La dinamica di gioco open world è uno di quei selling point che le aziende impiegano nei videogiochi, perché permettono agli utenti di spendere decine e decine di ore all'interno dei propri prodotti.
Investire 50 ore (e oltre) in uno degli Assassin's Creed moderni, oppure in un gioco Rockstar come Red Dead Redemption 2, significa che, banalmente, i videogiocatori non acquisteranno altri titoli finché non saranno soddisfatti della loro esperienza.
È anche un modo per tentare di mettere i clienti nella posizione di essere soddisfatti del proprio acquisto, per l'associazione del prezzo di acquisto in rapporto al tempo che si è impiegati con tale videogioco, per la serie "videogiochi un tanto al chilo" di cui abbiamo parlato spesso su queste pagine.
Ma gli open world funzionano davvero? Riescono effettivamente a portare a termine questi obiettivi? Secondo un ex-sviluppatore Rockstar no, anzi (tramite PC Gamer).
Cameron Williams, ex-game designer di Grand Theft Auto 6 e Red Dead Online, ne ha parlato durante un panel alla Game Developers Conference.
La tesi principale è che, nonostante mondi aperti ricchi di dettagli, missioni e panorami mozzafiato, in realtà molti giocatori percorrono solo i sentieri principali, evitando di esplorare liberamente quei mondi creati proprio per essere scoperti.
Williams ha individuato un fenomeno interessante che definisce "ansia da esplorazione", che colpisce i giocatori di fronte alla vastità delle mappe. «I giocatori si chiedono: devo davvero correre fino all'altra parte della mappa? E cosa ci guadagno?», spiega Williams.
Inoltre la presenza eccessiva di punti di interesse può diventare controproducente. Williams cita uno studio del 2000 sul comportamento dei consumatori in un supermercato: le persone erano più propense ad acquistare marmellata quando avevano solo sei opzioni tra cui scegliere, piuttosto che ventiquattro.
Per questo lo sviluppatore identifica un archetipo di giocatore in particolare, quello definito "beeliner". Si tratta del tipo di giocatore che segue esclusivamente il percorso critico ignorando tutto il resto. «Sapete di chi parlo, quello che cerca di ignorare tutti i vostri contenuti. È come se dicesse: "Voglio divertirmi il meno possibile!"», scherza Williams.
Williams spiega che gli sviluppatori devono ricorrere a sottili tecniche di manipolazione per guidare l'esplorazione. Persino chiedere ai giocatori di «guardare in alto e poi 45 gradi a sinistra» risulta, secondo Williams, «un compito praticamente impossibile». La sfida è bilanciare i landmark visibili: troppo pochi rendono difficile orientarsi, troppi creano confusione e indecisione.
Quindi sarà interessante vedere come il design degli open world potrà evolvere in futuro, con l'obiettivo di creare mondi abbastanza strutturati da non disorientare, ma sufficientemente liberi da non sembrare lineari.
Per ora quello di Assassin's Creed Shadows funziona, perché il titolo Ubisoft ha avuto un day one ottimo. Vedremo se GTA 6 riuscirà a fornire una nuova formula di open world, quando uscirà.
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