Non sono i videogiochi a essere brevi, siete voi che non ve li godete

Rivolto a chi preferisce arrivare di corsa al traguardo, piuttosto che vivere un grande viaggio.

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

L'uscita sul mercato di Resident Evil Village, ultimo capitolo del franchise horror targato Capcom, ha sollevato un'annosa questione tra gli addetti ai lavori e il pubblico di videogiocatori, in grado di dare sfogo a una vera e propria bagarre (specie sui social) relativa a un concetto in particolare: i videogiochi sono davvero diventati più brevi?

Facciamo un piccolo passo indietro nel tempo: sono gli anni '90, l'epoca dei 16-bit sta per volgere al tramonto dopo anni di predominio incontrastato. Le vecchie sale giochi sono ancora piuttosto diffuse in tutta Italia (ma lo saranno ancora per poco) e per i videogiocatori è un momento storico che ricorderanno per tutta la vita, grazie al proliferare di franchise storici e indimenticabili (tra SEGA e Nintendo c'era davvero l'imbarazzo della scelta, ma la lista è davvero molto lunga). L'alba dell'era PlayStation, che cambierà per sempre il videogioco così come lo conosciamo, è quindi alle porte.

Con l'avvento del 3D e le successive generazioni, il videogioco si trasformerà dall'essere un'esperienza usa e getta da finire in un pomeriggio a una sequela di lunghe e complesse avventure che nulla hanno da invidiare alle più importanti produzioni cinematografiche (e non solo). La possibilità di salvare i progressi di gioco - al posto di quelle strane password da appuntare su pezzi di carta - ne è una prova lampante: dove prima a un game over seguiva necessariamente un secondo, terzo e quarto tentativo, con l'avvento delle avventure di stampo moderno basta prendersi il tempo necessario per arrivare ai titoli di coda. Ed ecco che giochi potenzialmente molto brevi arrivano a durare settimane o addirittura mesi (gli esempi da portare sono molteplici).

La forma mentis e l'approccio base dei giocatori a un determinato prodotto erano del tutto differenti rispetto a quelli dei gamer odierni, desiderosi di vivere "esperienze" lunghe e corpose prima ancora che videogiochi belli in senso stretto. Ed ecco che torniamo ai giorni nostri. Nel 2021 la longevità di un videogioco è diventata argomento di discussione particolarmente accesso nelle community di tutto il mondo. Il perché è spesso e volentieri legato a doppio filo al prezzo di un gioco, ancorato attorno agli ormai canonici 70/80 euro della neonata generazione di PlayStation 5 e Xbox Series X (ma anche la softeca Switch non scherza affatto in quanto a prezzi di listino).

Ecco che, quindi, quando si tratta di giudicare un determinato prodotto, lo si fa anche e soprattutto mettendo a confronto la sua durata effettiva con il numero di euro necessari a portarselo a casa (o a scaricarlo sulle vostre console). Questa, meglio dirlo subito, è una pratica decisamente stupida, nonché totalmente sfalsata dalla percezione del singolo giocatore. Più o meno tutti, nel dorato mondo del web, sono incappati nei due schieramenti: da una parte quelli che mettono il valore dell'esperienza legandolo a grafica e meccaniche di gioco, e quelli che discutono di piccolezze e si indignano se il gioco dura meno delle loro tanto agognate dieci ore. La verità, però, è un'altra e in un certo senso è ancora più imbarazzate: nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, un gioco dura "poco" perché siete voi a esaurirlo in breve tempo.

Siccome sui social e nei commenti in fondo agli articoli si parla e si ragiona per estremismi, il discorso sulla longevità spesso finisce in vacca prima ancora di cominciare. È abbastanza noto come funziona il condizionamento mentale: se una cosa è bella o brutta, devi accodarti spesso al pensiero comune. Ergo, se il pensiero comune spinge sul fatto che Resident Evil Village è il più breve della serie, chi sei tu per contraddire la massa?

Prima dell'uscita del titolo nei negozi, si era espressamente parlato della longevità del gioco Capcom: ad aprile, il noto insider Dusk Golem aveva portato all'attenzione dei suoi follower i dati relativi alle prime due run pervenute prima del lancio del gioco: 13 ore e 30 minuti per la prima e 15 ore e 30 minuti per la seconda, entrambi eseguiti sulla a difficoltà normale. Il sito How Long to Beat parla ora invece di 9 ore per portare a termine l'avventura principale e 11 ore per finire il gioco mettendo mano anche ai vari extra di contorno.

Pensate sia un lasso di tempo abbastanza esiguo? Bene, sappiate però che Resident Evil 2 (il remake) segna 8 ore e mezza per la prima run e 14 ore per finire il gioco nella sua interezza con una singola campagna, Leon o Claire che sia. Resident Evil 3 (sì, anche in questo caso parliamo del remake) si attesta invece su 6 ore per giungere ai titoli di coda e 7 ore per giocarlo con l'aggiunta di bonus vari. Vero anche che il posto più alto del podio lo ottiene il seminale Resident Evil 4 con le sue 16 ore per la campagna principale e 20 (venti) ore per un completamento totale. Lamentarsi quindi della brevità di Village alza il sipario sul vero nocciolo della questione, che del resto è il problema che affligge la stragrande maggioranza dei titoli odierni: ossia che i giochi non ve li godete per davvero.

E non parlo di una semplice speedrun al fine di battere qualche Guinness World Record: intendo che se un gioco lo comprate al Day One, un paio di giorni dopo (o al massimo tre) siete già sui social a lamentarvi di quanto breve e poco incisiva sia stata l'esperienza appena vissuta. Esattamente come accaduto di recente con Resident Evil Village: lo avete giocato puntando solo ed esclusivamente ai titoli di coda, non godendovi nessuna delle (molte) sfumature che la campagna principale ha da offrire, sia dal punto di vista ambientale che ludico. Si potrebbe parlare per ore della qualità effettiva del gioco (e per quello ci pensa egregiamente la nostra recensione del gioco, pubblicata alcune settimane fa su queste stesse pagine).

All'inizio di questo articolo ho parlato dell'era a 16-bit e forse alcuni di voi ancora si staranno chiedendo il perché. Semplice: quando il videogioco era una media d'intrattenimento piccolo e acerbo, la durata media di un normale titolo «arcade» era di appena 3 o 4 ore (nella migliore delle ipotesi, si intende) e dove il divertimento a lungo termine risiedeva solo ed esclusivamente nel ricominciarlo daccapo, magari a un livello di difficoltà più alto.

Oggi, anno del Signore 2021, abbiamo dalla nostra produzioni dal budget stratosferico, atte a raccontare storie emozionanti e personaggi memorabili. Le run tutte d'un fiato di un Metal Slug o un Final Fight sono ormai storia antica e spesso alcuni videogiochi sono anzitutto esperienze da vivere intensamente prima ancora che da giocare.

A fronte di quanto appena detto, chi vi obbliga a portare a termine un gioco in un batter di ciglia, solo per poter dire a tutti «l'ho finito prima di voi»? Bruciarsi un titolo singolare come Resident Evil Village, il cui ludogodimento è dettato anche e soprattutto dalla capacità di farsi assorbire dal background horror, è forse la peggiore conferma di questo pessimo modo di approcciarsi al videogioco.

Immaginate di farlo anche con un The Last of Us o un Metal Gear Solid, e capirete cosa rischiate di perdervi per strada. Sempre che per voi non siano più importanti una manciata di like sui social per aver detto di esserci arrivati prima, piuttosto che godervi un gran bel videogioco nei modi e nei tempi giusti.

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