Macchine Mortali recensione film | lo steampunk secondo Peter Jackson
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a cura di Marcello Paolillo
Senior Staff Writer
Portare sul grande schermo un’opera come Macchine Mortali non era certo cosa facile. Ancor meno facile quando scopri che il film è stato sceneggiato nientemeno che da un certo Peter Jackson assieme alle sue collaboratrici Fran Walsh e Philippa Boyens (da sempre insieme, anche ai tempi de il Signore degli Anelli). Macchine Mortali ha però un grande vanto, anzi più di uno: non solo è puro cinema di genere capace di mescolare elementi della cultura pop, ma è anche uno dei film visivamente più coraggiosi degli ultimi anni. Ma per l’amor del cielo non paragonatelo a Mad Max: Fury Road.
La Macchina Mortale inceppata
Partendo dalle basi del romanzo omonimo, il film di Christian Rivers si propone come un’avventura steampunk in un contesto post-apocalittico: la razza umana si è infatti (nuovamente) spazzata via da sola in appena sessanta minuti a suon di bombe quantiche, rendendo il mondo una terra più soave e pacifica. Questo fino a che i pochi uomini rimasti decidono di costruire alcune città semoventi, veri e propri colossi meccanici in grado di “masticare” le città più piccole, trasformando così un sogno di conquista in un vero e proprio atto predatorio. La città di Londra è sicuramente quella più temibile, un gigante di acciaio e lamiere mossa dal subdolo Thaddeus Valentine (Hugo Weaving), il quale intende estendere il predominio della nuova Inghilterra sul mondo intero (no, la Brexit non c’entra un tubo). A fare da contraltare, troviamo i coraggiosi Hester Shaw e Tom Natsworthy, due ragazzi che decidono ben presto – e in parte contro la loro volontà – di fronteggiare una volta per tutte Valentine e le sue mire espansionistiche.
Tra un rimando a Star Wars e una strizzata d’occhio a BioShock: Infinite (il videogioco di Ken Levine), Macchine Mortali cerca di dare consistenza all’universo che viene mostrato a schermo, sebbene il tutto avvenga in maniera piuttosto pasticciata e troppo confusa, restituendo la spiacevole sensazione che la mitologia dietro al mondo delle Mortal Engines sia più un quadro sfocato che una mappa messa perfettamente a fuoco. Ed è un peccato, perché dal punto di vista puramente visivo e concettuale, il film non fa una piega (alcune sequenze, specie nelle battute finali, sono realmente evocative). Anche alcuni personaggi chiave e sicuramente più interessanti rispetto a molti altri (primo fra tutti Shrike, il “rinato” costruito da un cadavere caduto in battaglia), sembrano essere innestati nella sceneggiatura senza troppa convinzione. Così come la carismatica e decisamente stylish Anna Fang, la quale sembra uscita di diritto da un capolavoro di John Woo.
Per il resto, il film si trascina stancamente per le oltre due ore di durata, lasciando allo spettatore quel retrogusto amarognolo, di un qualcosa dal sapore non ben definito: non propriamente pessimo o terribile, ma neppure la prelibatezza gourmet che sarebbe potuta essere con un po’ più di attenzione ai dettagli. Ragion per cui, il nostro consiglio è di approcciarvi a Macchine Mortali senza alcuna pretesa particolare. Solo così la guerra contro Thaddeus Valentine e la città semovente di Londra avrà un senso.
+ Decine di rimandi a film, libri e videogiochi di successo.
- Davvero troppo lungo.
6.7
Nonostante sia a conti fatti una produzione davvero imponente, sia per resa scenica che per contenuti, la sensazione è che Macchine Mortali sia stato messo in piedi senza avere un quadro chiaro delle priorità. Nonostante i tanti richiami letterali e visivi legati alla letteratura, al cinema e ai videogiochi, la sceneggiatura si ingolfa sin da subito, mostrando tutti i limiti del caso. Ed è un vero peccato, al netto della potenza estetica del film diretto da Christian Rivers.
Voto Recensione di Macchine Mortali recensione film | lo steampunk secondo Peter Jackson - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Bellissimo da vedere.
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Decine di rimandi a film, libri e videogiochi di successo.
Contro
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Sceneggiatura logorroica.
-
Davvero troppo lungo.
Commento
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