King Arthur: Knight's Tale | Provato - Una Camelot in rovina
Abbiamo provato King Arthur: Knight's Tale, il nuovo gioco di ruolo con componenti strategiche dedicato alla saga di Re Artù.
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: NeocoreGames
- Produttore: NeocoreGames
- Piattaforme: PC , XSX , PS5
- Generi: Gioco di Ruolo , Strategico
- Data di uscita: 26 gennaio 2021 (Accesso Anticipato)
La scintillante Tavola Rotonda attorno a cui hanno preso vita le epiche vicende dei cicli arturiani è solo una sbiadito ricordo in King Arthur: Knight’s Tale. Anzi, questo tattico a turni con elementi ruolistici sviluppato da Neocore Games capovolge completamente l’ordine dei valori e la cavalleria, l’onore e la giustizia lasciano spazio alla più totale disperazione, al senso di decadimento e al pesante odore di morte che circonda ogni singola missione.
L’inversione è espressa al massimo dallo scambio fra i protagonisti. Caduti entrambi in battaglia, Sir Mordred e Re Artù vengono trasportati sulla leggendaria isola di Avalon, solo che, per non si sa bene quale maleficio, l’eroico cavaliere si è trasformato in un sanguinario sovrano che ha gettato Britannia nel caos ed è proprio la sua storica nemesi ad imbarcarsi nella disperata avventura per spodestare dal trono il tiranno.
Da qui prendono il via le vicende narrate in King Arthur: Knight’s Tale o, per meglio dire, prenderanno il via in un futuro non ben precisato. Attualmente il titolo è infatti ancora in accesso anticipato e, senza troppi giri di parole, permette solo un fugace sguardo su ciò che sarà l’opera al suo completamento. In termini di contenuti l’offerta è infatti ad oggi molto striminzita, a partire dalla componente narrativa stessa.
Un nuovo ciclo epico
Il letale duello fra Sir Mordred e Re Artù è infatti appena abbozzato, introdotto da un epico filmato in un puro stile dark fantasy, a cui purtroppo fanno però seguito solo dei rapidi scambi di battute e un paio di missioni dedicate alla storyline, momenti in cui fanno poco alla volta la comparsa anche altre figure ben note dei poemi cavallereschi, come Sir Kay o la stessa Dama del Lago, voce fuori campo onnisciente.
Dando uno sguardo alla road map tracciata dal team di sviluppo si scorge il potenziale del racconto e i toni marcescenti sono un’alternativa davvero interessante rispetto alle ben note avventure senza macchia del ciclo arturiano, ma ad oggi è davvero troppo presto per sbilanciarsi e anche i pochi momenti dedicati alla storia ci sono parsi davvero molto sbrigativi e, soprattutto, circondati da fasi molto piatte.
Una giostra a turni
Le missioni rimbombano nel vuoto quasi completo dei loro spazi. Se dovessimo fare un confronto in termini di gameplay con qualche altra opera, il nome più vicino sarebbe quello di Mutant Year Zero: Road to Eden, dove la libera esplorazione dei livelli viene intervallata dai classici scontri tattici a turni nel momento in cui si incrocia il cammino con i nemici.
In King Arthur: Knight’s Tale l'esplorazione è però un momento fine a se stesso, dato che di NPC con cui parlare ce ne sono davvero pochi - e non è che i dialoghi siano poi così interessanti e profondi - e anche i punti di interesse si contano sulle dita di una sola mano, con qualche cadavere da cui recuperare i bottini, falò in cui ricaricare la salute, altari che forniscono bonus o malus random e gli immancabili bauli contenenti oro e altri oggetti preziosi, ovviamente senza alcuna contestualizzazione dato che attorno a questi oggetti scintillanti ci sono solo morti e cornacchie a banchettare sulle loro ossa.
La routine che scandisce imperterrita ogni missione è quindi un lento vagare all’interno di spazi vuoti e silenziosi, certo ispirati visivamente nella loro palette scura e nei pochi resti di un regno una volta florido, ma privi di un vero significato in termini ludici. E quando ci si trova faccia a faccia col pericolo, la situazione migliora? Purtroppo solo parzialmente e, anche in questo frangente King Arthur: Knight’s Tale evidenza delle mancanze abbastanza ingombranti per quello che vorrebbe essere un tattico a turni che strizza l’occhiolino all’ottimo XCOM. L’elenco delle perplessità è abbastanza copioso e parte da un level design elementare.
Gli scenari sono suddivisi nelle classiche caselle, quadrati in cui spostare le proprie pedine tenendo sempre in considerazione i punti azione, indispensabile risorsa per effettuare gli attacchi o per bere una necessaria pozione. Fin qui nulla di sbagliato o di rivoluzionario, né di particolarmente errato, ma bastano poche battaglie per capire che di spazio per complesse tattiche ce ne è davvero poco nei duelli proposti, un lento susseguirsi di colpi sempre identici portati da eroi che, nonostante classi differenti, finiscono con l’assomigliarsi tutti quanti, ad esclusione di quelli dotati di attacchi dalla distanza.
Compiere manovre avvolgenti o sfruttare a proprio vantaggio le mappe è solo un lontano miraggio, perché gli spazi sono angusti ed ogni battaglia finisce immancabilmente con una serie di colpi dalla distanza ravvicinata che hanno ben poco di stimolante.
Vogliamo comunque rimanere ottimisti e, se non altro, sospendere per ora il giudizio, almeno per due motivi. Come già detto in apertura, la parte finora esplorata di King Arthur: Knight’s Tale è davvero esigua, con poche missioni su cui abbiamo messo mano, a cui si aggiunge inoltre la marginalità di queste ultime, che paiono per ora un riempitivo posto al fianco dei momenti cruciali e dove faranno la loro comparsa nemici decisamente più interessante rispetto a banditi e qualche stregone.
Un GDR ancora da scoprire
Questa spirito positivo è però difficile da tenere intatto quando si osservano più nel dettaglio anche le altre meccaniche di gioco. Possiamo almeno per ora sorvolare sulla totale assenza di spiegazioni anche durante il tutorial, mancanze che ci hanno fatto spendere inutili click fra i vari menù alla ricerca di funzioni mai spiegate, ma è davvero difficile trovare un senso nel sistema di build e in una progressione ruolistica ancorata fin troppo al passato.
I personaggi possono infatti essere modificati nel loro equipaggiamento o nelle loro abilità solo fra una missione e l’altra e i bottini recuperati diventano accessibili quando ci si trova nell’hub principale, una mappa stilizzata con visuale isometrica al cui centro è posto Camelot stessa.
La progressione degli eroi procede poi seguendo binari già troppo altre volte calpestati, con un accumulo di esperienza che dà accesso a livelli successivi e di conseguenza a nuove abilità a seconda della classe e che ricadono negli stereotipi più canonici del genere. Insomma, se cercate la totale libertà creativa di un Baldur’s Gate o di un Divinity: Original Sin avete sbagliato posto e, come se non bastasse, i diversi equipaggiamenti non influiscono in modo evidente sull’aspetto estetico, con armi e armature che rimangono sempre uguali e vengono modificate solo dal punto di vista statistico tramite l’uso di apposite rune.
Ancora una volta queste restrizioni possono essere imputate ad un Early Access con poca carne al fuoco e un level cap posto verso il basso e che non permette di esplorare a fondo gli skill tree e, soprattutto, il sistema morale e le relazioni che via via vanno a crearsi fra i personaggi di questa nuova tavola rotonda.
Sporadicamente, Sir Mordred viene posto al cospetto di bivi, momenti in cui scegliere strade più brutali o più accondiscendenti verso i sudditi e che spostano l’allineamento dei protagonisti. Nelle poche ore di gioco messe a disposizione, questo elemento viene appena abbozzato ed è difficile - se non impossibile - valutarne le ricadute a lungo termine.
Lo stesso può essere detto della leggendaria Camelot. Il castello non è solo il punto di partenza per le varie missioni, ma è il centro nevralgico della componente gestionale, simile a quanto visto ad esempio in Darkest Dungeon. Durante le missioni, gli eroi possono infatti rimanere feriti ed è dunque necessario metterli al riposo nell’ospedale, così come la taverna si è rivelata in un paio di occasioni un ottimo luogo per fare acquisti fra pozioni ed oggetti per abbassare così un livello della difficoltà tarato verso l’alto – per non dire proprio sbilanciato, in alcuni casi.
Le missioni non sono infatti evidenziate per il livello di sfida e non si sa mai a quali insidie si andrà incontro e quanti saranno i nemici da abbattere prima di portare a termini obiettivi abbastanza usuali, come l’eliminazione di tutti i banditi o la difesa di un villaggio attaccato, a cui si aggiunge un permadeath che non lascia vie di scampo.
Mondo marcio
È decisamente presto per correre ad affrettate conclusioni, ma le impressioni fornite da questo primo faccia a faccia ci hanno lasciato abbastanza freddi, fra delle battaglie tattiche che sanno di già visto e una componente ruolistica che lascia poco spazio alla fantasia e a build creative.
Al di là di qualche prevedibile bug, King Arthur: Knight’s Tale si è rivelato più che piacevole dal punto di vista grafico e con una direzione artistica adeguata al tono decadente dell’avventura, con colori cupi e spenti ad accompagnare i passi dei cavalieri.
Versione testata: PC
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Voto Finale
Conclusioni Finali di SpazioGames
Pro
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Un'interessante variazione sul ciclo arturiano
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Un tattico a turni classico, ma senza particolari sbavature
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Visivamente più che appagante, già da questo Early Access
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Sopravvivere è una vera sfida...
Contro
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Pochi contenuti in questo accesso anticipato
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Mappe vuote e pochi spunti
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Progressione classica e build senza troppi guizzi
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... Una sfida che necessita di bilanciamento