sfociato nella battaglia di Sekigahara del 1600: è lì che Ieyasu infine vince, prevalendo contro Mitsunari Ishida.
In questo esteso speciale abbiamo ripercorso gli avvenimenti autentici alla base di Onimusha, al contempo vedendo come la finzione di ciascun capitolo si intersechi con la realtà storica. Nonostante il successo anche in occidente, la saga Capcom è da sempre basata su avvenimenti chiaramente poco studiati al di fuori del Giappone, ma che costituiscono un humus importante sia per le radici culturali che per gli sviluppi futuri. Non è da escludere che un ipotetico quinto Onimusha avrebbe parlato proprio di Sekigahara, espandendo ancor di più il concetto di “repressione delle invasioni Genma”; Dawn of Dreams non vendette abbastanza da rendere questo possibile. La redistribuzione del primo episodio su corrente generazione potrebbe però aver riaperto le possibilità, e il futuro per la saga del guerriero demone potrebbe essere nuovamente tutto da scrivere.
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