Secondo l’ultimo report sugli utili di Nintendo, la sua celebre console ibrida avrebbe superato le 122 milioni di unità vendute le mondo, un numero che continua a crescere, soprattutto per quanto concerne il modello OLED che ha visto un significativo aumento delle vendite duranti gli ultimi nove mesi dell’anno fiscale in corso.
Insomma, Nintendo Switch continua ad essere una console decisamente in salute per quanto riguarda le vendite e, almeno per quanto trapelato dell’ultimo Nintendo Direct, sembrerebbe esserlo anche per tutti i titoli che la grande N ha in serbo per noi giocatori nel corso dell’anno… e non.
È proprio questo dato, però, legato a tutti quei titoli che hanno avuto un annuncio con finestre temporali molto lontane o addirittura non definite, come può essere il nuovo capitolo del Professor Layton, che potrebbero preoccupare, e non poco, i videogiocatori.
La domanda che tutti abbiamo in testa da un po’ di tempo, e che si è fatta sempre più pressante nell’ultimo periodo, è questa: Nintendo Switch ha fatto il suo tempo? E se chiaramente tutti gli annunci di Nintendo ci dicono il contrario in termini di grandi esclusive e titoli di terze parti, è la qualità degli stessi che ci fa pensare che forse, e sottolineo forse, la console ibrida abbia bisogno di andare in pensione.
Non è un mistero, in effetti, che la console sia già uscita con degli evidenti limiti tecnici che però, cinque anni fa, complici alcune fra le più importanti esclusive e fra i più bei videogiochi di sempre (sì, Breath of the Wild), non hanno avuto lo stesso peso che stanno avendo oggi un momento in cui il salto generazionale rende Switch meno appetibile di quello che in realtà è.
Fra le console di nuova generazione (più o meno) nelle case di tutti, il mondo del PC Gaming sempre più alla portata di tutti e Steam Deck, l’ibrida di Nintendo sembrerebbe accusare il colpo molto più di quanto non sia già successo in passato nonostante gli ottimi dati di vendita e le ottime prospettive per il futuro.
Ed il “problema”, se così vogliamo definirlo, lo si accusa al punto che persino i titoli first party iniziano ad avere qualcosa che non torna: se cinque anni fa nascondevamo le pochezze tecniche dei porting (con le dovute eccezioni) dietro all’altissima qualità dei first party, oggi riesce molto difficile riuscire ad andare oltre quelli che sembrano essere valori imprescindibili.
Frame-rate ballerino, bassa risoluzione, ambienti poco dettagliati e via discorrendo iniziano a minare persino quella tanto decantata “Nintendo Difference” con cui noi poveri fan della grande N (sì, perché chi vi scrive è anche un fiero possessore di tre Nintendo Switch) ci facciamo fregio nelle conversazioni al bar.
Solo l’idea di dover giocare Tears of Kingdom in qualche modo castrato nella resa tecnica è un pensiero che mi fa venire l’orticaria e la pelle d’oca, non tanto per la qualità in sé dell’opera per cui non credo si possano nutrire dubbi, quanto per la messa in scena che, purtroppo, dovrà fare i conti con un hardware che non sarà in grado di tenere testa a questa nuova Hyrule.
In pratica, per quello che abbiamo visto fino a ora, la sensazione è che la nuova Hyrule vanterà un immaginario ricchissimo, che dovrà però accettare dei compromessi e adattarsi ai limiti tecnici della console su cui gira. Un caso di creatività e direzione artistica che sono andate avanti prima dell'hardware che le rende videogioco.
E badate bene: Breath of the Wild aveva le stesse limitazioni che con ogni probabilità avrà questo secondo capitolo e, nonostante questo, è uno fra i migliori videogiochi mai sviluppati – che ha saputo dare il meglio di sé anche su Wii U, quindi con limiti tecnici ancora più marcati.
Il problema, come detto precedentemente, non sta dunque sull'effettiva qualità finale di un titolo first party Nintendo, quanto nell’amara constatazione che quel titolo sarebbe potuto essere infinitamente migliore sotto il punto di vista tecnico ed estetico.
Ed è bene sottolineare quanto questo non sia semplicemente frutto di mere supposizioni: se provassimo, per assurdo, ad emulare su un discreto PC certi titoli, l’applicazione di certi filtri e certe accortezze dello stesso identico gioco produrrebbe un risultato nettamente superiore. E se questo poteva anche essere accettabile sette anni fa, non riesce ad essere tale ancora oggi, in un'industria dove anche gli standard sono cambiati e un anno ne vale molti di più, in termini di nuove tecnologie.
Perché, allora, Nintendo continua ad ostinarsi nel suo “medioevo tecnico"? Perché Nintendo Switch 2 continua ad essere solo un lontano rumor che non ha ancora trovato concretezza se non all’interno di altrettanti rumor di corridoio?
E se nei titoli di terze parti si è sempre sentito, e con forza, il bisogno di una qualità migliore (sempre attenuato dall’effettiva possibilità di giocare certi titoli in portatile) nel momento in cui questo bisogno si fa più vivo e pressante anche nelle produzioni first party non è il caso di fermarsi solo un momento per chiedersi se ha ancora senso appellarsi alla sola "Nintendo Difference”?
Bastano ancora un gameplay senza sbavature, un mondo fantastico e un’esperienza di gioco incredibilmente divertente ad accontentare i videogiocatori? Certo, i dati di vendita, come detto in apertura dicono ovviamente di sì – e noi “poveri” fan della grande N non possiamo di certo dichiararci insoddisfatti, perché sarebbe da ipocriti, è vero.
Ma è altrettanto vero che iniziamo a soffermarci più del dovuto su certi aspetti, notiamo un limite più del solito e iniziamo a sentire quella vaga sensazione di “desiderio” che inizia a prendere forma – e, davanti ad un’animazione mancata su Fire Emblem Engage o davanti ad un calo di frame di troppo su Xenoblade Chronicles 3, la magia si spezza e ci si chiede “ma quanto devo aspettare ancora?”.
Nei meandri della Rete qualcuno sostiene che con la pubblicazione della seconda parte del DLC di Pokémon Scarlatto e Violetto vedremo anche l’arrivo di questa fantomatica nuova console (con un rumor che si è dimostrato fin troppo veritiero, per i contenuti dell'ultimo Pokémon presents), d’altra parte ci si chiede però perché l’arrivo di questa nuova console dovrebbe essere legato ad un DLC di Pokémon e non a un nuovo capitolo di The Legend of Zelda (che trovate su Amazon).
Quel che è certo è che sembrerebbe essere un altro anno senza Switch 2 (o qualsiasi sia il nome della sua ipotetica erede), un altro anno di giochi dove immaginari meravigliosi devono adattarsi ai compromessi tecnici; un altro anno di desideri irrealizzati e a maggio, quando Link farà il suo ritorno nelle nostre case probabilmente di tutto questo ci saremo dimenticati – consci, dentro noi, che sarebbe potuta andare molto meglio e che questa “Nintendo Difference” forse riesce ancora a farla, questa differenza.
Nintendo Switch ha dalla sua una libreria di titoli, soprattutto esclusivi, di una qualità davvero clamorosa. A ormai oltre sei anni dal suo debutto, è più lecito domandarsi se non stia, però, iniziando a fagocitare anche quei giochi che sarebbero dovuti essere invece della sua futura erede. I compromessi non gli impediranno di essere comunque bei titoli, questo è vero; ma anche i (potenziali?) capolavori hanno diritto di mostrarsi con il loro abito migliore.