Gearbox deride giornalisti che chiedono key dei giochi, ma li aveva invitati lei

Nuovo curioso caso per Randy Pitchford di Gearbox, che sfotte chi chiede le chiavi dei giochi da recensire domandandosi perché non li compri.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Randy Pitchford, alla guida di Gearbox, è una persona che riesce sempre a far parlare di sé seguendo la famosa legge del «nel bene o nel male». L'eccentrico dirigente si rivolge spesso ai social network per esprimere le sue visioni e le sue opinioni sui temi più diversi e, tra questi, rientrano ovviamente anche i videogiochi, con cui lavora.

Spesso le sue esternazioni sono divisive, per non dire per niente condivisibile, anche nei gesti: è solo di qualche tempo fa la denuncia di aggressione da parte di un doppiatore di Borderlands, arrivata peraltro poco dopo il momento in cui Pitchford stesso si disse «contento» del review bombing scatenato dagli utenti non felici dell'arrivo di Borderlands 3 solo su Epic Games Store.

Tempo addietro vi parlammo anche della gaffe per cui si rivolse all'account parodia di Kaz Hirai, anziché a quello reale, mentre al momento del reveal di Xbox Series X si era scagliato contro Phil Spencer definendolo uno che accampa «solo scuse» per giustificare la scheda tecnica della console.

Ebbene, oggi Pitchford è tornato sotto i riflettori perché in un cinguettio ha deciso di deridere giornalisti, influencer e critici in genere. Il motivo? Il fatto che inviino a Gearbox delle email per spiegare il loro lavoro ed essere così inseriti nelle liste di distribuzione delle chiavi di gioco (in termini semplici, i codici che permettono di riscattare una copia senza pagarla), così da realizzare recensioni, streaming o qualsiasi contenuto editoriale o multimediale legato al gioco.

Secondo Pitchford, invece, queste persone dovrebbero comprarsi i giochi:

È fantastico quando riceviamo email da giornalisti, critici e influencer che usano tre paragrafi per descriverci quanto siano di successo, nella speranza che questo ci convinca a inviargli un codice gratuito. Certo, ecco il codice, ma... amico... Tribes of Midgar costa tipo $20, eh.

Cannot get X.com oEmbed

Nemmeno a dirlo, sotto il cinguetto di Pitchford si sono radunati molti commenti che fanno notare come quella data da siti o content creator sia, di fatto, visibilità gratuita che i videogiochi possono ottenere per farsi conoscere da più giocatori possibili, che decideranno poi se comprarli o no.

Oltretutto, altri hanno fatto notare che se giornalisti o content creator dovessero comprare tutti i giochi che trattano, non potrebbero garantire una copertura eterogenea e completa ai loro lettori/spettatori, né potrebbero gestire in modo sano il lavoro, dal momento che le spese sarebbero fuori scala.

Così, esattamente come i critici di cinema non pagano il biglietto per assistere a una prima, i recensori di automobili non devono noleggiare i veicoli che analizzano (!), i recensori di hardware non devono comprare tutte le CPU o le GPU per dare la loro disamina, così chi si occupa di videogiochi solitamente riceve le chiavi gratuite dai publisher – che contano in una copertura che permetta ai loro affezionati di saperne di più sul gioco.

Tra i commenti sono molti a segnalare che il tweet di Pitchford in realtà rappresenti una gaffe. Perché? Perché era stata Gearbox a chiedere ai content creator di inviare le richieste per le chiavi del gioco.

L'account ufficiale del gioco, pubblicato da Gearbox, scriveva infatti circa un mese fa: «chiamata per i content creator! Inviate le vostre richieste per ricevere potenzialmente una chiave di Tribes of Midgar al lancio, in modo che possiate condividere questa esperienza di distruzione di giganti e caccia di goblin con le vostre community!».

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In sintesi, insomma, alcuni stanno facendo notare a Pitchford che si sta lamentando perché i content creator stanno facendo qualcosa che Gearbox li ha invitati a fare.

Vedremo se il dirigente di Gearbox vorrà aggiungere un ulteriore commento o se lo scambio con i suoi follower si placherà.

In precedenza, anche Alex Hutchinson, ai tempi di Stadia, era finito al centro di una polemica simile sul bisogno dei content creator di acquistare i giochi: in quel caso, Hutchinson aveva puntato il dito contro i contenuti monetizzati dagli streamer, che non sarebbero regolamentati in maniera tale che anche lo sviluppatore o publisher incassi una parte degli introiti, essendo i contenuti realizzati all'interno di giochi di cui gli streamer comprano semplicemente una licenza di fruizione.

Anche in quel caso, le risposte erano state molto forti e avevano ugualmente evidenziato come l'esposizione operata dai content creator permetta ad alcuni giochi di emergere ed essere noti più di quanto non riuscirebbero a fare altrimenti.

Se volete far felice Pitchford, un ottimo gioco di Gearbox da comprare è sicuramente Borderlands 3, ora a prezzo ridotto su Amazon.
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