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Recensione

Octopath Traveler - Personaggi in cerca d'autore

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di Octopath Traveler
Octopath Traveler
  • Sviluppatore: Acquire
  • Produttore: Square Enix
  • Piattaforme: SWITCH , PC , XSX , XONE , PS5 , PS4
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 13 luglio 2018 (Switch) - 7 giugno 2019 (PC) - 25 marzo 2021 (Xbox One) - 6 giugno 2024 (PS5, PS4)
Meno di una settimana fa, dopo aver immerso i piedi nell’oceano di storie e personaggi rappresentato da Octopath Traveler, vi avevamo anticipato quanto ci stesse piacendo il gioco di ruolo Square Enix e quanto coraggio stesse dimostrando la software house nipponica nel proporre certe meccaniche all’attuale mercato.
Oggi, immersi fino al collo, siamo pronti a raccontarvi di uno dei prodotti più poetici ed interessanti del 2018 di Nintendo Switch, un’altra motivazione valida per acquistare se ancora non lo aveste fatto, la console ibrida Nintendo.
 
Personaggi in cerca d’autore
L’approccio allo storytelling di Octopath Traveler rappresenta sicuramente uno dei suoi principali punti di forza, un deciso passo avanti rispetto alle pur buone trame che sorreggevano i due Bravely Default, prequel spirituali dell’ultima fatica di Takahashi-san.
Già dal primo capitolo, con delle fisiologiche pause (pensiamo alle vicende di Alfyn lo speziale e Tressa la mercante), si intuisce quanto buono sia il lavoro di scrittura dietro all’opera: le motivazioni che spingono i personaggi ad imbarcarsi nel lungo viaggio che costituirà l’ossatura del gioco sono vivide, credibili, umane.
La sete di vendetta di Primrose, le vecchie ferite che affliggono Olberic, le accuse infondate mosse a Cyrus dipingono personaggi angustiati da sentimenti non così lontani dalla quotidianità del giocatore, differentemente da molta della produzione ruolistica giapponese dell’ultimo decennio, durante il quale, non a caso, il genere ha perso consensi e punti di riferimento.
I dialoghi contribuiscono in maniera decisiva a dipingere personalità forti, carismatiche, capaci di generare empatia nel giocatore e metterlo in seria difficoltà al momento di scegliere il proprio party, composto da “sole” quattro unità sulle otto disponibili: per trovare un’analoga sensazione di indecisione siamo dovuti tornare indietro con la memoria a Chrono Trigger, uno dei capisaldi del genere, quando fummo costretti a scegliere solo uno tra Robo e Frog.
Questo succede anche perché, oltre che sulla sceneggiatura, è stato fatto un lavoro eccellente anche sul doppiaggio, con una scelta chirurgica delle voci e prove recitative sempre di alto livello, tra cui segnaliamo quelle dei doppiatori di Therion, H’aanit e Olberic.
L’unica colpa della sceneggiatura è di prendersi tutto il tempo necessario (a volte anche di più…) per introdurre e presentare adeguatamente le sue otto stelle, rallentando considerevolmente la prima decina di ore di gioco, prima di prendere il volo nel secondo e, soprattutto, nel terzo terzo dell’avventura.
Eppure, non ci sentiamo di condannare fino in fondo questa scelta, non solo perché prerogativa dei game designer giapponesi, e non solo in ambito ruolistico (Kojima anyone?), ma anche perché la semina di queste prime ore di gioco genera frutti consistenti in seguito, premiando i giocatori più pazienti con risvolti inattesi e, in almeno un paio di circostanze, con conclusioni decisamente forti, in linea con le tematiche trattate, mature e mai banali.
Non inganni, quindi, il sognante aspetto estetico: in Octopath Traveler c’è molto più posto per tradimenti, stupri, assassini e ricatti di quanto si pensi, e questo è decisamente un bene per il genere di riferimento, spesso troppo ancorato a trame infantili e cliché ritriti.
 
Doping ludico
Se un gioco di ruolo nipponico pubblicato su Super Nintendo (uno dei migliori, s’intende, perché in quegli anni in occidente arrivò anche tanta fuffa) si fosse sottoposto ad una intensiva dose di steroidi su base annua, sarebbe probabilmente diventato come Octopath Traveler: stanti capisaldi del genere come un combat system a turni puri con quattro membri attivi del party, scontri casuali sulla mappa e nei dungeon ed un sistema di crescita dei personaggi profondo ma mai eccessivamente confusionario, tutte le altre caratteristiche del prodotto sono andate incontro ad un processo di modernizzazione, mirato ed efficiente.
Quante volte abbiamo sognato di interagire con il mondo di gioco ed i personaggi che lo abitavano in maniera più sfaccettata e profonda rispetto al semplice chiacchiericcio, che si ripeteva dopo un paio di frasi pre-programmate?
Qui ognuno degli otto personaggi porta in dote un’azione di viaggio unica, capace di modificare sensibilmente l’approccio a certe quest e, in generale, il modo di vivere le numerose cittadine sparse per la mappa: Primrose può utilizzare il suo innegabile fascino per rafforzare l’ascendente su un cittadino e convincerlo a seguirla in battaglia, Therion può svuotare, non visto, le tasche di ognuno degli abitanti (ma occhio alla reputazione!) e Alfyn è capace di mettere a suo agio i suoi interlocutori, facendosi rivelare segreti e la posizione di oggetti nascosti.
Per coloro che temono la piattezza di un combat system esclusivamente a turni, il team di sviluppo ha fatto tesoro dell’esperienza fatta con i due Bravely qualche anno fa e offerto un  sistema profondo ma mai troppo complicato: ognuno dei nemici incontrati, tanto quelli comuni quanto i boss, possiede un diverso livello di corazza, che è necessario abbattere prima di poter infliggere danni che vogliano chiamarsi tali.
Per farlo, il giocatore deve scoprire le debolezze del dato nemico, ed in questo l’abilità di Cyrus, che ad inizio battaglia studia i nemici e ne evidenzia, automaticamente, una delle debolezze, risulta eccezionalmente utile: alcuni temono l’elettricità, altri le lance, altri ancora tutti e due, e la chiave tattica degli scontri sta nel capire dove colpire.
Altro elemento da non trascurare è capire quando colpire: ad ogni turno i personaggi accumulano un punto azione, fino a cinque, e alla pressione del dorsale destro possono aumentare il numero di attacchi portati in un turno (o la potenza di un singolo attacco) fino a cinque volte: ecco che, allora è possibile utilizzare i colpi in eccedenza per aprire le difese del nemico oppure lavorarlo al fianco per qualche turno e poi, una volta indifeso, scatenargli addosso tutta la potenza di fuoco.
La varietà di approcci è consistente: tra armi doppie, abilità elementali, la possibilità di richiamare cittadini portati alla nostra causa o bestie catturate (grazie alla capacità di H’aanit), è davvero difficile che due scontri si rivelino uguali tra di loro.
Aiuta anche il fatto che, fatte salve le fasi iniziali, il livello di sfida proposto da Octopath Traveler non sia mai troppo accomodante, soprattutto in occasione dello scontro con alcuni boss lungo la storyline principale.
Ammesso che sia giusto parlare di storyline principale, s’intende: il peculiare approccio alla narrativa si riflette nella completa libertà (a patto di rispettare i requisiti di livello) di vivere le storie che si preferisce nell’ordine che si preferisce, portando con sé i tre compagni di viaggio che si ritiene più opportuni.
L’unica scelta davvero vincolante, di fatto, è quella iniziale: il primo personaggio selezionato rimarrà nel party per tutta la durata del viaggio, indipendentemente dalla storia che si sceglierà di vivere: il suo ruolo diverrà quindi quello del totem, capace di proteggere gli altri membri del party, magari più deboli, e condurli verso una sudata vittoria.
Nella run per questa recensione abbiamo scelto Olberic Eisenberg per questo ruolo, e, facendo perno su di lui, abbiamo ruotato il nostro party centinaia di volte, come mai ci eravamo ritrovati a fare in tanti anni di giochi di ruolo giapponesi: questo, tra gli altri, è un traguardo che va ascritto alle scelte di game design di Takahashi e del suo team.
Anche in merito alla questione grinding e combattimenti casuali, i più oltranzisti possono calmarsi e posare i forconi: la prima abilità passiva ottenuta da uno dei personaggi (Cyrus, Manovre evasive) consente di abbassare la frequenza degli scontri casuali in maniera drastica, favorendo l’esplorazione ma lasciando, fatalmente, il gruppo in condizioni di inferiorità dinanzi ai boss più impegnativi.
Anche al livello normale, comunque, il ritmo degli scontri non è mai soverchiante, e di certo ben lontano dagli standard a cui i titoli dai quali Square e Acquire hanno preso ispirazione ci avevano abituati.
Peraltro, con un combat system tanto aggraziato e con la necessità di equipaggiare e far crescere di livello ognuno degli otto protagonisti (che, lo ricordiamo, vanno impiegati obbligatoriamente durante i capitoli a loro dedicati), combattere diverrà presto un’attività piacevole, connaturata all’esperienza e mai forzata: perdersi per le terre di Ostaria, alla ricerca di nuove storie e nuovi incontri, vi terrà impegnati cuore e mente.
Per evitare di partorire la recensione più lunga della storia di Spaziogames, chiudiamo questo paragrafo con un breve cenno alle uniche due criticità del prodotto: abbiamo già accennato alla lentezza con cui la storia si dipana durante i capitoli introduttivi, che potrebbe scoraggiare i giocatori meno pazienti (o con poco tempo a disposizione), ma quella che più ci ha infastidito è sicuramente rappresentata dalla scarsa incidenza delle quest secondarie nell’economia di gioco.
Presenti in discreto numero nei vari villaggi, in genere dopo che si è vissuta la storia principale legata a quei luoghi, queste si limitano a chiedere al giocatore di indagare in giro per la cittadina, e, anche quando coinvolgono più attori e più location, risultano affrettate e mai davvero godibili quanto lo sono le otto, magnifiche storie principali.
Peraltro, la scelta di non premiare con punti esperienza (ma solo con moneta ed oggetti) i giocatori che decideranno di portarle a termine non ci sembra particolarmente azzeccata in un gioco in cui, di fatto, il party è composto da otto personaggi, quattro dei quali non ricevono esperienza dalle battaglie in cui non sono impiegati.
Cionondimeno, le ore passate in compagnia di Ophilia e Cyrus, tra l’entusiasmo contagiante di Tressa e la sfacciataggine di Therion rimangono tra le migliori da quando abbiamo “adottato” Nintendo Switch.
L’arte stipata in una cartuccia
Lo avrete visto certamente da voi, grazie alle due demo rilasciate su eShop e ai numerosi trailer, ma vi assicuriamo che la versione finale di Octopath Traveler si candida a diventare uno dei titoli artisticamente più rilevanti dell’ultimo lustro (quantomeno).
Tutto, dall’eccellente comparto animazioni alla costruzione delle ambientazioni, richiama le produzioni dorate dell’epoca a 16 bit, eppure, paradossalmente, nulla è rimasto com’era: l’occhio viene rassicurato dalla familiarità di certi paesaggi e dalla tecnica visiva, che punta a ricreare la bidimensionalità anche in ambienti in 3D (d’altronde il motore utilizzato è una versione custom dell’Unreal Engine 4), per poi venire stupito, quando meno se l’aspetta, da rifrazioni di luce splendide, giochi di prospettiva ammalianti ed effetti particellari semplicemente impossibili con gli hardware passati alla storia come la quarta generazione di console.
Che sia la luce del sole che si riflette, accecante, sui moli di Cresponda, o l’ennesima, fitta nevicata che si abbatte sui tetti di Sancristallo, Octopath Traveler sa come ammaliare tanto l’occhio del veterano, che pensava di aver visto tutto, quanto quello del neofita, a patto che questi non si fermi all’impatto iniziale e sappia guardare oltre i modelli (volutamente) striminziti dei protagonisti e degli NPC.
La cura per le illustrazioni, realizzate anche dalla nostra connazionale Francesca Baerald, che si è occupata della splendida mappa di gioco e della cornice dell’interfaccia, trasudano amore e cura per i dettagli, restituendo un amore fuori dal tempo per un’opera artigianale, dove i disegni a mano assurgono al ruolo di protagonisti.
Nonostante la varietà di ambientazioni e di cittadine, poi, la coesione del tratto non è mai in discussione, e ammanta Octopath Traveler di un’entità ben precisa, che potrebbe anche non piacere agli oltranzisti del realismo e del poligonale a tutti i costi, ma che è oggettivamente figlia di un’epoca d’oro del medium nonché di una smisurata passione di tutto il team di sviluppo.
Non ci spaventa, poi, definire magistrale il lavoro di Yasunori Nishiki alle musiche, che porta ad un livello ancora più alto il compositore nipponico, che aveva già saputo meritarsi elogi in occasione della O.S.T. di Gravity Rush 2: tra archi, flauti e violini, le melodie che vi accompagneranno lungo il vostro viaggio, qualsiasi personaggio scegliate, diventeranno il nono, invisibile protagonista dell’avventura.
Dalla traccia della schermata iniziale alle varie declinazioni del battle theme, la colonna sonora del titolo (non a caso compresa nella Collector’s Edition ed in cima alle classifiche di gradimento in patria) risalta nei momenti giusti, senza mai sopraffare i dialoghi né rubare la scena agli otto personaggi, ma impreziosendone il viaggio: in modalità portatile, con un buon paio di auricolari, si raggiungono vette sublimi.

Approccio rivoluzionario allo storytelling

Il classico declinato nella modernità

Attenzione maniacale ai dettagli

Visivamente incantevole

Colonna sonora fuori parametro

Lento a carburare

Quest secondarie piuttosto sbrigative

9.0

Octopath Traveler è molto più della somma delle sue singole parti: è, nello stesso tempo, un enorme atto di coraggio da parte di Square Enix e una dichiarazione d’amore verso l’epoca d’oro dei giochi di ruolo giapponesi, capaci di segnare almeno due generazioni di videogiocatori.

Come quasi tutte le opere umane, non è perfetto, e, nello specifico, tralascia colpevolmente la qualità delle quest secondarie e accusa una certa mancanza di ritmo soprattutto nella prima parte, eppure sa farsi perdonare con un world building eccezionale, dialoghi e storie scritti benissimo e, soprattutto, una manciata di personaggi che rimarranno a lungo nel cuore dei giocatori.

Se ancora ve ne fosse bisogno dopo l’ottima accoglienza ricevuta dai due Bravely Default su 3DS, l’ultima fatica della casa dei Chocobo testimonia quanto il periodo buio per i JRPG sia alle spalle e, verosimilmente, quante avventure di questo spessore potrebbero attenderci negli anni a venire: noi le attendiamo speranzosi, pad alla mano ed acquolina in bocca.

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Voto Recensione di Octopath Traveler - Recensione


9

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