Come abbiamo visto poche ore fa, il problema del crunch tra gli sviluppatori dei videogiochi – di cui si ricomincia a parlare periodicamente – è ancora una realtà concreta. Le scadenze per le consegne dei prodotti sono spesso stringenti e, a meno di rinvii, costringono i dipendenti delle software house a orari che potrebbero compromettere la loro salute, se prolungati.
La questione è tornata alla ribalta quando, qualche giorno fa, Rockstar aveva parlato di settimane lavorative da cento ore per i lavori su Red Dead Redemption 2, con l’autore Dan Houser che ha poi precisato che si è trattato solo di tre settimane e solo per il team di responsabili della scrittura – non per tutti i dipendenti.
La testimonianza di Job J. Stauffer
Le sue parole sono comunque servite per riportare i riflettori sulla questione, con decine di testimonianze sul problema arrivate da sviluppatori. Tra loro, troviamo anche Job J. Stauffer, celebre ex sviluppatore di Rockstar e che qualche anno fa aveva lavorato in Telltale Games.
Stauffer, rispondendo al collega Jason Schreier di Kotaku che chiedeva testimonianze per un articolo in lavorazione sul tema, scrive:
Sono passati quasi dieci anni da quando ho lasciato Rockstar, ma posso assicurarvi che, nell’era dei lavori su GTA IV, era come lavorare con una pistola puntata contro la testa per sette giorni alla settimana. “Dovete esserci anche sabato e domenica, in caso vengano Sam e Dan, vogliono vedere che tutti lavorano duramente tanto quanto loro”.
Questo il tweet:
It's been nearly a decade since I parted from Rockstar, but I can assure you that during the GTA IV era, it was like working with a gun to your head 7 days a week. "Be here Saturday & Sunday too, just in case Sam or Dan come in, they want to see everyone working as hard as them." https://t.co/TaQS5LnaAa
— Job J Stauffer (@jobjstauffer) October 16, 2018
Stauffer fa riferimento a uno dei temi riportati nelle testimonianze dell’articolo linkato in apertura, in cui alcuni sviluppatori lamentavano il problema delle aspettative: se qualcuno lavora oltre gli orari e i giorni previsti, i datori di lavoro si potrebbero sentire autorizzati a pretendere altrettanta “passione” (questa la parola usata da Dan Houser) anche dagli altri.
Non solo Stauffer: il problema del crunch
Quella di Stauffer non è la sola testimonianza di una personalità celebre nel mondo dello sviluppo dei videogiochi sul tema del crunch: in passato, avevamo affrontato il tema sulle nostre pagine con le parole di Amy Hennig, autrice della serie Uncharted.
La sviluppatrice aveva definito insostenibile l’industria AAA, rivelando che ai tempi in cui era in Naughty Dog per dirigere la trilogia di Nathan Drake “non penso di aver lavorato per meno di 80 ore la settimana”. La Hennig aveva parlato di sette giorni lavorativi su sette, con dodici ore di lavoro al giorno. “Uno stile di vita che non vale la pena avere” aveva aggiunto.
La director si aspettava un cambiamento con l’affermarsi della distribuzione digitale, che non c’è stato: i giochi sono anzi cresciuti nelle dimensioni e nell’offerta, il che ha richiesto tempi di lavorazione ulteriormente generosi. Secondo Amy Hennig:
Siamo ad un punto in cui c’è bisogno di una svolta. La mia speranza era che, con mezzi di distribuzione diversi e il fatto che non ci fossero più solo i negozi fisici e i giochi in scatola, questa svolta sarebbe arrivata. Credo che in qualche modo sia vero, ma penso che con lo sviluppo AAA siamo ancora bloccati in questa situazione, in questa monotonia, mentre la posta in gioco continua a salire.
Non possiamo che augurarci che questa nuova visibilità per l’argomento possa portare a un maggior equilibrio tra le necessità di rispettare le scadenze dei publisher e quelle di rispettare orari e necessità dei lavoratori.