Se compri giochi fisici sei uno zombie, a quanto pare

La recente campagna pubblicitaria del retailer digitale CDKeys ha sollevato non poche polemiche. Due spot controversi hanno preso di mira i fan del fisico.

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

I videogiochi, al pari di film e musica, sono ormai sempre più un mezzo digitale. La comodità offerta dall'era di internet è innegabile: scaricare giochi, album e film senza lasciare casa è diventata la norma.

Tuttavia, con la praticità arrivano anche i rischi, come ci ricorda Steam: i contenuti digitali non sono mai davvero "tuoi" e possono essere rimossi dal detentore del copyright in qualsiasi momento.

Questo è uno dei motivi per cui il gaming fisico continua a resistere più del previsto, com'è giusto che sia.

Molti appassionati supportano le aziende che mantengono vive le edizioni fisiche, cruciali non solo per collezionisti, ma anche per la preservazione dei giochi, specialmente quelli retro. Senza copie fisiche, molti titoli potrebbero essere persi o inaccessibili in futuro.

In questo contesto, la recente campagna pubblicitaria del retailer digitale CDKeys ha sollevato non poche polemiche. Due spot controversi hanno preso di mira i fan del fisico (via TE).

Uno spot afferma che "solo gli zombie comprano giochi fisici", mentre un altro mostra un cavaliere medievale che cerca di raccogliere un gioco fisico, accompagnato dalla frase "solo chi vive nel Medioevo compra giochi fisici".

Non sorprende che un negozio specializzato in giochi digitali prenda posizione contro il fisico; ogni gioco venduto in copia fisica rappresenta un mancato guadagno per CDKeys.

Tuttavia, la campagna ha suscitato reazioni contrastanti. Mike Diver, un commentatore del settore, ha sottolineato come questi messaggi rischino di danneggiare la reputazione del retailer.

Il mercato digitale ha vantaggi evidenti, ma il fisico rimane un pilastro per collezionisti e per chi teme la volatilità dei contenuti digitali.

Campagne come quella di CDKeys rischiano di alienare una parte della community, soprattutto chi dà valore al possesso tangibile e alla preservazione culturale dei videogiochi.

Forse è il momento di riconoscere che, almeno per ora, fisico e digitale possono coesistere, soddisfacendo esigenze diverse e contribuendo entrambi alla storia e al futuro del gaming.

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