Dietro ogni videogioco ci sono esseri umani e questa regola vale anche se quegli esseri umani sono ormai delle leggende nella loro categoria, come è il caso di Katsuhiro Harada – veterano ormai da trent'anni divenuto sinonimo del franchise Tekken.
Eppure, Harada ha approfittato del cinguettio di un giocatore a tema Tekken 4 per ricordare quando proprio il quarto capitolo principale della saga picchiaduro lo portò ad avere problemi di salute così forti che si allontanò addirittura da Namco, prima di Tekken 5.
In un messaggio, il fan ha sottolineato di amare particolarmente come gli stage di Tekken 4 sembrassero veri e non dei semplici fondali per i combattimenti, e ha lodato anche il passo laterale che i protagonisti potevano compiere. Proprio questi aspetti, però, portarono il gioco a venire criticato con forza all'epoca della sua uscita, nel 2001, al punto che Harada ne fu così colpito da ammalarsi.
Well, I’m aware of that kind of praise. But back then, I was absolutely bombarded with criticism — I didn’t have a single ally. Not one. That’s a well-known story inside the company.
— Katsuhiro Harada (@Harada_TEKKEN) March 24, 2025
I was under so much stress at the time that I developed a mysterious condition where all the… https://t.co/Z3qrI10ctw
Come leggiamo nel suo messaggio:
«All'epoca, venni totalmente bombardato dalle critiche – non avevo un solo alleato. Nemmeno uno. È una storia che nella compagnia è molto ben conosciuta.
Mi ritrovai ad avere uno stress tale che sviluppai una condizione misteriosa, dove tutti i peli della parte destra del mio corpo caddero – solo a destra. Anche i peli sulle braccia, le sopracciglia e le ciglia sparirono».
Ricordando quanto stava male, Harada evidenzia come invece oggi ci siano messaggi opposti – come quello del giocatore, che invece lodava aspetti all'epoca ritenuti divisivi e odiati.
«Al giorno d'oggi, invece, chi era critico ha dimenticato di cosa si lamentava e sono rimasti solo quelli che volevano lodare il gioco. È quello l'unico motivo per cui [ora] viene trattato come un capolavoro» ha ragionato Harada, proseguendo nel suo tweet. «Per me, bello o brutto che sia stato, questo gioco rimane un costante promemoria e una lezione per me stesso».
Peraltro, nonostante le critiche così sentite che portarono Harada a star male, alla fine Tekken 4 fu un successo commerciale – cosa che lo confuse ancora di più.
«Per rendermi le cose anche più confuse, il gioco finì con il vendere bene. I voti su Metacritic e quelli degli utenti erano i peggiori per tutta la serie numerata» ricorda il game director.
Proprio quello fu il periodo in cui, dopo il periodo in cui era stato male, addirittura si allontanò da Tekken per prendersi una pausa e prendersi cura di sé:
«A dire la verità, c'è stato un periodo, più o meno un anno prima rispetto a quando è cominciato lo sviluppo di Tekken 5, in cui ho lasciato Namco proprio per lo stress e per lo shock. Ma non è una cosa molto risaputa».
Le parole di Harada suonano molto più forti in questo periodo di estremo stress per chi crea videogiochi – persone che stanno lavorando e che, magari, su molti aspetti la pensano perfino come i giocatori e farebbero le cose diversamente, ma che devono seguire il progetto tracciato dall'azienda di cui fanno parte.
Ad esempio, nei giorni scorsi è emerso che Ubisoft ha messo in piedi una campagna di protezione dei suoi dipendenti per via dell'odio riservato ad Assassin's Creed Shadows, al punto da aver invitato gli sviluppatori a rimuovere i riferimenti alla compagnia dai loro profili social.
Non sono, purtroppo, casi isolati: in passato, abbiamo assistito a episodi clamorosi di molestia online per gli sviluppatori, con persone che addirittura arrivavano a scoprire i loro indirizzi di casa e a fargli recapitare delle consegne a loro insaputa, solo per dimostrargli di sapere dove abitavano.
Fa bene Harada, quindi, a sottolineare l'aspetto umano dietro ogni videogioco: ogni opera, bella o brutta che sia, nasce dal lavoro di altre persone. E purtroppo è grottesco doverlo ricordare.
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