Immagine di Little Orpheus | Recensione - L'interessante viaggio nel mondo sotterraneo
Recensione

Little Orpheus | Recensione - L'interessante viaggio nel mondo sotterraneo

The Chinese Room porta su console la sua ultima fatica, tra dinosauri, razzi, complotti e un protagonista memorabile

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a cura di Francesco Bellacicco

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Little Orpheus
Little Orpheus
  • Sviluppatore: The Chinese Room
  • Produttore: Sumo Digital
  • Distributore: Sumo Digital
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , SWITCH , MOBILE , PS5
  • Generi: Azione
  • Data di uscita: 12 giugno 2020 - 13 settembre 2022 (PC, console)

A oltre due anni dal lancio su Apple Arcade, Little Orpheus è finalmente pronto a sbarcare su PC e console, forte di una nuova edizione arricchita dal capitolo A Rush of Onion to the Head, dalla modalità aggiuntiva Lost Recordings e da una serie di migliorie tecniche introdotte per l'occasione.

Il titolo di The Chinese Room (già autori di Dear Esther ed Everybody's Gone to the Rapture) si presenta a questo nuovo appuntamento dopo il rinvio di marzo, dovuto alla guerra in Ucraina. Gli sviluppatori decisero infatti di posticipare l'uscita del gioco a causa di alcune tematiche ritenute troppo sensibili in un momento molto vicino allo scoppio del conflitto.

Adesso, dopo un'attesa più lunga del previsto, l'avventura di Ivan Ivanovich è qui per sorprenderci di nuovo. Come se la caverà questa volta lo scatenato internonauta russo?

Fantascienza, avventura e ironia

Little Orpheus non fa mistero delle sue influenze, e fin dalle prime battute consegna al giocatore un universo narrativo ricco di richiami alla fantascienza classica e al romanzo di avventura, con omaggi espliciti (dichiarati dagli stessi sviluppatori) al lavoro di Ray Harryhausen, tra i pionieri della tecnica stop motion applicata al cinema, grazie alla quale riuscì a dare vita a creature mostruose in grado di muoversi in modo convincente sul grande schermo.

Il titolo si apre con una conversazione (tutt'altro che distesa, a dire il vero) tra l'astronauta russo Ivan Ivanovich e il generale Yurkovoi, incaricato di scoprire l'ubicazione del dispositivo sperimentale Little Orpheus, smarrito da Ivan nelle profondità della terra insieme all'ordigno nucleare che ne consente il funzionamento.

Il confronto tra i due personaggi avviene nel 1965, a tre anni dalla spedizione al centro del pianeta di cui Ivan fu l'unico partecipante. Malgrado le scarse abilità tecniche e fisiche, fu proprio lui ad essere scelto per addentrarsi nelle profondità terrestri con l'obiettivo di scoprire se la cavità ospitata al loro interno consentisse o meno la colonizzazione.

Trattandosi di un viaggio particolarmente arduo a causa delle risorse necessarie per il funzionamento della trivella e del continuo rischio di perdere i contatti radio, Ivan venne dotato del misterioso dispositivo Little Orpheus, alimentato a energia atomica.

Sono queste le premesse, in breve, dell'ultima fatica di The Chinese Room. Dotati di un'ironia molto accentuata, gli scambi di battute tra i due personaggi principali non mancheranno di strapparvi più di un sorriso per tutta la durata dell'avventura.

Al netto di qualche sbavatura nei sottotitoli italiani (mancanti in alcuni video e sporadicamente minati da qualche refuso) la scrittura, volutamente criptica in alcuni passaggi, funziona, ed è arricchita da un ottimo doppiaggio che dona profondità e carattere a Ivan e Yurkovoi.

Corri, corri!

Il titolo si propone come un platform molto canonico, che fa della direzione artistica e del continuo richiamo ai topoi della fantascienza avventurosa il suo punto forte. Come accennato in apertura, il background narrativo di Little Orpheus pesca a piene mani dalle opere di autori quali Jules Verne e H. G. Wells, e ricorda, a livello di gameplay, platform old school quali Another World, Flashback e Prince of Persia, e titoli più recenti come The Way, Little Nightmares e Max: The Curse of Brotherhood.

Lo spazio per i convenevoli è decisamente ridotto e dall'avvio di una nuova partita al primo approccio con il gameplay passeranno poco più di una manciata di secondi. Controller alla mano, il gioco risulta subito gradevole, seppur caratterizzato da comandi estremamente semplici. Ivan Ivanovich è infatti in grado di compiere una serie di azioni molto limitata: saltare, scivolare e spostare oggetti, nient'altro. Non sarà possibile aumentare o diminuire l'andatura del protagonista, che si modificherà automaticamente in base alle circostanze.

La direzione artistica è degna di nota, e ognuno dei nove episodi si difende più che bene in quanto a varietà e caratterizzazione dei biomi e delle creature che li abitano. Da un primo incontro con i dinosauri in una rigogliosa foresta passeremo a città nascoste popolate da creature misteriose, fino a raggiungere abissi marini, lande ghiacciate, rovine arabeggianti e molto altro ancora.

Il gioco è strutturato come una serie televisiva, con tanto di narratore incaricato di riassumere gli ultimi avvenimenti al termine di ogni episodio, introducendo il prossimo.

Come ribadito più volte nel corso dei dialoghi, Ivan ha un unico compito: recuperare il Little Orpheus e tornare di corsa in superficie. Spinto da una tale premessa narrativa, che ben si sposa con la spiccata varietà estetica con cui The Chinese Room ha scelto di arricchire il suo prodotto, Little Orpheus si affida molto a un comparto visivo seducente, a scapito della varietà di gameplay e level design, entrambi funzionali a ciò che i creatori di Dear Esther ed Everybody's Gone to the Rapture vogliono raccontare, ma privi di guizzi e scelte ambiziose che vadano al di là di una semplice corsa dal punto A al punto B.

Tra sogno e realtà

Tra i pregi del prodotto c'è quello di intrattenere con una storia avvincente (almeno all'inizio), volutamente sospesa tra verità e finzione, che più di una volta porterà il giocatore a dubitare del racconto di Ivan Ivanovich.

Ciò che avviene sullo schermo è il delirio di un pazzo o la cronaca di avvenimenti realmente accaduti? Solo il finale (e in particolare l'episodio aggiuntivo A Rush of Onion to the Head) faranno un po' di chiarezza, ma quel labile confine tra sogno e realtà accompagna l'intera esperienza.

Se il primo approccio con Little Orpheus colpisce nel segno grazie a una certa varietà di situazioni che non tarda a manifestarsi, il titolo svela fin troppo presto tutto ciò che ha da offrire, a scapito dell'effetto sorpresa e della varietà del gameplay – a tutti gli effetti fin troppo rilassato per un'avventura dall'ampio respiro narrativo.

Il fulcro del gioco è il raggiungimento dell'area successiva, in una corsa contro il tempo inframezzata da sporadici QTE ed enigmi molto semplici, che non richiederanno alcun tipo di abilità per essere risolti.

Spesso sarà necessario spostare degli oggetti per raggiungere piattaforme altrimenti inaccessibili, azionare leve e pulsanti in grado di modificare l'ambiente circostante, nascondersi dalle sentinelle in brevi fasi stealth e manovrare veicoli per tragitti molto corti. In ognuna di queste attività si avrà sempre l'impressione di essere fin troppo guidati e di non avere alcuna possibilità di sbagliare.

In Little Orpheus non ci sono boss fight (con un'unica eccezione) né scontri con gli avversari. Non aspettatevi un contatore delle vite, una barra della salute né alcun tipo di game over. Il ritmo della progressione rimarrà sempre molto timido – e il livello di sfida sempre piuttosto blando.

Sul versante longevità il gioco non spicca per durata. Per completare l'avventura basteranno quattro ore, circa otto nel caso in cui si scelga di rigiocare gli stessi livelli nella modalità Lost Recordings, per raccogliere delle sfere luminose con le quali sbloccare contenuti e costumi aggiuntivi.

Come in ogni platform che si rispetti, il salto ricopre una funzione rilevante, ma anche in questo caso la curva della difficoltà è costantemente tarata verso il basso. Non vi troverete mai a dover memorizzare i pattern di spostamento delle piattaforme, né a effettuare dei salti particolarmente rischiosi o difficili da eseguire, e la mancanza di uno scatto da attivare prima di lanciarvi nel vuoto rende il tutto ancora più semplice, riducendo ulteriormente l'eventualità di fallire.

Il medesimo discorso vale per le sezioni aeree e per quelle, piuttosto diffuse, in cui Ivan dovrà passare da una liana all'altra per superare dei crepacci o fuggire da una struttura che sta crollando.

Che si tratti di una corrente d'aria da sfruttare per raggiungere l'area superiore di uno scenario o di una piattaforma su cui saltare, il meccanismo sarà sempre lo stesso e, anche nelle fasi più concitate, non verrà richiesta alcuna abilità nell'eseguire azioni chiave. Gli scenari sono inoltre privi di bivi e percorsi alternativi, scelta di design che contribuisce a ridurre la rigiocabilità e il senso di esplorazione.

Bello, ma con qualche riserva

In versione Nintendo Switch (che potete trovare a un ottimo prezzo su Amazon) il gioco si difende abbastanza bene, seppur con qualche sbavatura tecnica di troppo.

Se giocato sullo schermo dell'ibrida di Nintendo, Little Orpheus presta il fianco a un aliasing piuttosto accentuato, soprattutto nelle fasi in cui le inquadrature si allargano e le dimensioni del protagonista si riducono sempre di più, con una perdita di dettaglio abbastanza evidente.

Discorso analogo vale per gli sfondi, di qualità altalenante. Se in alcuni capitoli la linea dell'orizzonte si estende per uno spazio sufficientemente vasto da rendere l'idea di trovarsi in un mondo vario e ricco di dettagli, in altri si nota una spiccata differenza a livello di texture tra gli elementi in primo piano e quelli sullo sfondo.

La qualità dell'immagine migliora in modalità docked, soluzione che lascia inevitabilmente invariati sporadici fenomeni di pop-up, ombre seghettate, e qualche imperfezione nelle animazioni.

Nello stage subacqueo, quando Ivan si disfa della muta che ha indossato per buona parte del capitolo, ci è capitato di notare un casco fluttuare senza che il protagonista interagisse in alcun modo con esso, come invece avrebbe dovuto.

Qualche incertezza anche per quanto riguarda i comandi, con alcune azioni contestuali (in particolare quelle relative allo spostamento degli oggetti) che non sempre reagiscono correttamente agli input, costringendo il giocatore a morire e tentare nuovamente, pena l'impossibilità di proseguire nel livello. È bene sottolineare che non si tratta di un problema strutturale, bensì di un'imprecisione individuata in specifici contesti.

Oltre che per il suo adorabile protagonista, il quale figurerebbe più che bene in una serie dedicata alle sue peripezie e ai suoi splendidi deliri, Little Orpheus fa centro grazie a un world building intrigante, una squisita colonna sonora (composta esclusivamente da brani orchestrali di ottima fattura) e una serie di sentiti omaggi alla fantascienza classica che non mancheranno di conquistare gli appassionati.

Peccato per un'evidente pigrizia sul versante del gameplay, davvero troppo semplice ed eccessivamente ripetitivo, e per la mancanza di guizzi nel level design, dominato da un'eccessiva orizzontalità e dall'assenza di elementi quali bivi o aree esplorabili in una seconda run, che avrebbero contribuito ad aumentare notevolmente il fattore rigiocabilità.

Con qualche boss fight memorabile, un livello di sfida più incisivo (magari arricchito da power-up e collezionabili) e una maggiore longevità e varietà, il titolo di The Chinese Room non avrebbe avuto problemi a ritagliarsi uno spazio rilevante tra le uscite platform di quest'anno.

Versione recensita: Nintendo Switch

Voto Recensione di Little Orpheus - Recensione


6.8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Un omaggio sincero alla fantascienza classica

  • Direzione artistica notevole

  • Trama intrigante...

  • Giocarlo è un piacere...

Contro

  • Troppo breve

  • Sul fattore rigiocabilità era lecito aspettarsi di più

  • ... che fatica a decollare

  • ... ma il livello di sfida è fin troppo basso

Commento

Little Orpheus sorprende grazie a una direzione artistica colta e coerente con l'immaginario di riferimento, una trama avvincente (seppur poco sviluppata) e un'ottima colonna sonora, ma presta il fianco a una serie di scelte poco coraggiose, nonché a una generale assenza di varietà che non tarda a farsi sentire. Si ha come l'impressione che The Chinese Room abbia riposto molta cura nella forma tralasciando il contenuto e l'offerta ludica della sua ultima fatica. In Little Orpheus c'è tanto carattere ma poca sostanza. Con un pizzico di coraggio in più, ci saremmo trovati davanti a un platform da tenere in considerazione anche per eventuali sequel.
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