Limbo e il ragno sfuggente | Il Dettaglio
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a cura di Francesco Ursino
Avvertenza: l’articolo contiene spoiler sulla trama di Limbo
Limbo è un gioco pauroso e tenero allo stesso tempo. È un puzzle game che per tre quarti del tempo propone una sfida tutto sommato accessibile, e che alla fine inizia a lanciare enigmi basati sulla gravità che fanno venire il mal di testa. Un gioco cupo e tetro, un gioco invernale, se così si può dire, assaporabile nel buio della propria stanza, in silenzio. È un gioco anche violento: il povero bambino protagonista del titolo può morire in tanti di quei modi cruenti che è difficile ricordarsene. Il prodotto sviluppato da Playdead è tante cose tutte insieme, ed è normale che un titolo del genere, con una storia praticamente da supporre, più che da apprezzare, viva dell’interpretazione di alcuni particolari. Tra tutti, ce n’è uno che mi è rimasto particolarmente impresso. In questa puntata de Il Dettaglio, la rubrica che racconta dei piccoli particolari nascosti all’interno dei grandi giochi, vi parlerò allora del pauroso ragno di Limbo.
“A man destined to hang can never drown”
Regina Spektor riprende nella bella canzone Daniel Cowman un adagio secondo il quale gli uomini destinati a vivere (e a morire) in un certo modo non potranno mai cambiare il loro destino. Limbo, in qualche modo, sembra confermare questa regola, visto che si ha la continua sensazione di essere destinati a soccombere, e non si sa mai cosa può succedere al bambino protagonista della storia. Il gioco ti fa capire subito il tipo di esperienza che vuole proporti: senza cutscene rivelatrici, nel silenzio di un personaggio completamente muto, e davanti a uno scenario cupo che più cupo non si può, tutto basato su gradazioni di grigio.
Cammini e all’improvviso dei vermi luminosi ti si attaccano alla testa comandando i tuoi movimenti, manco fossero i lumaconi mangia-cervello di Futurama; cerchi di saltare e vieni fulminato dalla scarica elettrica di un’insegna luminosa mezza scassata. Sbagli i tempi di un movimento e finisci sott’acqua, annegato.
La prima, vera sorpresa del gioco è anche uno dei pericoli più insidiosi per il povero protagonista. Cammini tranquillamente (si fa per dire) per un bosco tetro e minaccioso quando alla fine lo schermo si blocca e spuntano quelle che con tutta evidenza sono le zampe di un ragno gigante. Da qui, parte una delle sequenze più iconiche di tutto il gioco.
Anche lui ha paura di te. Forse.
Si arriva quindi davanti al ragno e le opzioni sembrano essere solo due: scappare o rimanergli vicino, mettendo a rischio la propria vita. Poi, come al solito, ci si ricorda che si sta giocando a un puzzle game, motivo per il quale la soluzione deve essere per forza presente nelle vicinanze. Dopo aver fatto del male al ragno con una trappola per orsi l’impressione è che sia tutto finito fino a quando non ci si impantana in un punto posto poco più avanti. Il ragno arriva, ci afferra e sembra essere la fine.
La prima volta che ho assistito a questa sequenza pensavo di aver sbagliato qualcosa, ma poi il gioco mi ha sorpreso dandomi nuovamente il controllo. Solo che questa volta il personaggio era totalmente ricoperto di ragnatele.
Dopo essere ruzzolato giù da un’altura, ed essersi tolto di dosso le ragnatele, il protagonista riusciva finalmente ad avere ragione del ragno e, siccome nel mondo di Limbo non si butta via niente, il gioco invitava a usare ciò che rimaneva del malvagio aracnide a proprio vantaggio, cioè per superare un ostacolo. Vale la pena sottolineare che anche la scena in cui il bambino stacca la zampa del ragno è anch’essa piuttosto brutale, tanto per ribadire come Limbo sia un gioco con una natura cruda e piuttosto violenta.
I ragni non sono quello che sembrano
Una delle cose interessanti di Limbo è che, essendo un titolo dalla storia ermetica, si presta a tante interpretazioni diverse. Per un ripasso generale, vi consiglio di leggere questa pagina della Wiki ufficiale del gioco, dove vengono ripercorse un po’ tutte le teorie più stimolanti. La cosa ancora più singolare è che in ogni versione data dagli appassionati il ragno costituisce comunque una parte fondamentale.
Per alcuni, allora, la presenza dell’animale simboleggia una delle paure del protagonista, con l’intero titolo che quindi assurge a viaggio spirituale del bambino in lotta contro i propri nemici interiori. Per altri ancora il ragno rappresenta addirittura la morte che insegue il personaggio, o la rappresentazione della sostanziale impotenza del protagonista difronte alle difficoltà della vita.
Se devo essere sincero, quando ho finito Limbo per la prima volta non mi ero fatto alcuna idea complessiva sulla storia e, anzi, il finale mi aveva lasciato ancora più confuso. Il ragno, però, mi è subito rimasto impresso e anche a me aveva dato una sensazione di profonda minaccia, un pericolo molto più grande rispetto al bambino che però, alla fine, riusciva a venirne a capo con l’astuzia e la caparbietà. Allora forse il ragno, oltre ad avere una connotazione esclusivamente negativa, può rappresentare anche uno stimolo, una forza che attraverso le difficoltà spinge ad andare avanti e, tanto per rimanere in tema, a uscire dal limbo personale in cui ognuno di noi può trovarsi a un certo punto della vita.
All’interno dell’economia di gioco di Limbo il ragno è sicuramente uno degli elementi più importanti e visivamente d’impatto. La sua presenza fa pensare immediatamente a qualcosa di negativo, ma forse non è solamente così. Vi siete mai chiesti cosa simboleggi questo essere, e più in generale qual è la vostra teoria sulla storia raccontata dal gioco Playdead?
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