L'inganno degli 80 euro: perché li paga (solo, per ora) PS5 Digital Edition

A quasi un anno di distanza, la next-gen ha mantenuto la "promessa" dell'aumento dei prezzi?

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a cura di Paolo Sirio

A quasi un anno di distanza dal lancio di PS5, siamo pronti a tracciare un percorso perlomeno iniziale dell’audace strategia finanziaria di Sony e una manciata di altri publisher a proposito dei prezzi dei videogiochi. Al di là del funzionare o meno (abbiamo qualche prova e pochi dubbi che lo farà, checché ne diciamo), tale strategia è stata davvero mantenuta per l’interezza di questo anno?

Il fatto che siamo qui a parlarne probabilmente sarà un indizio già valido sull'esito della discussione: girovagando per i principali negozi online, abbiamo notato ben più di un’incongruenza rispetto alla “promessa” che le esclusive PlayStation 5 – e dei titoli di alcuni grandi editori per le console next-gen – sarebbero state prezzate sugli 80 euro, con un ricarico maggiore rispetto alle produzioni per PS4 e Xbox One.

Senza scendere particolarmente nel merito (in realtà un po’ lo faremo, inevitabilmente), siamo andati a verificare se questa oscillazione abbia retto davvero oppure no, e che tipo di impatto abbia avuto sulle tasche dei videogiocatori in questo quasi primo anno di nuova generazione di console  (e avrà in futuro). Questi i risultati delle nostre ricerche.

Le copie fisiche

Basta spulciare Amazon alla ricerca delle esclusive first-party PS5 per rendersi conto che i famigerati 80 euro hanno tenuto giusto al day one della console: al pronti via, giochi come Demon’s Souls sono stati piazzati al prezzo pieno del quale fummo informati in fretta e furia lo scorso settembre, mentre questa tendenza – vuoi per evitare di spaventare i giocatori, vuoi per altre ragioni più sottili che approfondiremo – è stata rapidamente assorbita in questa prima fase del ciclo vitale della nuova piattaforma.

I casi delle esclusive firmate Sony o da studi assoldati dalla casa giapponese sono abbastanza eclatanti, essendo passato così poco tempo dall’uscita:

Questi i giochi prezzati in origine a 80 euro, mentre Sackboy Una Grande Avventura – che in origine non aveva “beneficiato” del prezzo pieno, è stato venduto fino ad esaurimento scorte a 52,99 euro (partendo dai 70,99 euro dello scorso novembre).

I third-party, che pure avevano aderito al nuovo pricing del produttore di Tokyo, hanno ricevuto sorti simili: NBA 2K21 della convintissima Take-Two Interactive costa adesso solo 22,74 euro (anche se il confronto potrebbe non reggere, trattandosi di un prodotto stagionale e dunque soggetto ad oscillazioni così grande una volta superato il giro di boa di un campionato come quello del basket americano) rispetto ai 74,99 euro del lancio, mentre Godfall, per citare un altro degli 80 euro del lancio viene venduto a 42,99 euro.

Da notare che, a parte quei giochi lanciati al day one di PS5, alcuni titoli come Returnal e Ratchet & Clank Rift Apart sono stati preordinabili e venduti già molto a ridosso del giorno dell’uscita a prezzi fortemente scontati; ed è stato proprio questo a spingerci ad una riflessione simile, poiché abbastanza palesemente là fuori, usciti dalla bolla che si è infervorata per l’idea, la tematica dell’aumento non si sta vivendo davvero.

Inoltre, non dimentichiamo che tanti tra gli attuali possessori di una console next-gen Sony lo scorso novembre non sono stati in grado di averne una e hanno potuto recuperare con profonde sforbiciate i titoli che erano, e sono, attualmente in circolazione. Se andassimo a fare la conta, quelli che hanno preso il remake di Bluepoint Games ad 80 euro sono relativamente merce rara, vista l’indisponibilità di console, e non è da escludere che quel prezzo possa essere stato un tentativo di massimizzare i profitti in un frangente nel quale la possibilità di incassare sarebbe stata giocoforza poca.

Una volta di più è importante sottolineare come queste decisioni non riguardino il mondo dello sviluppo direttamente, ma che quest'ultimo le subisca in maniera più o meno passiva: abbiamo riportato di sviluppatori che non sapevano assolutamente di questo aumento dei prezzi dei loro giochi fino a pochi giorni dall'uscita, il che rende bene l'idea di come la natura di tali manovre sia puramente commerciale e/o da attestarsi alle teste che pensano i budget (e di come non sia il caso di prendersela con i poveri malcapitati sui social, giusto per precisare).

Tant'è vero che le valutazioni, condotte evidentemente all'oscuro di chi i videogiochi li fa, si sarebbero spinte addirittura sopra gli 80 euro tanto vituperati: un'evenienza che Sony si è sforzata di smentire categoricamente, salvo poi "ammettere" quando spiega che la cifra cui si è arrivati viene ritenuta giusta in rapporto al valore proposto - il che vuol dire che, ad un certo punto, nelle stanze dei bottoni saranno volati numeri più o meno alti e che la ruota della fortuna si sia fermata (per volere della dea bendata?) proprio qui.

Il fatto che certe valutazioni siano state condotte al millimetro (non che sia sorprendente, visti i nomi dei player di altissimo livello di cui parliamo e la delicatezza del tema) è testimoniato dalla stima eseguita sull'upgrade di Ghost of Tsushima Director's Cut per PlayStation 5. Poiché sia in quel caso che nel conseguente di Death Stranding parliamo di $10, il gigante nipponico dev'essere giunto alla conclusione che il set di funzionalità garantito dalla next-gen rispetto a PS4 costi proprio quella cifra - che è la stessa che viene richiesta in più all'acquisto di un gioco nativo per PS5.

Le copie digitali

Queste considerazioni sono però valide principalmente per il mercato delle copie fisiche perché, passando al sempre più diffuso digitale, possiamo osservare come la situazione sia assai diversa. Il problema è infatti più su PlayStation Store, dove Sony – a parte le prime, rare promozioni sui prodotti per PS5 – è stata finora rigida, se non altro su quelli della sua scuderia.

Proprio di recente abbiamo potuto scoprire delle politiche estremamente restrittive della casa nipponica a proposito del suo negozio online, che hanno reso la vita complicata agli sviluppatori che abbiano intenzione di scontare le loro creazioni e (soprattutto) vogliano dare loro visibilità, per cui questo argomento è già di per sé una sorta di campo minato.

Tuttavia, PlayStation Store è un tasto dolente in modo specifico per quei giocatori che abbiano optato per un risparmio immediato (pur sensibile, parliamo di 100 euro) con PS5 Digital Edition. I consumatori con una console digitale possono acquistare videogiochi soltanto attraverso il negozio ufficiale, e questo vuol dire sottostare a quelle controverse politiche sia in merito alla visibilità, sia sugli sconti delle terze parti, sia sulla rigidità quando si tratta di esclusive che non si vogliono svalutare (o, semplicemente, se ne vuole sfruttare finché possibile l’appeal next-gen).

Nel momento in cui scriviamo, dopo aver preso parte ad un paio di (lo dicevamo, rare) promozioni sui giochi per PlayStation 5, i prezzi sui giochi che abbiamo menzionato in alto parlando delle copie fisiche sono:

  • Demon’s Souls | €79,99
  • Ratchet & Clank Rift Apart | €79,99
  • Returnal | €79,99
  • Spider-Man Miles Morales Ultimate Edition | €79,99

Sackboy Una Grande Avventura, che era stato tenuto sotto la fatidica soglia degli 80 euro, è ora a 69,99 euro (ovvero il suo prezzo pieno), mentre - per citare gli stessi giochi third-party della controparte fisica - abbiamo Godfall in sconto del 50% a 39,99 euro come parte della promozione Il Pianeta degli Sconti e NBA 2K21 Next Generation a 74,99 euro (prezzo pieno).

Questo avvio di generazione non fa che amplificare le perplessità sul modello digital-only di PS5: a nemmeno un anno dall’uscita della console, i giocatori che l’hanno acquistata non solo hanno perso la possibilità di comprare copie fisiche da poter tenere a casa e/o utilizzare per trade-in presso catene che accettano l’usato, ma pagano anche di più – una delle illogicità della transizione digitale a cui abbiamo dovuto abituarci rapidamente un paio di generazioni fa ormai.

PlayStation Store ha avuto sempre, storicamente, promozioni molto allettanti ma è evidente che prima di arrivare a quel punto con PS5 ne dovrà passare di acqua sotto i ponti – e fino ad allora come si fa con gli acquirenti di PS5 Digital Edition, che stanno in pratica pagando lo “sconto” di 100 euro che avevano guadagnato al day one?

Xbox Series S sembrerebbe porre problematiche simili, tenendo a mente l'assenza del lettore ottico, ma ci sono un paio di differenze sostanziali. Le alternative allo store ufficiale Microsoft ci sono, per quanto spesso nascoste dietro l'angolo, e il risparmio al lancio è stato più sostanzioso, pur con un hardware sensibilmente meno performante; soprattutto, non c'è stata alcuna dichiarazione d'intenti "bellicosa" sul fattore prezzi per esclusive Xbox e multipiattaforma, anzi si sta - più o meno esplicitamente - promuovendo questa macchina come l'ingresso ideale nel mondo di Xbox Game Pass, che è ormai, piaccia o no il modello di consumo che mette sul piatto, sinonimo di risparmio.

Cosa succederà in futuro?

La scelta di passare agli 80 euro sta dunque evidentemente tenendo solo sul digitale, sebbene non ci sia dato sapere se questo sarà l’andazzo della next-gen oppure ci sia lo zampino di rivenditori (lasciati liberi di farlo) spaventati all’idea che prodotti con una scarsa base installata e senza nomi altisonanti a trascinarli potessero andare invenduti o incassare poco.

Nel secondo caso, è plausibile immaginare che al momento delle uscite di Horizon Forbidden West, God of War Ragnarok, Gran Turismo 7, e tutti i big del portfolio PlayStation, si arrivi con prezzi pieni blindati non soltanto da Sony sui propri canali ufficiali ma pure dagli Amazon di turno – presumibilmente, per un periodo di tempo più lungo del solo giorno del lancio (che, abbiamo visto, sarebbe già una novità).

D'altronde, avevamo già assistito ad un incremento del prezzo silenzioso nella fase in cui sono giunti sul mercato i blockbuster della fine della generazione di PS4, come Ghost of Tsushima e The Last of Us Part II, i cui costi di listino sono 74,99 euro a copia. C'era stato un passaggio preparatorio, insomma, che in tanti non hanno colto a quanto pare, scandalizzandosi oltremodo per l'affermazione (ripetiamo, comunque audace) degli 80 euro.

Ma queste politiche avranno ripercussioni sul modo in cui gli altri publisher, all’infuori di Sony, Take-Two Interactive e Gearbox Publishing (che sono più o meno tutti quelli che si sono esposti pubblicamente sul tema), si comporteranno a proposito dei prezzi dei loro prodotti next-gen?

L’impressione – basandoci sulle dichiarazioni di Microsoft, Ubisoft e Capcom – è che siano tutti alla finestra e stiano maneggiando nella maniera più cauta possibile la materia in vista delle loro indagini di mercato, che confermino o smentiscano che 1) stanno facendo tutti così, 2) questa condotta non causi un calo delle vendite, 3) la contropartita non sia un picco negativo della popolarità, che in un momento di connessione costante alla rete è un attimo finire nella lista dei cattivi e sappiamo cosa questo possa comportare.

Microsoft ha inizialmente aggirato la problematica indicando in Xbox Game Pass la sua risposta agli aumenti dei prezzi e delle preoccupazioni, sia dei colleghi editori che giustamente dei giocatori, salvo poi riconoscere di aver attivato il radar nell’attesa di capire come si sarebbero mossi gli altri (pur in modello, quello della vendita à la carte, in cui è chiaro che perderà interesse col tempo).

Ubisoft, in una parentesi dove (a causa dei tanti scandali sulle condizioni di lavoro) le conveniva spiccare per la posizione a furor di popolo, ha precisato di non voler aumentare i prezzi dei propri giochi… nella scorsa finestra natalizia, per cui fondamentalmente anche in questo caso registriamo una posizione d’attesa; idem Capcom che, discutendone con gli azionisti, ha ammesso candidamente di voler valutare gli sforzi delle altre aziende in questo ramo prima di prendere una decisione.

Una prima risposta sull’andamento di quest’operazione da Take-Two Interactive, che fin da subito aveva spalleggiato l’iniziativa di Sony spiegando che i prezzi dei videogiochi non sono cresciuti per decenni (dai tempi della prima transizione all’HD, per la precisione) al contrario dei costi per produrli. Il publisher si è infatti espresso dopo un congruo periodo dall’uscita originale di NBA 2K21, vantando vendite per nulla intaccate dall’aumento del prezzo delle copie next-gen e che dunque “l’esperimento” verrà portato avanti ancora in futuro.

È evidente come proprio con il gigante Xbox Game Pass vada a scontrarsi la scelta degli 80 euro, però: gli altri grandi aumenti di prezzo cui fa riferimento Take-Two sono arrivati in fasi storiche dove l’acquisto in contanti aveva alternative scarse nel numero e nella credibilità, e nelle quali il mondo console la faceva da padrona come accentratore dell’intrattenimento videoludico – qualcosa che è mutato radicalmente oggi, se pensiamo alle capacità (non soltanto native) degli smartphone e alla diffusione di PC che permettano di giocare in maniera degna titoli che inseguono con affanno palpabile la definizione di next-gen, e probabilmente continueranno a farlo per anni.

Adesso, con alternative più numerose (pensiamo agli abbonamenti e al cloud gaming, ma non solo), diventa complicato uscirsene con aumenti quando “dall’altra parte” si propone un all you can eat a base di videogiochi – che sono tanti e diventeranno di altissimo livello – per cifre mensili che sono pari ad un ottavo o quasi rispetto a quanto stai proponendo per una sola esclusiva (non sempre, per ora, dall’appeal eccezionale cui ci hanno abituato i marchi PlayStation).

Ma l’impressione è che, se Microsoft potrà permettersi di palleggiare ancora a lungo sull’argomento continuando peraltro nel suo trend che l’ha vista scoraggiare l’acquisto à la carte su PC (ricordiamo i prezzi di lancio, ad esempio, di Gears Tactics), gli altri player potrebbero essere destinati a cambiare presto il loro approccio per adeguarsi alle proposte attualmente solo di Sony e pochi altri.

A questi, inevitabilmente, spetterà il delicato compito di “educare” l’utenza al nuovo pricing (in un periodo in cui, complice la pandemia ma sarebbe riduttivo limitare il discorso al solo COVID, di certo le banconote non crescono sugli alberi) oppure – più difficile, se l’esempio di NBA 2K21 e la fame di videogiochi crescente nel mondo post-pandemico ci dicono qualcosa – desistere e fare un passo indietro a nome di tutta l’industria che li ha mandati in avanscoperta.

In conclusione

Al di là dell’andazzo pratico, che suggerisce come quello degli 80 euro sia al momento un problema solo a metà (e di chi acquista digitale), va notato come in questa fase di transizione imporre un prezzo di 80 euro voglia dire spacciare per saldi quelli che saldi non erano fino ad un mese prima: parliamo di sconti, che siano su copie fisiche o digitali, ma nel 2021 pagare 63 euro per un videogioco significa comprarlo a prezzo praticamente pieno, checché ne dica la “nuova” etichetta che gli è stata apposta.

Sembrerebbe anche un modo per combattere i cali di prezzo dettati prima ancora del day one dai pre-order, che spesso propongono sconti pure forti per invogliare i consumatori ad investire anzitempo su un gioco particolarmente atteso, e disinnescare un forse eccessivo deprezzamento di giochi PlayStation spesso solo single-player.

Forse è più di questo che dovremmo preoccuparci: se gli 80 euro servissero a mantenere il gaming così come piace a noi, il gioco potrebbe valere la candela ma se, come notiamo dai movimenti del settore (e soprattutto in casa PlayStation, non per altro, ma perché finora erano andati in una direzione del tutto opposta), a tale trend si accompagneranno svolte multiplayer e service game come ai tempi dell’era PS360… allora ci sarà da farsi una bella chiacchierata.

Restando in tema di console digital-only, Xbox Series S è disponibile al prezzo più basso di sempre su Amazon. PS5 Digital Edition, ora come ora, non risulta disponibile presso i maggiori store, ma sulle pagine di SpazioGames vi segnaliamo sempre gli arrivi di nuove scorte: teneteci d'occhio.
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