Obsidian e Microsoft, scenari e perplessità dell'acquisizione
a cura di Paolo Sirio
Con la ricostruzione di Kotaku, i destini di Obsidian Entertainment e Microsoft tornano ad incrociarsi, più forti evidentemente delle divergenze di inizio generazione e dei rumor non proprio verificatissimi della scorsa estate. Lo studio di Feargus Urquhart è infatti da tempo nell’orbita di Redmond, sebbene potreste non aver mai sentito parlare prima di questo rapporto perché, beh, il titolo che le due parti hanno avuto in produzione per qualche tempo non si è mai fatto.
In principio fu Stormlands, un RPG fantasy che è stato in sviluppo presso Obsidian per circa sette mesi tra il 2011 e il 2012. Come raccontato da Jason Schreier (sì, lo stesso del report delle ultime ore) nel libro “Blood, Sweat, and Pixels” dello scorso anno, Microsoft contattò lo studio di Fallout: New Vegas per avere un gioco di ruolo al lancio di quella che sarebbe poi diventata Xbox One, finanziandolo con un budget tripla-A e trattandolo da autentico first-party.
In quei sette mesi, un team di 50 persone (su un totale di 115) fu impegnato sul progetto, rispondendo a numerosi input da parte di un publisher che, in corsa, voleva renderlo un vero e proprio manifesto della sua filosofia next-gen. Avrebbe dovuto supportare Kinect in qualche modo, e avrebbe dovuto avere una componente multiplayer, con raid in stile MMO, alimentata dal cloud di Xbox – lo stesso che ha complicato la vita a Crackdown 3.
Richiesta su richiesta, la pressione crebbe fortemente in un team che era nato con l’intento di produrre un RPG alquanto tradizionale, dalle tinte single-player, e che invece si ritrovò con una mission assai diversa, in cui non credeva granché, finendo persino col versare 2 milioni di dollari di tasca sua per accontentare l’editore.
Quando Microsoft staccò la spina, 30 dipendenti furono licenziati e, con South Park: Il Bastone della Verità anch’esso in difficoltà per via del fallimento di THQ, la situazione parve disperata: se non fosse stato per l’intuizione di Josh Sawyer, che spinse ripetutamente per Kickstarter avendo appena assistito al successo di Double Fine Productions, Pillars of Eternity non si sarebbe mai fatto e la compagnia non esisterebbe più.
Perché no
Queste, in estrema sintesi, le ragioni del mio scetticismo quando ad agosto iniziò a circolare l’indiscrezione di un’offerta irrinunciabile da parte di Microsoft per l’acquisizione di Obsidian. Come avrebbe potuto quest’ultima abbracciare la compagnia che, con il suo comportamento capriccioso e la guida confusionaria, ne aveva quasi segnato la chiusura?
Chiaramente, a spingere verso un parere negativo – al di là del passato anche recente – per una trattativa che, sottolineiamo, non è ufficiale e non si è ancora chiusa, abbiamo pure una questione di compatibilità tra le parti in causa. Dai tempi di Stormlands (confluito poi non a caso in Tyranny), Urquhart e i suoi hanno trovato una dimensione diversa, basata su nuove IP di sua proprietà e non più commissioni, ed RPG isometrici vecchio stampo.
Per quanto Pillars of Eternity 1 e 2 siano arrivati su Xbox One, non appartengono esattamente al genere di titoli che sembrerebbero orientati al mercato e all’utenza console, e prendere un team del genere che ha faticato per ritagliarsi un proprio spazio per rimetterlo al lavoro su produzioni AAA in stile New Vegas e Alpha Protocol (cosa che servirebbe come il pane alla piattaforma) potrebbe significare snaturarlo.
Il rischio di ripetere un caso Rare, con un team di sviluppo dalla forte identità e unicità spinto a lavorare su qualcosa di completamente diverso dal proprio DNA, potrebbe essere quindi dietro l’angolo. Questo, oltre al fatto di non giovare per niente alla libreria videoludica di Xbox e Windows, potrebbe allontanare una userbase fedelissima e generare al suo interno del malcontento, e alimentare la nomea di certo non positiva del colosso di Redmond presso i PC gamer.
Inoltre, Obsidian Entertainment ha formalizzato sul finire dello scorso anno un accordo di publishing con Private Division, l’etichetta di pubblicazione di 2K rivolta agli sviluppatori indipendenti. Dopo aver chiuso l’accordo, la software house americana ha dato il via ad un progetto per un RPG di grosse proporzioni, che non a caso ne tiene impegnato la maggior parte dell’organico, guidato dai co-creatori di Fallout Tim Cain e Leonard Boyarsky.
Non sappiamo se Microsoft si prenderebbe carico pure di questo titolo, pagando la penale eventualmente prevista dal contratto in essere e foraggiando lo sviluppo restante, ma così non fosse ci sarebbe da consegnare prima il prodotto (previsto dal 2020 in avanti) e poi pensare eventualmente all’esclusiva Xbox/Windows.
Insomma, servirebbe una buona dose di pazienza per aspettare la prossima generazione inoltrata di hardware (cui comunque il publisher sta dichiaratamente puntando), una situazione simile a quella di Compulsion Games e Gearbox Publishing sebbene con tempistiche differenti – al momento dell’annuncio mancavano un paio di mesi all’uscita multipiattaforma di We Happy Few.
Perché sì
Naturalmente, ci sono tante ragioni per le quali una manovra simile si potrebbe fare e per cui gli appassionati di videogiochi dovrebbero essere entusiasti, in particolare quelli che tengono a Xbox. Prima di tutto, rispetto alla cancellazione di Stormlands c’è stata una rivoluzione dei vertici di Microsoft, e con essi è cambiata la visione sostanziale che il gigante del software ha del gaming.
Da inizio 2012 ad oggi sono cambiate tante cose. Il CEO Steve Ballmer, al tempo braccio destro di Bill Gates, aveva avuto un’avversione nei confronti dell’ingresso della compagnia nel mondo del gaming; all fine, lo ritenne un asset importante dopo l’exploit di Xbox 360 ma non ci mise mai bocca direttamente, lasciando nel suo regno lo scettro tra le mani di personaggi come Robbie Bach e Don Mattrick con i risultati ben noti (via VentureBeat).
La visione di quel management era molto semplice: dall’alto veniva calato l’hardware e chiunque venisse contattato per produrre videogiochi doveva adeguare, anche in corsa, i propri progetti, qualunque fossero stati in fase di approvazione. Il flop del primo rapporto tra Obsidian e Microsoft fu dettato proprio da quello, da forzature come Kinect e cloud che furono mal viste dagli sviluppatori e senza troppi giri di parole incompatibili con il tipo di team assoldato.
Con Satya Nadella alla guida e Phil Spencer introdotto nella cerchia dirigenziale, quella visione è acqua passata e non è una coincidenza che, dopo le acquisizioni dell’E3, il platform holder abbia gridato ai quattro venti di aver preso determinati studi perché amante delle loro creatività e desideroso di rispettarle senza metterci per niente mano. Il rischio di un altro Stormlands o di un’altra Rare pare lontano anni luce, insomma.
Altro elemento di “conforto” è la poliedricità di Obsidian, uno studio che ha nel proprio DNA la vocazione alla suddivisione in team differenti per lavorare a più progetti simultaneamente. Non che questa strategia abbia sempre pagato, sia chiaro, ma da buona contractor la software house californiana è abituata a mandare avanti numerosi e assai differenti prodotti in simultanea, e per quanto ci riguarda questa sarebbe una conditio sine qua non per “fare il tifo” o meno per l’acquisizione.
In primis, non sarebbe un problema dare il via ad una campagna di assunzioni per rimpolpare l’organico e mettere un team all’opera su una IP tipicamente Xbox (lo tiriamo in ballo Fable? Ma sì, tiriamolo) o comunque orientata alle esigenze della platea console, mentre altri si occupano del titolo di Private Division e insieme un isometrico sulla scia di Pillars o Tyranny.
In secondo luogo, una mossa del genere consentirebbe di non snaturare lo studio, gli darebbe stabilità e fondi, e lo manterrebbe attivo su quanto di buono fatto sin qui: giochi di ruolo old school che hanno riacceso la fiammella di un intero genere e di un’intera userbase rimasta silenziosa, quasi assopita, per quasi un decennio.
Secondo Kotaku, Microsoft avrebbe pensato ad Obsidian non secondariamente per potenziare la propria presenza nel mercato PC, e questa volontà sarebbe di fatto la garanzia che progetti come Pillars of Eternity sarebbero tutt’altro che destinati alla sparizione sotto una nuova proprietà. Di certo, è una bella coincidenza che questo stia succedendo a pochi giorni dall’ufficialità del supporto a mouse e tastiera per Xbox One.
Microsoft ha fatto presente a più riprese di essere disponibile ad ulteriori acquisizioni nel post E3 2018 dopo “i fantastici cinque” Ninja Theory, Playground Games, The Initiative, Undead Labs e Compulsion Games, e tutto avremmo immaginato tranne che ci fosse un riavvicinamento simile con Obsidian, visti i trascorsi infelici. Tuttavia, a patto che vengano mantenute identità e proficuità tipiche dello studio, ci potrebbero essere buoni margini per una relazione ricca di soddisfazioni per una platea quanto mai diversificata di appassionati di videogiochi. Intanto, questa indiscrezione è sicuramente un bel modo per accendere l’hype in vista dell’X018 di novembre.