Diverse scrittrici parlano della loro esperienza nell'industria videoludica

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Parlando con la nota testata Polygon, diverse scrittrici hanno condiviso i loro pensieri – positivi o no – relativi alla loro esperienza nell’industria dei videogiochi. Come sappiamo, ci troviamo innanzi ad un medium che è generalmente considerato ad appannaggio maschile, ed i cui prodotti vengono sviluppati in larghissima parte da developer uomini. Se a ciò aggiungiamo il fatto che, come dedotto dagli studi di Game Developer Magazine, una sviluppatrice donna, per lo stesso incarico, ottiene generalmente un salario inferiore a quello di un uomo, ecco che va a formarsi un’immagine non proprio esaltante dei rapporti tra donne e industria dei videogiochi. Così, la sceneggiatrice Anne Toole (autrice di The Witcher) ha espresso la sua amarezza per il sessismo con il quale ha avuto a che fare in questa industria: “la peggiore delle cose è la mancanza di chiarezza. Non saprai mai se non ti hanno dato il lavoro – o se non ti hanno nemmeno presa in considerazione – perché non sei stata all’altezza, o se segretamente pensano solo che un uomo avrebbe scritto meglio, o avrebbe potuto legare meglio con il resto del team.”È intervenuta anche Rhianna Pratchett, sceneggiatrice di Tomb Raider e Rise of the Tomb Raider, che ha avuto parole molto più edificanti per l’industria: “se sei in grado di svolgere il tuo lavoro, sei dentro! La scrittura e il design narrativo sono dei campi ai quali molte giovani donne sono interessate a dedicarsi.” Purtroppo, anche la Pratchett ha dichiarato di aver dovuto affrontare episodi di sessismo, sebbene per fortuna la sua reputazione di giornalista l’abbia aiutata ad integrarsi.La O’Connor, infine, ha dichiarato che “personalmente, la mia è stata una esperienza positiva. Tuttavia, leggo le brutte notizie sul sessimo nei videogiochi. Purtroppo, sono fatti reali, e ne sono ben consapevole.”La speranza a fronte di questi altalenanti episodi, insomma, è che quanto prima le software house decidano di ingaggiare dei dipendenti in base alle loro capacità e al loro talento, piuttosto che all’essere uomini o donne.

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